Manuel Valls: 'L’islamismo, ecco il nemico'
Intervista di Judith Waintraub su Le Figaro Magazine 3/10/2017
(versione italiana di Yehudit Weisz)
Manuel Valls
Le Figaro: la posizione sulla laicità ha pregiudicato la sua campagna per le elezioni politiche nell’Essonne?
Manuel Valls: la “mia”posizione è quella che tutti i repubblicani dovrebbero avere: la neutralità dello Stato, una netta separazione tra spirituale e temporale, il rifiuto di qualsiasi ingerenza da parte della religione sulla società, l’uguaglianza tra uomo e donna. Tutto questo è la Francia! E’ il frutto di lunghi dibattiti, di battaglie difficili della nostra storia. Non capisco cosa vogliano dire coloro che predicano una laicità “moderata”. La laicità non ha alcun bisogno di aggettivi. Noi oggi siamo in una situazione seria in cui, quando si difendono le leggi e i valori della Repubblica, si è tacciati di “laἵcards”, cioè “difensori fuori-moda della laicità”, e poi d’”islamofobi”, nel senso di razzisti. Per le elezioni politiche si è voluto creare “Valls, il nemico dei musulmani” perché Valls, come tanti altri, difendeva le leggi della Repubblica. Al di là del mio caso personale, si capisce che è stato superato un limite, complice una parte della sinistra.
Lei si era già opposto a Benoit Hamon sul proselitismo islamista nei quartieri, ed è lui che ha vinto le primarie. Il Partito Socialista è diventato comunitarista? Attenzione alle parole: il mio tema è l’islamismo, cioè una perversione dell’Islam. L’islamismo, ecco il nemico! Non si tratta dell’Islam in sé, che occupa tutto il suo posto in Francia, anche se dovrebbe ben guardarsi dal male dell’estremismo, il male salafita, l’islam politico che lo erode dall’interno, per poter combatterlo senza ambiguità. Perché, purtroppo, l’islamismo fa parte dell’islam, come l’ha descritto perfettamente l’estate scorsa Riss, il direttore di Charlie Hebdo. Il Partito Socialista ha sempre avuto difficoltà a descrivere la realtà, per timore di far arrabbiare, di alienarsi una presunta “comunità”. La Francia non è una sommatoria di comunità, né un mosaico multiculturale.
Eppure è stata proprio questa visione che il geopolitologo Pascal Boniface ha consigliato al PS di seguire, molto prima che lo facesse la Fondazione Terra Nova… Pascal Boniface, di cui conosciamo bene le derive - in passato era uscito allo scoperto a fianco di individui come Alain Soral – ragionava riferendosi a nicchie del mercato elettorale. Consigliava di compiacere un sedicente “elettorato musulmano”, assai più redditizio di un sedicente “elettorato ebraico”. Quando un partito cade in un tale vicolo cieco, quando rinuncia a rivolgersi a tutti i cittadini, finisce per ottenere il 6,5% alle elezioni presidenziali. Il problema della sinistra è quello di non aver pensato al mondo del dopo 11 settembre 2001, né ai problemi d’identità.
Come considera La France insoumise di Jean- Luc Mélenchon a questo proposito? Beh, qui non siamo più nel campo delle ambiguità! Quando il deputato Adrien Quatennens dice:”Non so in nome di cosa i jihadisti uccidano”, e quando la sua collega Danièle Obono, così vicina al Partito degli indigeni della Repubblica (PIR), così lontana dallo spirito di Charlie Hebdo, giunge ad un tale livello di negazione e di relativismo, come è successo la scorsa settimana addirittura nell’Assemblée, mettendo sullo stesso piano scritti violenti tratti dall’Antico Testamento e prediche di imam islamisti, siamo nella condiscendenza colpevole. Non è in nome dell’Antico Testamento che oggi si uccide in Francia e altrove, ma è in nome di questo islam estremista! Questi discorsi di France insoumise sono un attacco concertato contro il nostro modello repubblicano. E’ per questo che parlo di “islam di sinistra”! E’ bello ritrovarsi in piazza della Repubblica, indossare la sciarpa tricolore, permettersi di fare il saccente ma, dietro a France insoumise, dietro a queste esibizioni plateali, c’è un discorso populista che, spesso, mette in dubbio la legittimità democratica. Si percepisce una certa nostalgia delle leghe, di coloro che credono che la collera, la violenza, la strada, debbano sostituirsi alle scelte sovrane del popolo. Io non mi vergogno a sottomettermi alla scelta democratica dei francesi. Ciò non vale per Jean-Luc Mélenchon e per i suoi amici che, quando gli esiti delle urne non sono loro favorevoli, cercano senza sosta un terzo, un quarto, un ennesimo turno, con tante menzogne e calunnie. Addirittura parlano di colpo di Stato a proposito dei decreti sulla riforma del lavoro!
