Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/10/2017, a pag. IV con il titolo "Presidenti" la recensione di Daniel Mosseri.
Daniel Mosseri Adam Smulevich
Parte dallo scudetto del Casale (1914) e dalla battaglia sul Piave, passa dalle Leggi razziali e si chiude nel 1971. Il tema è il calcio, ma non solo: Presidenti è un piccolo affresco di storia patria che si dipana sullo sfondo di eventi calcistici come, appunto, lo scudetto della squadra piemontese, RomaJuventus 5-0 del 1931 o ancora la fascistissima Germania-Austria disputata nel 1934 a Napoli in uno stadio donato alla città da un ebreo socialista e a lui dedicato. E’ la storia di tre uomini, Raffaele Jaffe, Giorgio Ascarelli e Renato Sacerdoti, fondatori e presidenti di tre squadre d’eccezione: una è il Casale, oggi un club dilettantistico ma negli anni della Grande Guerra un astro del pallone; le altre due sono il Napoli e la Roma. Tre compagini accomunate da una curiosa origine: i loro fondatori erano ebrei. Un poliedrico insegnante piemontese, un imprenditore napoletano innamorato della sua città e un banchiere romano che ha legato per sempre “la magica” al quartiere romano Testaccio. Storie felici di successi e scudetti. Smulevich ci ricorda anche però che Jaffe e Sacerdoti, che pure avevano abbandonato la fede ebraica per quella cristiana, furono vittime della discriminazione razziale. Morto a 36 anni nel 1930, Ascarelli non farà invece in tempo a essere colpito dalle ignominiose leggi che esposero gli ebrei in Italia a vessazioni, arresti e deportazioni; altri ebrei napoletani prenderanno il suo posto sui vagoni piombati della morte. Su uno di quegli stessi treni per Auschwitz-Birkenau salirà nel 1944 l’ormai anziano professor Jaffe, senza mai fare ritorno. Sacerdoti se la caverà invece con “solo” quattro anni e mezzo di confino a Ventotene, dopo aver subìto l’onta di una campagna stampa denigratoria, con il Popolo d’Italia e il Corriere della Sera in gara per chi faceva il titolo più antisemita.
La copertina (Giuntina ed.)
Nel racconto sulla nascita di una squadra, la scelta di una maglia e la fondazione di un nuovo stadio, Smulevich ha inserito stralci sia delle commoventi lettere che Jaffe scriveva alla moglie dal campo di concentramento di Fossoli sia gli appelli che da Ventotene Sacerdoti rivolgeva direttamente al duce. Oltre all’onta della diffamazione, Sacerdoti subirà l’insulto del tradimento. Sacerdoti era un fascista della prima ora, partecipò anche alla marcia su Roma. I suoi appelli non sortirono però alcun effetto e tornerà libero solo dopo la caduta di Mussolini. Amaro nel ricordare le bassezze del regime fascista, Presidenti è anche un inno al gioco del calcio e allo straordinario impulso che tre galantuomini seppero dargli fra fusioni societarie e iniezioni di entusiasmo (e di giocatori oriundi). Smulevich sa anche sorprendere il lettore nel ricordare, per esempio, i festeggiamenti comuni fra Lazio e Casale dopo l’andata della finale di scudetto o di dove amasse sedersi il presidente Ascarelli alle partite del Napoli. Un calcio antico che ha molto da insegnare a quello moderno.
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