La guerra dell'Unione Sovietica contro Israele
Recensione di Antonio Donno
La copertina (Hurst ed.)
Che cosa fu l’“Operazione Kavkaz” (Caucaso)? Per rispondere a questa domanda, sarebbe sufficiente riportare ciò che disse il Maj.-Gen. Yisra’el Tal, capo della Commissione Agranat, il 2 gennaio 1974: “Era chiaro che in quel momento stavamo combattendo contro la Russia”. Tal si riferiva alla cosiddetta “Guerra di attrito”, che si combatté, dopo la guerra dei Sei Giorni, negli anni 1969-1970, tra Egitto e Israele. Ma fu solo una guerra tra i due paesi del Medio Oriente, o vi fu l’intromissione concreta di un altro contendente? Isabella Ginor e Gideon Remez dimostrano, sulla base di una fondamentale documentazione finora non pubblica –, in The Soviet-Israeli War, 1967-1973: The USSR’s Military Intervention in the Egyptian-Israeli Conflict (Hurst) – che i soldati sovietici presero parte attiva nella “Guerra di attrito”.
Nikita Krushev con Gamal Abdel Nasser
La novità storiografica era nota da qualche tempo, ma i due israeliani l’hanno dimostrata senza ombra di dubbio in un volume di grande valore scientifico che mette un punto fermo sulla questione. I sovietici, in quell’operazione, subirono considerevoli perdite in uomini e mezzi, dopo che tutto era stato preceduto da un’intensa preparazione che risaliva a prima della guerra del ’67, in cui i sovietici avevano “affidato” agli egiziani il compito di sconfiggere Israele. Furono, però, delusi dal pessimo comportamento del loro cliente. Fu per questo motivo che, a causa la bruciante sconfitta degli egiziani, Mosca decise di entrare direttamente in ballo nella “Guerra di attrito”. Dopo il 1967, scrivono Ginor e Remez, “i consulenti sovietici furono centrali nella preparazione, nel lancio e nella conduzione della ‘Guerra di attrito’ dell’Egitto”. L’intervento diretto dei soldati sovietici fu richiesto dallo stesso Nasser durante una visita segreta a Mosca, e la richiesta fu accolta.
Quando, nel 1970, fu decretato il cessate-il-fuoco tra i due contendenti, Israele credette che ciò fosse il risultato di una sua vittoria contro le forze egiziane e sovietiche. Ma non fu così, perché il cessate-il-fuoco non fu rispettato dai russo-egiziani, che continuarono a combattere contro gli israeliani. In questo arco di tempo, i sovietici, come gli egiziani, subirono forti perdite. Quando i sovietici lasciarono l’Egitto nel 1972 – dimostrano i due storici – non lo fecero perché “espulsi” da Sadat, o non solo per questo, ma perché non volevano subire altre perdite, preferendo, ancora una volta, riarmare Il Cairo e affidargli il compito di vendicare l’atroce sconfitta del 1967, una sconfitta che era stata anche di Mosca. Il ritiro, dunque, fu il risultato di un accordo tra le due parti. Ma lo scopo dei sovietici andava ben al di là della vittoria egiziana su Israele: “[…] L’immensa operazione militare dei sovietici, una volta preparata e lanciata, assumeva una sua propria logica, che era quella di riacquistare il prestigio politico nelle Nazioni Unite e negli incontri Stati Uniti-Unione Sovietica”.
Le testimonianze di molti veterani sovietici in quella guerra sono apparse in un vasto arco di tempo in varie pubblicazioni non ufficiali: interviste televisive e radiofoniche, narrazioni pubblicate su riviste e giornali locali, siti on-line: tutte confermano l’intervento diretto dell’Unione Sovietica nella “Guerra di attrito” e le perdite subite. Così, il libro di Ginor e Remez apre uno scenario inedito su quegli avvenimenti e sul fatto che Israele dovette affrontare contemporaneamente due nemici coalizzati per sconfiggere lo Stato ebraico e forse per eliminarlo dalla carta geografica.
Antonio Donno