Lei ha accusato Emmanuel Macron d’aver dichiarato, quando era ancora Ministro dell’Economia, che la Francia aveva “una parte di responsabilità” nel terrorismo. Cosa pensa del discorso che lui fa oggi a questo proposito? Sono convinto che oggi il Presidente della Repubblica sia consapevole della posta in gioco. Al contrario, ho sentito il Ministro degli Interni affermare che l’esclusione, la disoccupazione nei quartieri spiegano l’islamismo e la sua deriva all’estremismo, cioè al terrorismo. Non è la mia analisi. Certo che è un terreno fertile. Ma spiegare, giustificare, scusare, è particolarmente pericoloso. Significa ignorare che ci troviamo di fronte ad un’ideologia totalitaria, l’islamismo, che va dal salafismo ai Fratelli Musulmani, che si batte per imporre la sua visione del mondo a prescindere dallo stato delle nostre società, che diffonde l’odio per l’Occidente e per i valori dell’Europa dell’Illuminismo. Ecco perché si tratta della più grande sfida di questo inizio secolo.
Che ruolo ha la stampa a questo proposito? Quando, in veste di Primo Ministro, riguardo al terrorismo islamico dissi che “giustificare, vuol già dire cominciare a scusare” diventai il bersaglio di un’ondata mediatica, universitaria, intellettuale… Cosa avevo osato dire!!! Semplicemente avevo preso di mira coloro che, con articoli, in sede di tribune televisive, tentavano disperatamente di trovare delle circostanze attenuanti per i jihadisti; coloro che affermavano che, se i terroristi uccidevano con armi automatiche nelle strade di Parigi, era ovviamente per rimediare a un’ingiustizia sociale di cui loro erano sia le vittime sia gli aventi diritto. Questo discorso insopportabile, che vuol fare dei musulmani i “dannati della terra” era stato diffuso dal Bondy Blog (un media online creato l’11 novembre 2005, che raccoglie le voci dei quartieri multietnici francesi, n.d.t.), e dalle colonne di Libération. L’ha fatto di recente Edwy Plenel nel programma di Thierry Ardisson. Secondo il co-fondatore di Mediapart (sito d’informazione indipendente fondato nel 2008 da Edwy Plenel, n.d.t.), il nostro Paese è colpevole e i “suoi giovani” conducono una lotta che possiamo comprendere. A proposito, è piuttosto paradossale che Edwy Plenel consideri tutti i nostri giovani dei quartieri popolari come potenziali terroristi, dal momento in cui pretende di difenderli! Insomma, questa gioventù vorrebbe vendicarsi e noi non avremmo altro che quel che ci meritiamo. Questa giustificazione permanente del terrorismo islamico, questo atteggiamento compiaciuto, non è altro che odio puro della Francia.
