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La Stampa Rassegna Stampa
22.09.2017 'Imam istigatori d'odio come l'estrema destra'
Francesca Paci intervista l'imamah Ani Zonneveld

Testata: La Stampa
Data: 22 settembre 2017
Pagina: 26
Autore: Francesca Paci
Titolo: «'I bambini e le donne stanchi di odio: di qui riparte l'islam'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/09/2017, a pag. 26, con il titolo 'I bambini e le donne stanchi di odio: di qui riparte l'islam', l'intervista di Francesca Paci all'imamah Ani Zonneveld.

L'imamah Ani Zonneveld riporta opinioni che dovrebbero essere diffuse, ma che, come lei stessa sottolinea, sono una rarità nel mondo islamico, dominato oggi da un'impostazione intollerante e oscurantista. Riprendiamo il suo appello: le autorità europee "perché con gli imam istigatori d’odio non siano duri quanto lo sono con l’estrema destra"?

Ecco l'articolo:

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Francesca Paci

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Ani Zonneveld

Il mondo salvato dai ragazzini ma anche, potenzialmente, fatto esplodere da loro. Ani Zonneveld crede fermamente che il futuro dell’islam liberale sia nei più piccoli e ne parlerà a Torino con Luciana Capretti, autrice del saggio La jihad delle donne (ed. Salerno). Eppure, questa minuta e agguerrita cinquantenne di origine malese, una delle più note imamah della galassia riformista musulmana che nella moschea di Los Angeles dove guida la preghiera del venerdì celebra matrimoni tra etero, gay e transessuali, è consapevole che la battaglia per il cuore e le menti dei bambini non sia affatto vinta. A combatterla, sul fronte opposto, ci sono l’Isis, i profeti armati di bombe e Corano, chiunque, servendosi del potere catartico della fede, bracca i giovani per farne il cavallo di Troia con cui espugnare l’Occidente e i suoi valori.

 

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Il suo islam e l’islam radicale si contendono le nuove generazioni. Quando vede gli adolescenti sedotti dalle sirene dello Stato Islamico non ha l’impressione che in questi anni i cattivi maestri abbiano guadagnato un certo vantaggio?
«Lo Stato islamico non è l’unico a lavorare sui bambini. I governi musulmani sono i primi a radicalizzare i più piccoli, proprio come fa una fetta dell’islam occidentale dedita all’hate speech (incitamento all’odio, ndr). Il problema è più grande dell’Isis. Le nuove generazioni sono stanche dell’odio: sapremo intercettare le loro esigenze? L’esito può essere positivo o negativo. Competiamo per loro. Nel 2050 in Europa ci saranno tanti musulmani quanti sono i cristiani: che tipo di musulmani volete nelle vostre città? La risposta non è confortante, almeno fin quando l’Occidente sosterrà Riad o i suoi emuli come la Malesia, il mio Paese natio che è di fatto un’aspirante Arabia Saudita».

E laumma, la grande casa dell’islam, che musulmani vuole?
«Ho molti amici in prigione in Malesia. Sono sotto pressione, rischiano di essere radicalizzati dal governo. Pochi Paesi musulmani sono nostri alleati in questa battaglia - la Tunisia, il Marocco, l’Albania e l’Indonesia».

Che ruolo hanno le donne?

«Le donne musulmane si stanno ribellando alla misoginia e a un sistema ingiusto. Lo fanno ogni giorno, sono in prima linea contro l’oppressione della sharia e del patriarcato. Non è un fenomeno nuovo, le donne prendono l’iniziativa da almeno trent’anni e solo ora al loro fianco s’iniziano a vedere degli uomini, i giovani. Ci sono musulmani che si erano allontanati dall’islam e tornano, ci avvicinano perché vogliono parlare di gender equality».

Ci sono però anche donne che rivendicano l’ortodossia coranica in nome del femminismo islamico, quello che conjihadnon intende lo sforzo interiore ma la guerra agli infedeli. Come la mette con loro?
«Posto che non capisco come uccidere degli innocenti possa avvicinare a Dio, è vero: queste donne esistono. Sono naïve, pensano di andare a lavorare in un ospedale a Raqqa e si ritrovano schiave, ridotte a macchine per fare figli. L’Isis ha creato una narrativa, pompa la storia del Califfato ma il Califfato contiene un messaggio politico e non religioso. Il problema sta nel modo in cui viene insegnato l’islam, e oggi purtroppo l’interpretazione dominante è quella radicale. L’antidoto al fondamentalismo è il ritorno alle radici religiose dell’islam, i problemi del Medio Oriente sono politici e non spirituali».

L’islam è davvero una religione di pace, come ripetono i musulmani dopo ogni attentato? Il Corano non è esattamente un libro dai toni pacifisti.
«I terroristi indirizzano la teologia verso la violenza pretendendo che sia la verità. Invece bisogna contestualizzare. Il Corano è un testo del VII secolo. C’erano, per dire, tribù ebraiche che avevano giurato fedeltà a Maometto e lo tradirono: questo non significa che tutti gli ebrei e tutti i cristiani tradiscano. Il Corano va letto nel suo contesto storico e sociale. Altrimenti non seguiamo l’islam ma il tribalismo».

L’islam colma il vuoto ideologico che il Novecento ha lasciato in eredità all’Occidente?
«Dipende. I musulmani americani, per esempio, sono più progressisti di quelli europei, secondo recenti statistiche il 52% di loro sostiene i diritti Lgbt. Ovviamente parlo delle persone normali e non dei leader, spesso meno aperti. Negli Stati Uniti però la spiritualità è condivisa, molti sono religiosi, l’ateismo è un’eccezione. L’Europa invece ha un atteggiamento intollerante verso i credenti. Io sono musulmana e sono anche liberale e razionale, ma in Europa passo per una rarità. Sette anni fa Open Society, la fondazione di Soros, pubblicò uno studio sulle radici della radicalizzazione in Europa che credo sia ancora attuale, diceva che il rimedio era far crescere un’identità musulmana europea. I musulmani non vanno incalzati sulla loro fede ma sui valori. E vanno incalzati severamente. Ho chiesto più volte alle autorità olandesi perché con gli imam istigatori d’odio non siano duri quanto lo sono con l’estrema destra».

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