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La Repubblica - Avvenire Rassegna Stampa
06.10.2017 Vladimir Putin, un nuovo dittatore per il Medio Oriente
Commenti di Alberto Stabile (fazioso come sempre), Camille Eid

Testata:La Repubblica - Avvenire
Autore: Alberto Stabile - Camille Eid
Titolo: «Vladimir Putin nuovo raìs in Medio Oriente - Re Salman da Putin: affari e Iran»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/10/2017, a pag. 13, con il titolo "Vladimir Putin nuovo raìs in Medio Oriente", il commento di Alberto Stabile; da AVVENIRE, a pag. 21, con il titolo "Re Salman da Putin: affari e Iran", il commento di Camille Eid.

Alberto Stabile e Camille Eid sottolineano la politica aggressiva di Putin e la sua ingerenza negli affari di altri Stati, in particolare in Medio Oriente. Stabile, pur trattando delle politiche russe, non evita di mettere in cattiva luce Israele, scrivendo di "furori di Netanyahu", che avrebbe l'unica "colpa" di temere il consolidarsi delle forze filo-iraniane ai confini settentrionali di Israele. Una frase che mette in chiaro il pregiudizio del giornalista di Repubblica, non nuovo a simili uscite.

Ecco gli articoli:

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Putin in Medio Oriente

LA REPUBBLICA - Alberto Stabile: "Vladimir Putin nuovo raìs in Medio Oriente"

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Alberto Stabile

HA riportato la Russia in Medio Oriente con grandi squilli di tromba, 45 anni dopo che Sadat, deciso ad allontanare l’Egitto dall’orbita sovietica, aveva espulso i “consiglieri militari” di Mosca voluti da Nasser, il suo predecessore. Adesso, una flottiglia di sei navi da guerra con il tricolore ideato da Pietro il Grande incrocia nel Mediterraneo di fronte alla costa siriana a protezione dei 4.500 uomini e della cinquantina di aerei impegnati dal due anni a sostenere il trono traballante di Bashar al Assad. Una missione che potrebbe volgersi al successo per Vladimir Putin. Sono in molti a riconoscere al presidente russo le qualità di un consumato giocatore d’azzardo. Non fosse stato per il suo gusto del rischio, nell’Ottobre del 2015 Putin non avrebbe deciso di entrare a piedi uniti in Siria, approfittando dello spazio lasciato aperto dalle titubanze di Obama e dalle contraddizioni dell’Europa, dilaniata tra la difesa dei diritti, che spinge sempre e comunque ad apprezzare le Rivoluzioni, e i timori nutriti verso l’estremismo islamico. Ed ecco che l’intervento della Russia ha cambiato il quadro e l’equilibrio delle forze. Sul piano militare, il sostegno di Mosca ha permesso al regime di Damasco di riconquistare la parte più ricca e popolata della Siria, invertendo la tendenza verso il collasso totale del paese. Politicamente, il vasto schieramento internazionale, imperniato su Arabia Saudita, Stati Uniti e Israele che dava Assad per finito ne è rimasto spiazzato. E il conseguente corollario secondo cui non può esserci alcun accordo per riportare la pace in Siria senza che il Rais di Damasco abbandoni il potere ha perso forza e significato.

La tattica applicata degli strateghi russi sul terreno, basata sul coordinamento con le milizie filo iraniane libanesi e irachene (di fatto impiegate come truppe di terra), ha accresciuto il peso nel conflitto dell’Iran, la potenza sciita per eccellenza che ha mobilitato le sue unità di Pasdaran a sostegno di Assad e a cui obbediscono gli Hezbollah libanesi e le milizie sciite irachene. Per Putin l’Iran è un alleato di cui allo stato, proseguendo la guerra siriana, non può fare a meno. Al tempo stesso, si tratta di un alleato politicamente molto impegnativo. La convergenza d’interessi stabilitasi tra Mosca e Teheran costringe Putin a fare i salti mortali per tenere a bada i furori di Netanyahu il quale, se la presenza delle milizie iraniane in Siria dovesse consolidarsi, non è disposto ad accettare questo eventuale dato di fatto. Non meno complicato si presenta il rapporto con l’Arabia Saudita che vede Teheran come la principale minaccia alla sua egemonia nella regione. Così, re Salman è andato a Mosca (prima volta di un sovrano saudita in Russia) per sentire dalla viva voce di Putin come intende usare il vantaggio ottenuto nella guerra siriana per se e per il fronte che a lui si riferisce. Pare che i due abbiano parlato molto di business, ma sul conflitto ognuno è rimasto sulle sue. E’ quello che si fa in questi casi per evitare la rottura.

AVVENIRE - Camille Eid: "Re Salman da Putin: affari e Iran"

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Camille Eid

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Un evento «storico», secondo Vladimir Putin. Ieri al Cremlino ha accolto il re saudita Salman bin Abdul-Aziz, nella prima visita di un monarca saudita a Mosca sebbene l'Unione Sovietica fosse la prima nazione a riconoscere nel 1926 il Paese fondato dal padre dell'attuale re. Visita storica anche per l'entità dei contratti firmati che, assicura Putin, «daranno un forte impulso allo sviluppo delle relazioni bilaterali». I due Paesi istituiranno un fondo energetico congiunto del valore di un miliardo di dollari, che potrebbe tradursi in una compagnia petrolifera che lavori in Arabia Saudita e fornisca tecnologia al mercato locale, e assicureranno una continua collaborazione per la stabilizzazione dei prezzi del petrolio. Russi e sauditi hanno discusso anche della possibile fornitura a Riad di sistemi missilistici S-400 Triumf. «Siamo in trattativa sul contratto, ma non è ancora stato formalizzato», ha detto il vice-premier russo con delega all'industria militare, ma l'emittente alArabiyah parla già di «accettazione» saudita. Mosca e Riad hanno comunque firmato un memorandum «sulla vendita e la localizzazione della produzione di materiale bellico».

Più vicini a Mosca e più lontani dagli Usa? Non necessariamente. La strada dell'intesa Mosca-Riad rimane irta di ostacoli sul fronte politico, specialmente sul dossier siriano che li trova su fronti opposti. Al termine dei colloqui il sovrano saudita ha parlato della necessità di «arrivare a una soluzione della crisi siriana in base alle decisioni di Ginevra 1 e la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2254». «Bisogna trovare, ha aggiunto Salman, una soluzione politica che garantisca la sicurezza e la stabilità, nonché il mantenimento dell'integrità territoriale e dell'unità della Siria». Ma sulla stampa russa si leggeva ieri che l'81enne Salman è venuto a Mosca solo perché è stato costretto ad ammettere che la guerra in Siria sta finendo, e che a vincerla è stata la Russia scesa in campo con Bashar al-Assad. Tuttavia il primo rivale dei sauditi sulla scena mediorientale è l'Iran, un altro alleato di Mosca sicuramente «presente» ai colloqui. La stabilità della regione mediorientale, ha detto ieri Salman, è «necessaria per la pace nel mondo» e a questo scopo è fondamentale che l'Iran «non si intrometta negli affari interni dei Paesi vicini». Ma, altra pericolosa incognita nell'assetto regionale, Trump giovedì 12 ottobre, secondo il Washington Post, denuncerà l'accordo sul nucleare iraniano.

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