Nelle nostre istituzioni, il guardiano della laicità è l’Observatoire omonimo, diretto da Jean-Louis Bianco dal 2013. Lei continua a pensare che abbia tradito la sua missione? Il “guardiano della laicità”, è il Presidente della Repubblica, che applica la Costituzione e le leggi della Repubblica, dalla legge del 1905 a quelle del 2004 e 2010 vietando di ostentare i simboli religiosi nelle scuole ed il velo integrale nei luoghi pubblici. L’”Observatoire de la laicité”dovrebbe essere solo una componente. Ho combattuto le sue prese di posizione perché è diventato una porta aperta a tutte le derive, soprattutto comunitariste. Contrariamente a Jean-Louis Bianco, penso che oggi ci sia un problema con la laicità, che essa sia rimessa in discussione da ogni parte. Il ruolo delle autorità pubbliche è di parlare forte e chiaro e di agire concretamente, di rifiutare i piccoli aggiustamenti o deroghe con lo spirito del tempo, come i compromessi con associazioni tipo il Collettivo contro l’islamofobia in Francia (CCIF) che mette profondamente in discussione i valori della Repubblica.
In che modo? Il CCIF tenta di introdurre una vittimologia in cui i musulmani sarebbero le vittime di uno Stato francese razzista. Le sue prese di posizione che rimettono in causa i valori della Repubblica, devono essere combattute sul terreno culturale e politico, tanto più che il CCIF ha sostenuto dei candidati alle elezioni legislative, come per esempio è avvenuto a Sarcelles.
Il movimento Boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni (BDS) anti-israeliano continua ad imperversare, sostenuto da degli eletti nelle istituzioni, anche se la Corte di Cassazione ha vietato di fatto il boicottaggio d’Israele. Perché questa impunità? Ottima domanda! La critica del governo israeliano è legittima, ma il movimento BDS in realtà si appella alla negazione di Israele. Io sono sicuramente stato il primo responsabile politico a dire che l’antisionismo era un nuovo antisemitismo. Del resto ho apprezzato in modo particolare che per la commemorazione del rastrellamento degli ebrei al Velodromo d’Inverno, il Presidente della Repubblica abbia tenuto il suo discorso alla presenza del Primo Ministro israeliano. Noi abbiamo sottovalutato l’aumento dell’antisemitismo. Mi ricordo di essere dovuto intervenire già nel 2001 quando a Evry dei fedeli della piccola sinagoga furono presi a sassate da dei ragazzini. E’ stato in quel periodo che si è cominciato a sentire nelle scuole i bambini designare ”l’ebreo” come il loro nemico. Poi ci sono stati l’atroce assassinio di Ilan Halimi, l’antisemitismo “liberato” di Dieudonné, che ho dovuto combattere quasi da solo, il massacro nella scuola Ozar Hatorah a Tolosa nel 2012. Il silenzio della comunità nazionale è stato assordante. Si è dovuto arrivare agli attentati del gennaio 2015 perché si risvegliasse una vera presa di coscienza, mentre, qualche mese prima, per la prima volta dopo la Liberazione, in occasione di una manifestazione in favore del popolo palestinese, nelle strade di Parigi si erano innalzate grida di “morte agli ebrei”. Le autorità pubbliche devono impegnarsi totalmente in questa battaglia contro il nuovo antisemitismo.
Lei cosa pensa di questo “nuovo femminismo” che difende il diritto di indossare il velo come una libera scelta della donna? Questa deriva affligge il femminismo. Elisabeth Badinter, Caroline Fourest e Céline Pina l’hanno espresso assai meglio di me: dietro ad una propaganda sapientemente orchestrata, falsamente moderna, c’é l’islam politico che agisce nella sua componente più arretrata. Quando delle donne vanno in televisione per dirvi che “il velo libera”, che “il burkini è una scelta”, loro si fanno portavoce - spesso volontarie, raramente involontarie - di un contro-modello della società fondato sul maschilismo. E ce ne sono sempre tante nella sinistra ad appoggiare tale orientamento, nei giornali che ho già citato, la lista dei firmatari della petizione per difendere l’associazione lal-lab su Libération era edificante … per sventolare la bandiera della reclusione della donna in nome della sua libertà. Per me, essere repubblicano, essere di sinistra, significa essere per un femminismo di conquiste sociali in Francia e nel resto del mondo.
Judith Waintraub