Riprendiamo da ITALIA OGGI del 20/10/2017, a pag. 14, con il titolo "I brigatisti tedeschi vanno in tv", l'analisi di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Alla domenica sera, il telefilm Tatort, è un appuntamento da non mancare per milioni di tedeschi da oltre quarant'anni. Letteralmente vuol dire il luogo (Ort) del delitto (Tat), ed è prodotto a turno delle varie emittenti regionali dell'Ard, il primo canale pubblico. Il telefilm è trasmesso sulla rete nazionale. Gli autori si preoccupano quasi sempre di essere realistici, lo sfondo sociale è più importante del plot, della trama. Domenica scorsa è toccato a Stoccarda, e Der rote Schatten, l'ombra rossa, è stata seguito da 9 milioni e 700 mila spettatori. Una quota rispettabile, anche se non un record per Tatort. Sarebbe possibile da noi girare un giallo televisivo sul caso Moro, mettendo indirettamente sotto accusa lo Stato e il governo? Il regista Dominik Graf ha affrontato il «suicidio» dei terroristi della Rote Armée Fraktion nel carcere di Stammheim: esattamente quarant'anni fa, il 18 ottobre del 1977, Andreas Baader, Gudrun Ensslin, e Jan Carl Raspe furono trovati morti nelle loro celle. La quarta, Irmgard Möller aveva tentato di togliersi la vita pugnalandosi al cuore, era in gravi condizioni.
Andreas Baader
Suicidio, o un'esecuzione? Graf non risponde, e nessuno potrebbe al di là di ogni dubbio. L'autunno tedesco non è ancora del tutto finito. Il film comincia come un giallo normale. Perché la polizia non indaga sulla morte di una donna uccisa dal suo compagno? I commissari della serie si trovano innanzi a un muro di gomma, ostacolati dal servizio segreto. L'assassino, si scopre lentamente, è coinvolto con la morte dei terroristi. Quale fu il suo ruolo? Una trama gialla, ma lo sfondo è reale, e le allusioni e gli interrogativi posti dal regista, sono inquietanti. Molto si sapeva, ma non si sa ancora tutto. Nel filmato sono inserite spezzoni del telegiornale dell'epoca. In estrema sintesi, i terroristi sono da anni in cella d'isolamento a Stammheim, un carcere ad alta sicurezza costruito appositamente per loro. Il processo è in corso, l'ergastolo inevitabile. Viene dirottato a Mogadiscio dai palestinesi un aereo della Lufthansa, e contemporaneamente rapito Hanns-Martin Schleyer, il capo della Confindustria tedesca. Un doppio ricatto, per ottenere la liberazione di Baader e compagni. Il 18 ottobre, le teste di cuoio liberano gli ostaggi nell'aereo. Nella notte, i terroristi si uccidono con un colpo alla nuca (tecnicamente impossibile). Un suicidio come ultimo attacco allo Stato.
Pochi giorni dopo fu trovato il corpo di Schleyer assassinato dai compagni di Baader. Come Moro. Il cancelliere Helmut Schmidt non aveva ceduto al ricatto, nonostante le pressioni della famiglia di Schleyer. Lo Stato non si può arrendere, ma prima della morte (10 novembre 2015), Schmidt si chiese se non fosse stato possibile salvare l'ostaggio. Era sempre tormentato dalla scelta compiuta. Il mondo si indignò. Mi trovavo in Germania per un altro servizio. Scrissi che, secondo me, i terroristi si erano uccisi. Era nel loro carattere. Sarebbe stato più facile scrivere il contrario. I tedeschi eterni nazisti, ma anche stupidi? Perché avevano lasciato in vita Irmgard Möller? Aggiunsi che se un prigioniero si uccide in una cella d'isolamento lo Stato è comunque responsabile. Sono occorsi decenni per scoprire un altro lato della verità. Non era vero che i terroristi fossero in isolamento, giravano liberamente da una cella all'altra. Ed erano stati installati microfoni in ogni cella. I sorveglianti avevano potuto dunque ascoltare i prigionieri, e li lasciarono fare. E chi aveva portato le armi in cella? Gli avvocati difensori, si disse, che finirono a loro volta in carcere. L'unico a non compromettersi fu Otto Schily, che vent'anni dopo, divenne ministro degli interni.
Un'altra storia tedesca. Probabilmente furono i secondini, ricattati dai terroristi ancora in libertà. Comunque, già da giorni le autorità sapevano che i terroristi a Stammheim erano armati. Un suicidio di Stato, anche se furono Baader, Raspe e Ensslin a premere il grilletto. Il presidente della Repubblica Steinmeier ha invitato i terroristi ancora in vita, in libertà dopo aver scontato lunghe pene, a raccontare tutta la verità su Schleyer, «per rispetto verso la famiglia». Quarant'anni dopo, molti hanno dimenticato, a molti non interessa più. E la storia è diventata un giallo, ben diretto, ben recitato. Nulla più.
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