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La Repubblica Rassegna Stampa
20.09.2017 Fermare il terrorismo urbano, sintomo della resa dell'Occidente
Diego Longhin intervista Stefano Esposito, politico coraggioso

Testata: La Repubblica
Data: 20 settembre 2017
Pagina: 3
Autore: Diego Longhin
Titolo: «'Un silenzio assordante per la vetrina internazionale trasformata in una galera'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA - TORINO di oggi, 20/09/2017, a pag. III, con il titolo 'Un silenzio assordante per la vetrina internazionale trasformata in una galera', l'intervista di Diego Longhin a Stefano Esposito, vicepresidente della Commissione Trasporti del Senato.

Le parole del senatore Stefano Esposito (PD) denunciano la resa dell'Occidente di fronte al terrorismo urbano di piccoli gruppi di facinorosi. Esposito fa riferimento a Torino, ma si potrebbe dire lo stesso di ogni altra città del mondo occidentale. Complimenti al senatore per il coraggio di non nascondersi dietro parole di comodo e per la scelta di schierarsi con decisione contro i fenomeni di violenza.

Ecco l'intervista:

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Stefano Esposito, vicepresidente della Commissione Trasporti del Senato

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Il centro sociale Askatasuna a Torino

«DA opportunità per avere una vetrina internazionale a scusa per creare un luogo di detenzione. Questa è la trasformazione del G7 di fine settembre per Torino. Ospiti internazionali vissuti come un fastidio, programmi cancellati, limitazioni che danneggiano commercianti e cittadini. Il G7 si trasformerà in un’occasione perduta». Così Stefano Esposito, vicepresidente della Commissione Trasporti del Senato, giudica la decisione di abolire il programma extra dei tre appuntamenti dedicati al Lavoro, all’Industria e alle Scienze.

Senatore Esposito, Torino si è trasformata in una galera per chi? «Per tutti. Le delegazioni sono rinchiuse tra Reggia e alberghi. Commercianti e cittadini dovranno subire limitazioni senza avere vantaggi. Il Comune di Torino sembra quasi far finta di nulla, come se la cosa non lo riguardasse. Il paradosso è che mentre le delegazioni saranno sottochiave, al mondo del teppismo politico legato ad Askatasuna verrà concesso tutto. Basti pensare che il centro di coordinamento delle manifestazioni e del gruppo ResertG7 sarà la Cavallerizza. Spazi di proprietà del Comune occupati».

Rispetto a questa situazione non si è vista una presa di posizione netta della associazioni di categoria e della società civile. Perché questo silenzio? «Lo definirei un silenzio assordante. A nulla sono valsi gli appelli, da me condivisi, lanciati da agosto dal presidente della Regione Sergio Chiamparino e dal presidente dell’Unione Industriale Dario Gallina. Il risultato è zero benefici per la città e la regione: nessun evento per presentare le eccellenze del territorio. E si parla di ricerca, lavoro e industria. Tre questioni su cui mi sembra che Torino abbia qualche cosa da dire. E invece ci si incammina verso un silenzioso e drammatico cupio dissolvi. Torino nelle sue varie articolazioni fa finta di non vedere».

Lei vorrebbe rinchiudere la protesta e il dissenso? «No, mai l’ho pensato e mai lo penserò. Il dissenso e le manifestazioni dure ma pacifiche sono il sale della democrazia. Chi mi conosce sa che non sono per il pensiero unico. Ho molti dubbi che le manifestazioni organizzate a Torino saranno pacifiche. Mi auguro di sbagliarmi, ma chi organizza mi sembra tutt’altro che pacifista».

A chi si riferisce? «Ad Askatasuna e agli altri gruppi antagonisti che da sempre fanno di ogni manifestazione una vetrina delle loro gesta violente. Dal 2014, purtroppo anche con la responsabilità della mia parte politica, hanno trasformato un bene pubblico come la Cavallerizza Reale in una simil casa-okkupata».

Appendino cosa dovrebbe fare? «La stessa cosa che avrebbe dovuto fare Fassino: chiedere lo sgombero immediato della Cavallerizza. Invece approva una mozione che li riconosce. Anzi. Vengono lodati perché hanno salvato un luogo dal degrado. Tra poco daremo a tutti una medaglia. Così si porta l’illegalità nelle istituzioni, la si giustifica».

Il vice Montanari ha sempre sostenuto la sua partecipazione alle manifestazioni. È una posizione accettabile? «Guardi. Facciamo un paragone. Anni fa un sindaco di questa città, Castellani, fece saltare un assessore perché partecipò ad una manifestazione che finì a botte, sempre per colpa di Askatasuna. L’assessore in questione era di Rifondazione, Alberione».

La sindaca dovrebbe fare lo stesso con il suo vice? «Montanari si siede nei comitati No Tav della Val di Susa con Askatasuna e non solo. Ma a questo siamo abituati. Ora partecipa alla Cavallerizza alle riunioni preparatorie delle manifestazioni, sempre con Aska, Rifondazione e altri gruppi. Fino a prova contraria Montanari dovrebbe rappresentare in qualità di vicesindaco tutti i torinesi. Il paradosso, se Appendino verrà collocata da qualche parte del cerimoniale, è che la sindaca stringerà le mani alle delegazioni, mentre il suo vice le manifesterà contro. In una situazione normale uno dei due dovrebbe andare a casa. Se Appendino non sa come farlo lo chieda a Castellani».

Questo G7 rappresenta un precedente per Torino? «Si sta configurando la vittoria dell’area antagonista. A me colpiscono le cronache di questi giorni. I vertici di categoria dei commercianti che chiedono le compensazioni per i mancati incassi. Io chiederei che Torino e Venaria rimangano due città aperte. Una richiesta che potrebbe essere avanzata non solo dalle associazioni, ma dalle università, dai sindacati, dagli intellettuali. Torino negli ultimi 15 anni è stata scelta per capacità di accoglienza e di apertura. Quanti grandi eventi si sono realizzati dando risposte di civiltà? Ora dobbiamo fare i conti con questa zavorra antagonista che di fatto appare come vincitrice.Zavorra che condiziona un evento di livello internazionale e che rischia di rovinare l’immagine di Torino».

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