IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 17 al 23 settembre 2017
Integrazione
Gli Arabi danzanti, di Sayed Kashua (Guanda ed.)
Gli Arabi danzanti è il titolo di un romanzo che ha avuto grande diffusione, scritto da Sayed Kashua, scrittore arabo israeliano che ha scelto di scrivere in ebraico. Il romanzo, in cui compaiono sicuramente molti elementi autobiografici, così come nel precedente romanzo Uno in due, racconta la storia di uno studente arabo israeliano molto dotato che vince una borsa di studio in un convitto a Gerusalemme riservato a studenti di talento. Il ragazzo è l’unico studente di origine araba nella scuola e questo inevitabilmente lo porta a vivere una crisi di identità. Il romanzo di Kashua è stato trasposto in versione cinematografica e l’autore stesso ne ha scritto la sceneggiatura. Il film, acclamato dalla critica, era stato scelto per essere proiettato come evento all’apertura del Film Festival di Gerusalemme. Il romanzo e il film ad esso ispirato ci porta all’interno di un problema oggi di attualità, ma che è sempre stato di attualità sin dalla nascita dello Stato d’Israele: il processo d’integrazione della minoranza araba.
Un cittadino arabo al voto in Israele
I cittadini arabi israeliani, che rappresentano oltre il 20% della popolazione, si sono sempre sentiti e saranno sempre, oltre che cittadini israeliani, parte integrante del popolo arabo palestinese e questa è una realtà di cui si deve prendere atto e che rende tanto più importante e urgente il loro processo d’integrazione nella società israeliana nel suo complesso. Essi vivono inevitabilmente questo contrasto tra la loro identità etnica e quella civile e questa è esattamente la crisi identitaria a cui si riferisce Sayed Kashua nel suo romanzo. Il suo successo dimostra anche che il problema esiste ed è sentito in modo vivo dalla società israeliana. Ci si è spesso chiesto: gli arabi israeliani, mussulmani e cristiani, sono cittadini israeliani al pari degli ebrei? Hanno subito discriminazioni nel passato? Godono degli stessi diritti? Hanno accesso all’Università, alle professioni liberali, alla carriera politica, agli organi direttivi della società come gli altri cittadini? Difficile rispondere a queste domande con un sì o con un no senza tenere conto di molti fattori economici, sociali, educativi, religiosi che possono aver creato nel passato e ancora oggi differenze di status in questa non esigua minoranza etnica e religiosa: il problema esiste, ed è esistito sin dalla creazione dello Stato d’Israele e va affrontato e risolto. E’ di grande interesse mettere in luce gli sforzi fatti dai governi israeliani, in particolare in questi ultimi anni per offrire ai cittadini arabi una piattaforma di partenza che rendesse di fatto il cittadino arabo uguale al cittadino ebreo.
La situazione nella quale si trovano i cittadini arabi israeliani è stata indubbiamente difficile dal punto di vista psicologico nei primi anni della nascita dello Stato di Israele ed è ovvio che essi abbiano sempre nutrito sentimenti di solidarietà con i cittadini arabi, spesso loro parenti, che vivono o che vivevano in Cisgiordania, pur non venendo mai meno ad una lealtà di fondo nei confronti dello Stato di cui hanno la cittadinanza e di cui godono uguaglianza di diritti. Le autorità israeliane, così come ampia parte dell’opinione pubblica ebraica, hanno spesso ritenuto che la minoranza araba potesse diventare un rischio per la sicurezza e una potenziale bomba a orologeria. Nonostante che questi rischi siano sempre presenti nel contesto della società israeliana, i cittadini arabi hanno conquistato una sempre maggiore eguaglianza e più alto grado di integrazione e questo processo ha proseguito nel corso di questi ultimi anni ed è chiaramente visibile per chi si guarda intorno nella società israeliana.
In questi ultimi anni il processo d’integrazione ha compiuto molti passi avanti: la partecipazione delle donne arabe al lavoro in questi ultimi decenni è passato dal 10 % al 20 % ma deve ancora aumentare: la partecipazione agli studi universitari è continuamente aumentata e si vedono oggi le classi con una percentuale sempre più elevata di arabi, in particolare di ragazze. L’istituzione del servizio civile al posto di quello militare per gli arabi ha creato una spaccatura nel contesto della società araba. Per molte famiglie la partecipazione dei ragazzi al servizio civile è stato visto un po’ come un tradimento, come cedere ai voleri e agli interessi della classe dirigente israeliana e così è stato anche per i dirigenti dei partiti arabi israeliani e per le associazioni arabe come ‘Baladna’. Ma il 75 % dei ragazzi si sono espressi favorevolmente al servizio civile e vi è una percentuale ogni anno crescente di coloro che accettano favorevolmente la partecipazione al servizio civile, che offre gli stessi vantaggi del servizio militare vero e proprio per gli ebrei. Chi vive in Israele non può non accorgersi di come gli arabi israeliani partecipino oggi alla vita delle istituzioni, a partire dalla Corte suprema sino al parlamento, e come siano ormai presenti in notevole numero nelle professioni con posti di prestigio: medici negli ospedali, avvocati, ingegneri, tecnici di alto livello. Di recente il governo ha fatto uno stanziamento di notevole entità per i comuni a maggioranza arabi, in particolare della Galilea, finanziamento non una tantum, ma annuale che dovrà servire per le infrastrutture quali trasporti, scuole edifici pubblici delle città arabe che lamentavano una carenza di finanziamenti rispetto alle città a maggioranza ebraiche. Il livello di vita della comunità araba è notevolmente aumentata in questi ultimi decenni e il dislivello con la società ebraica dovuto a motivi storici, sociali e religiosi sta diminuendo di anno in anno. Probabilmente molto resta ancora da fare ma il processo in atto sta portando i suoi frutti ed è di estrema importanza che i governi d’Israele, di destra o di sinistra che siano, compiano ogni sforzo per favorire in ogni modo l’integrazione della minoranza araba. E’ in gioco l’avvenire d’Israele e dell’equilibrio della società israeliana nel suo complesso.
Enrico Fubini, già docente di Storia della musica presso l'Università di Torino