Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/10/2017, a pag. 1-13 con il titolo "Gli Stati Uniti lasciano l’Unesco: 'Organizzazione anti-israeliana' " la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Donald Trump
Gli Stati Uniti hanno deciso di ritirarsi dall’Unesco, accusandola di avere pregiudizi contro Israele, che infatti poco dopo li ha seguiti, annunciando di aver avviato la pratica per la sua uscita dall’organizzazione. Una mossa che si aggiunge a quella di oggi, quando il presidente Trump decertificherà l’accordo nucleare con l’Iran, per ridefinire gli equilibri nell’intera regione mediorientale.
La bandiera palestinese sull'Unesco
Washington aveva già smesso di finanziare l’agenzia dell’Onu incaricata di promuovere istruzione, scienza e cultura nel 2011, dopo che aveva ammesso la Palestina come membro a pieno titolo. A causa di questo, aveva perso il diritto di voto nel 2013. La scelta dell’amministrazione Trump però approfondisce lo scontro, e viene interpretata come una critica dell’intero sistema onusiano.
Gli Stati Uniti da sempre accusano il Palazzo di Vetro di avere un pregiudizio contro Israele, favorito anche dal fatto che il gruppo dei paesi membri musulmani è il più ampio all’interno dell’organizzazione. Questa frizione esiste in quasi tutti gli organismi dell’Onu, dall’Assemblea Generale al Consiglio per i diritti umani. L’Unesco però è diventata il punto di scontro perché è andata oltre tutte le altre agenzie, accettando la richiesta della Palestina di essere ammessa come stato membro a tutti gli effetti, dopo che il leader dell’Autorità Abbas si era convinto che i negoziati di pace con Israele fossero finiti. L’amministrazione Obama aveva reagito congelando i finanziamenti all’agenzia basata a Parigi nel 2011, e due anni dopo gli Usa avevano perso il diritto di voto perché non pagavano più i contributi. Il rapporto si è complicato ancora di più quando l’Unesco ha condannato lo Stato ebraico per l’occupazione di Gerusalemme Est, arrivando a negare il legame fra il popolo ebraico e la città sacra a tutte le fedi monoteiste, e ha dichiarato Hebron come “World Heritage Site palestinese”, negando anche qui il legame con l’ebraismo del luogo dove sono sepolti i patriarchi del Vecchio Testmento, Abramo, Isacco e Giacobbe. Durante la scorsa Assemblea Generale Trump ha deciso di abbandonare l’agenzia, conservando però lo status di osservatore esterno. Il colpo al sistema onusiano è evidente, ma in continuità con l’amministrazione precedente. Il rischio è che uscendo dall’organizzazione, Washington perderà qualunque possibilità effettiva di influenzare il suo lavoro. La direttrice Irina Bokova, già candidata al posto di segretario generale dell’Onu, ha ammesso che “l’eccesso di politica” ha viziato recenti decisioni dell’Unesco ma ha espresso il suo rammarico per il passo di Trump. Il mandato della Bokova è ormai arrivato al termine, e proprio in questi giorni sono in corso le elezioni per la successione. Al momento in testa ci sono il candidato del Qatar, Hamad bin Abdulaziz al Kawari, e quello della Francia Audrey Azoulay, seguiti dall’egiziana Moushira Khattab. La possibilità che il nuovo direttore sia Kawari, considerato il più ostile agli Usa e a Israele, è uno degli elementi che hanno convinto Washington a ritirarsi.
La decisione ha un impatto sul rapporto dell’America con l’Onu, ma è importante anche per gli equilibri del Medio Oriente, dove oggi Trump farà un altro annuncio significativo. Il capo della Casa Bianca ufficializzerà l’intenzione di decertificare l’accordo nucleare con l’Iran, comunicando al Congresso che Teheran non lo sta rispettando. A quel punto il Parlamento avrà 60 giorni per decidere se reimporre le sanzioni che erano state tolte dopo l’intesa. In teoria questo passo non segnerebbe la fine automatica dell’accordo, perché per uscirne formalmente gli Usa dovrebbero avviare un processo lungo, mentre gli altri paesi firmatari potrebbero continuare a rispettarlo. Il capo del Pentagono Mattis ha detto che salvare l’intesa è nell’interesse americano, prendendo una posizione diversa da quella del presidente. Forse però l’obiettivo di Trump è usare la decertificazione, e quindi la minaccia di abbandonare l’accordo, come leva per spingere l’Iran a rinegoziarlo. Lui in particolare vorrebbe togliere la clausola “sunset” che fa scadere l’intesa tra dieci anni, e limitare i test missilistici di Teheran.
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