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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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La Svizzera si rifiuta di occuparsi della sicurezza dei cittadini ebrei 16/09/2017
La Svizzera si rifiuta di occuparsi della sicurezza dei cittadini ebrei
Manfred Gerstenfeld intervista Simon Erlanger

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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Simon Erlanger

Simon Erlanger, storico e giornalista, insegna storia ebraica all’Università di Lucerna.

“Le autorità svizzere rifiutano di far fronte ai costi per garantire la sicurezza delle istituzioni ebraiche svizzere, anche se è un dovere basilare dello stato difendere la sicurezza dei propri cittadini, un obbligo stabilito con chiarezza nella costituzione del 1848/1866, confermata nell’aprile del 1999.

“La Svizzera ha anche firmati e ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa per la Protezione delle Minoranze Nazionali. Il che significa riconoscere la comunità ebraica una minoranza riconosciuta legalmente e quindi l’obbligo di creare le condizioni di sicurezza affinché gli ebrei svizzeri possano prosperare, esercitare e mantenere le proprie tradizioni religiose.

“Apparentemente la Svizzera è impegnata a prendere tutte le misure necessarie contro le minacce e gli attacchi antisemiti per proteggere la minoranza ebraica. Invece il governo federale svizzero ha sempre cercato di trasferire la responsabilità ai cantoni, che hanno fatto altrettanto. I cantoni, quasi degli stati indipendenti, cercano sempre di rafforzare il più possibile la loro sovranità, opponendosi spesso a interventi dello stato federale.

“Questo scambio di responsabilità fra stato centrale e cantoni è comune nella politica svizzera, coinvolgendo i settori dell’educazione, fisco, codice penale e persino la politica estera, e le decisioni vengono prese alla fine materia per materia. Questo non vale per la sicurezza degli ebrei, dove stato federale e cantoni non si assumono responsabilità.

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“In Svizzera sono parecchio cresciute le minacce verso le comunità ebraiche, sia le istituzioni/organizzazioni che a livello individuale, come hanno confermato le agenzie svizzere di intelligence, la polizia e la stessa Federazione negli ultimi due anni, anche se non mai stati resi pubblici singoli casi.

“ Non è ancora stato chiarito il caso delle responsabilità in merito alla protezione. A Basilea, per esempio, c’è un rapporto molto stretto tra le autorità e la comunità ebraica, sia il cantone che la polizia sono responsabili per la sicurezza quotidiana della Grande Sinagoga, eppure non c’è alcuna vigilanza da parte della polizia statale davanti alle istituzioni ebraiche, né il cantone finanzia alcun servizio protettivo.

“E’ la comunità ebraica di Basilea a pagare privatamente le forze addette alla sicurezza, così come avviene in altre numerose comunità, Zurigo,Ginevra e Losanna. Le piccole comunità vengono aiutate dalle più grandi o fanno come possono. Il costo annuale della voce sicurezza è stimato in diversi milioni di franchi.

“La comunità ebraica di Basilea, 960 membri, ha investito 800.000 franchi nel 2017 per organizzare le misure di sicurezza ritenute necessarie dallo stato. Formata da persone in genere anziane ha accumulato un deficit di circa mezzo milione di franchi. I prossimi costi annuali varieranno intorno ai 200/300.000 franchi. Se non ci saranno interventi statali, questo impegno finanziario metterà a rischio la sopravvivenza stessa della comunità.

“Nel novembre 2016, una Commissione investigativa del Ministero dell’Interno (EDI) ha confermato le minacce contro gli ebrei. Venivano citati gli jihadisti quali probabili organizzatori di attacchi antisemiti. Minacce da parte di estremisti di destra o sinistra non erano citate in modo esplicito. La Commissione concludeva che dovevano provvedere direttamente gli ebrei a finanziare una struttura adatta alla loro protezione.

“Questa conclusione diede origine a uno scandalo. L’idea che lo stato non provvedesse alla sicurezza dei propri cittadini ebrei richiamava l’antico stereotipo antisemita che si basava sul concetto del ‘ricco ebreo’. Mentre la polemica esplodeva sui giornali più importanti e nelle varie radio, la TV ufficiale svizzera rimase in silenzio. Vi furono diverse reazioni, vennero fatte delle promesse ufficiali, ma in concreto non accadde nulla.

“Subito dopo le proteste pubbliche sul rapporto della commissione, il Parlamento del Cantone di Basilea (Grosser Rat) votò con una maggioranza schiacciante il finanziamento per la sicurezza della comunità ebraica. Ma il voto non era vincolante, così nulla venne inserito nel bilancio 2018. Per intervenire sul bilancio vi furono diversi interventi parlamentari, se ricordo bene questo non era mai accaduto prima. A Zurigo avvenne lo stesso. Manifestazione di solidarietà vennero espresse in altri parlamenti, inclusa la Camera Alta del Parlamento Federale ( Staenderat ), ma non ci fu nella molto più numerosa Camera Bassa (Nationalrat)

“Il rischio aumenta visti i confini svizzeri aperti con Francia e Germania, ma controllati per mancanza di una seria presenza della polizia. Decine di migliaia di lavoratori francesi e tedeschi entrano quotidianamente nelle regioni di Basile e Ginevra. Il contrasto tra gli atteggiamenti ufficiali francesi e svizzeri è significativo. Nella comunità ebraica della città francese di St. Louis – un sobborgo di Basilea – la sinagoga e le scuole sono protette da paracadutisti francesi armati. Erlander conclude:

“ Considerando il fatto che l’80% degli ebrei svizzeri sono di nazionalità svizzera ( mentre non lo sono circa il 66% degli altri abitanti del paese), il rifiuto di provvedere alla sicurezza appare persino più impressionante. Una contraddizione contro la legge della stessa costituzione. Se non succede presto qualcosa di nuovo e concreto, la comunità ebraica svizzera deve agire denunciando lo stato, prima di dichiarare bancarotta o dover rinunciare alla sicurezza per motivi economici.

“La pronta risposta data dopo gli attacchi ai mercati natalizi dello scorso dicembre a Berlino ha dimostrato che le autorità svizzere possono agire in modo rapido se lo vogliono. Concerti all’aperto, mercati e altri eventi erano fortemente sorvegliati e protetti durante l’estate del 2017. È ovvio che la Svizzera può provvedere alla sicurezza dei propri cittadini. C’è da chiedersi perché ne siano esclusi gli ebrei. 150 anni dopo l’ufficiale emancipazione degli ebrei svizzeri, la comunità ebraica svizzera è ancora giudicata di serie B da molti politici e amministratori”.

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Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs.
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