Riprendiamo dalla STAMPA di ieri, 14/10/2017, a pag. 10 con il titolo "Trump: 'Nuove sanzioni all’Iran'. Ma non cancella l'accordo sul nucleare" la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Donald Trump
«L’Iran è il più grande sponsor mondiale del terrorismo», e la comunità internazionale dovrebbe unirsi agli Usa per costringerlo a cambiare. Così il presidente Trump ha giustificato la nuova politica verso Teheran annunciata ieri, che include il primo passo per decertificare l’accordo nucleare, ma si estende anche ad altre iniziative finalizzate a contrastare la Repubblica islamica, come le nuove sanzioni contro la Guardia rivoluzionaria.
Il capo della Casa Bianca ha detto che l’Iran è governato da un «regime fanatico», elencando tutti i torti commessi, dall’attacco all’ambasciata americana durante la rivoluzione, fino all’appoggio di Assad oggi. Le sanzioni internazionali avevano portato Teheran sull’orlo del collasso, ma Obama le ha tolte, firmando «uno dei peggiori accordi di sempre». L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha certificato in più occasioni che la Repubblica islamica lo sta rispettando, ma secondo Trump «ha commesso violazioni multiple», ad esempio sulla produzione di acqua pesante, le centrifughe, le intimidazioni agli ispettori. Poi «molte persone credono che l’Iran stia collaborando con la Corea del Nord. Chiederò all’intelligence di fare un’analisi approfondita e riportarmi i risultati». Un proposito che ricorda la caccia alle armi di distruzione di massa di Saddam da parte di Bush, e apre la porta a scenari più gravi delle sanzioni.
Per tutte queste ragioni Trump ha annunciato «una nuova strategia per affrontare le azioni distruttive dell’Iran». I punti sono quattro: contrastare il suo supporto al terrorismo, imporre nuove sanzioni, fermare la proliferazione missilistica che viola lo spirito dell’intesa di Vienna, e negare ogni accesso alle armi nucleari. Il primo passo concreto sono le nuove misure contro la Guardia rivoluzionaria, che però è stata inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche solo dal dipartimento al Tesoro, non da quello di Stato, per non compromettere eventuali collaborazioni nella lotta a nemici comuni tipo l’Isis. Il secondo passo è la decertificazione dell’accordo nucleare, senza però abbandonarlo. Qui è necessario un chiarimento: Trump non ha liquidato il Jcpoa, cioè il piano di implementazione firmato con Iran, Russia, Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna e Unione Europea, ma ha agito sulla legislazione interna americana varata per applicarlo. Dopo la firma dell’accordo il Congresso, escluso dalla ratifica, aveva approvato l’Iran Nuclear Agreement Review Act (Inara), che obbliga il presidente a certificare ogni tre mesi se Teheran sta rispettando i suoi impegni. Il capo della Casa Bianca ieri ha deciso di non dare questa certificazione, ma non ha chiesto al Parlamento di reimporre le sanzioni, perché ciò farebbe saltare il Jcpoa. Il capo del Pentagono Mattis e il segretario di Stato Tillerson lo hanno convinto ad evitare questa accelerazione, perché non è nell’interesse nazionale, soprattutto ora che devono già gestire la crisi nordcoreana. Lui ha sollecitato invece il Congresso a rivedere l’Inara per renderlo più stringente, inserendo dei «trigger», grilletti che farebbero scattare le sanzioni se l’Iran li violasse. In particolare Trump chiede che la nuova legge sia a tempo indeterminato, scavalcando quindi la clausola «sunset» che fa scadere il Jcpoa in 15 anni, e imponga nuove misure se Teheran continua i test missilistici, o arriva in condizione di costruire l’atomica entro un anno. In questo modo il presidente può sostenere di aver mantenuto la promessa elettorale di cancellare l’accordo, senza però cancellarlo davvero. Il problema è che per far passare la nuova legge gli servono 60 voti al Senato, e quindi ha bisogno dei democratici, che ha minacciato così: «Se non sarà possibile approvarla, terminerò immediatamente l’intesa nucleare». Giovedì sera però Tillerson aveva detto che «se il Congresso non passerà le nuove misure, resteremo dentro il Jcpoa».
La Russia ha criticato l’annuncio di Trump, mentre l’Arabia lo ha condiviso. La cancelliera tedesca Merkel, il presidente francese Macron e la premier britannica May, firmatari europei dell’intesa, hanno risposto con una bocciatura congiunta: secondo loro l’Iran sta applicando l’accordo, e restano impegnati a rispettarlo. E l’Alto rappresentante per la politica estera della Ue Mogherini ha aggiunto che il presidente Usa non può cancellare una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu.
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