Riprendiamo oggi, 23/09/2017, due servizi sull'Iran. Il primo, a pag.3 dell'OSSERVATORE ROMANO, se non altro corretto nei confronti del presidente americano, limitandosi a riportarne le posizioni. Di segno opposto ILSOLE24ORE, che a pag.2 con Alberto Negri, riporta chiaramente la politica di Confindustria, attaccando volgarmente Trump e lasciandoci sfuggire nel testo -ripresa nella titolazione, non opera sua- la frase "Il momento sbagliato per litigare con Rohani". Se si racconta la verità sulla politica nucleare dell'Iran si rischia di mandare a gambe all'aria l'Accordo/Resa di Vienna, che permetterà all'Iran la produzione dell'arma nucleare. E allora addio business! Per questo Negri raccomanda di non litigare con Rohani, come le democrazie occidentali non dovevano litigare con Hitler negli anni '30.
OR Redazione- "L'Iran rafforza l'arsenale missilistico"
Ma quali armi nucleari !
Teheran, 22. Il presidente iraniano, Hassan Rouha
ni, ha annunciato oggi, nel corso di una parata militare a Teheran per l'anniversario della guerra tra Iraq e Iran nel 1980, la decisione di rafforzare il proprio arsenale missilistico, nonostante le critiche degli Stati Uniti. «Che lo vogliate o meno, rafforzeremo le nostre capacità militari, come deterrente. Per difendere la nostra patria non chiediamo il permesso a nessuno» ha detto Rohani nel suo discorso trasmesso in diretta nazionale. Il presidente ha chiarito che «non solo svilupperemo i nostri missili, ma anche le nostre forze aeree, terrestri e marittime». Teheran afferma che il suo programma balistico è solo difensivo: «Il nostro potere militare non è progettato per attaccare altri paesi». Le parole di Rohani arrivano a poche ore di distanza dalle polemiche all'assemblea generale delle Nazioni Unite. Il presidente statunitense, Donald Trump, aveva infatti denunciato l'accordo nucleare con l'Iran (raggiunto sotto la presidenza di Barack Obama nel 2015, con la collaborazione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica) e il programma missilistico di Teheran, definendoli inefficaci e «imbarazzanti». E rispondendo, due giorni fa, ai giornalisti che gli chiedevano se avesse preso una decisione sull'ipotesi di un'uscita degli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare, Trump aveva risposto: «Ho deciso, vi farò sapere», senza aggiungere dettagli. Più moderata la posizione dell'Unione europea. «In questi momenti avere un accordo sul nucleare che funziona è uno strumento strategico importante, non è una cosa irrilevante» ha dichiarato ieri l'alto rappresentante europeo per la politica estera, Federica Mogherini. «L'accordo sul nucleare non appartiene a un paese, ma alla comunità internazionale — ha insistito Mogherini — e quindi non c'è un paese che può smantellarlo perché è una risoluzione del consiglio di sicurezza». Negli ultimi anni — rimarcano gli analisti — l'Iran ha sviluppato un vasto programma balistico, separato dal dossier nucleare, che ha suscitato le critiche non solo degli Stati Uniti, ma anche dell'Arabia Saudita, il suo principale rivale nella regione, nonché di altri paesi, tra cui la Francia e Israele.
IlSole24Ore-Alberto Negri: " Il momento sbagliato per litigare con Rohani "
è per normali usi domestici...
La Casa Bianca ha messo in discussione l'intesa nucleare con Teheran mentre in Kurdistan si prepara una nuova emergenza. Bisogna ammetterlo, c'è una vena di follia oggi nella politica internazionale. Quando emerge nei leader che hanno formidabili armamenti il mondo giustamente trema perché un conflitto su larga scala può andare fuori controllo e mettere a rischio milioni di vite. Ma quando alla follia si aggiunge la stupidità c'è da temere ancor di più: è il caso del leader nordcoreano Kim Jong un che per strappare concessioni agli Usa sembra voler trascinare la situazione fin sul baratro del conflitto. La prova nordcoreana sta portando il presidente americano sull'orlo di una crisi di nervi. Lo dimostra il caso iraniano, dove Trump ha aperto un nuovo fronte per rimettere sanzioni a Teheran denunciando un accordo sul nucleare, del luglio 2015, che non è tra Washington e Teheran ma un'intesa internazionale denominata appunto Cinque più Uno e sancita dall'Onu.
Frustrato dagli insuccessi sul versante asiatico e su quello mediorientale, Trump sta dividendo lo stesso schieramento di alleati europei e Nato che non hanno nessuna intenzione di aprire un fronte con gli ayatollah. Ci sono interessi economici in ballo ma soprattutto è in corso il tentativo di stabilizzare una regione dove al conflitto con l'Isis se ne affiancano altri con imprevedibili conseguenze. Non è questo il momento di litigare con l'Iran e Trump non lo ha capito. Ma è comprensibile che gli americani siano nervosi. Non gli obbedisce più nessuno. La Turchia ha ordinato alla Russia i missili S-400: vedremo se arriveranno davvero, visto che Mosca non li ha consegnati ancora neppure agli alleati iraniani, ma è evidente che Erdogan sta mettendo alle corde la Nato e i rapporti con gli Usa.
Dopo aver perso la battaglia per abbattere Bashar Assad, Washington rischia di perdere anche il controllo sulla Turchia, che in ogni caso si è messa d'accordo con Putin e Iran per far restare Assad al suo posto e proteggere in confini turchi dagli effetti dell'irredentismo curdo.
Non solo. Sta fallendo il tentativo degli americani e dei loro alleati, in primo luogo gli israeliani, di interrompere il "corridoio sciita" che dall'Iran attraverso Iraq e Siria rifornisce le milizie libanesi Hezbollah. Se il conflitto in Siria è stato anche una guerra per procura contro l'influenza di Teheran, l'attacco di Trump all'Iran sull'atomica è mosso anche da queste considerazioni.
Dopo aver abbattuto i talebani in Afghanistan nel 2001 e Saddam nel 2003, gli Usa hanno fatto un altro regalo a Teheran che oggi può contare sull'Iraq, sulla Siria, sulla Russia e su una Turchia "addomesticata". Persino i curdi danno agli americani dispiaceri. Quelli siriani si stanno dimostrando ottimi alleati nell'assedio di Raqqa, capitale del Califfato, ma i curdi iracheni stanno andando per conto loro e Massud Barzani ha indetto il 25 il referendum sull'indipendenza. Brett McGurk, inviato Usa in Medio Oriente, lo ha definito «provocatorio e destabilizzante e senza prospettive di legittimità internazionale» perché in realtà avvicina ancora di più Iran,Iraq eTurchia. Ma non è con una crisi di nervi alla Casa Bianca che si risolvono la questione mediorientale e quella nordcoreana.
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