Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/10/2017, con il titolo "I curdi cedono all'ultimatum di Baghdad, Barzani congela il voto sull'indipendenza", l'analisi di Giordano Stabile.
Il tradimento di quei kurdi che si sono schierati con l'Iran, insieme all'abbandono dei kurdi iracheni da parte dell'Occidente, è la causa della sempre più difficile lotta per la sopravvivenza di questo popolo. Gli annunci di Donald Trump non servono a fermare l'Iran, l'unico modo per farlo è ricorrere alla forza.
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Una manifestazione a sostegno del Kurdistan
Il presidente Massoud Barzani «congela» il risultato del referendum e il sogno di indipendenza per il Kurdistan si allontana ancora una volta. L’annuncio è arrivato ieri prima dell’alba. Il governo curdo, per evitare altro «spargimento di sangue», ha ceduto all’ultimatum di Baghdad e ha offerto una tregua, con la fine immediata dei combattimenti, il «congelamento» anche se non la cancellazione del referendum, e l’avvio di negoziati «nel quadro della Costituzione».
La risposta del premier iracheno Haider al-Abadi è arrivata da Ankara, dove era in visita al presidente turco Erdogan. Ed è stata negativa. Baghdad esige la cancellazione del voto, e il ritorno del Kurdistan nei confini della Regione autonoma. Un ridimensionamento totale che Barzani non può accettare. Ha scommesso tutto sulla consultazione del 25 settembre. Ora si ritrova con la metà del territorio perduta, il resto assediato, sotto attacco da parte dei partiti rivali. Una disfatta. Per evitare l’annientamento Barzani deve guadagnare tempo. Spera in una presa di posizione più netta degli Usa, anche di fronte alle violenze subite da civili a Kirkuk e Tuz Khurmatu, alla massiccia presenza di milizie sciite e di iraniani. Ma le parole del Segretario di Stato Tillerson non hanno smosso Al-Abadi. Il premier iracheno ha il vento in poppa. La riconquista di Kirkuk gli ha permesso di recuperare consensi persino fra gli arabi sunniti. Vola verso la vittoria al voto del 2018.
I consensi per Barzani invece si spengono come le luci di Erbil. Ogni giorno chiudono negozi, gli hotel sono semivuoti, gli stranieri in viaggio d’affari sono spariti, gli iracheni pure. Il blocco imposto da Iraq, Iran e Turchia sta strozzando la nazione curda nell’incubatore. E Baghdad, in accordo con Ankara, punta a renderlo ancora più asfissiante. Erdogan minaccia di chiudere il valico di Khalil Ibrahim, dove passano le merci necessarie alla sopravvivenza del Kurdistan. E punta a far sigillare dall’esercito iracheno anche la frontiera fra il Kurdistan iracheno e quello siriano, unica via di rifornimento per i guerriglieri Ypg.
È una convergenza di interessi pericolosissima per i curdi. Il leader turco vuole aiutare Baghdad a strozzare il Kurdistan iracheno in cambio dello strangolamento del Rojava. Le milizie sciite Hashd al-Shaabi sono già assestate a 40 chilometri dal valico di Fish Khabur. Due giorni fa hanno saggiato la resistenza dei Peshmerga poi si sono ritirate. Ma i rapporti di forza sono a loro favore. Le milizie possono contare su oltre 100 mila uomini, in più Baghdad dispone di tre divisioni del controterrorismo ben armate, addestrate e temprate nella guerra all’Isis. A Barzani rimane soltanto la metà dei Peshmerga, e quelli in grado di combattere sarebbero 20, 30 mila.
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