Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/09/2017, a pag.14, con il titolo " 'Legami tra Iran e Nord Corea': Sospetti sull’escalation nucleare", l'analisi di Paolo Mastrolilli.
A destra: Corea del Nord e Iran, le due grandi minacce nucleari per la pace nel mondo
Paolo Mastrolilli
Stabilire un collegamento tra il programma nucleare nordcoreano e quello iraniano, ponendo le basi per una fusione e una potenziale escalation di entrambe le crisi. È la prospettiva che spaventa di più i diplomatici occidentali, viste le mosse che gli Stati Uniti hanno fatto alla vigilia dell’Assemblea Generale dell’Onu, in programma la settimana prossima.
Il Consiglio di Sicurezza ha approvato all’unanimità le nuove sanzioni contro Pyongyang, che però le ha già sfidate venerdì con il nuovo lancio missilistico. Non era indirizzato verso Guam, ma la distanza percorsa dal vettore era un chiaro avvertimento che le basi americane sull’isola possono essere colpite. Il presidente Trump, oltre a condannare il lancio, ha detto che le nuove misure sono insufficienti. Gli Usa infatti volevano l’embargo petrolifero totale, e altre iniziative chiaramente pensate per favorire il cambio di regime.
Cina e Russia hanno accettato di aumentare la pressione su Kim, senza però spingersi fino a farlo cadere. Ora si tratta di vedere se Washington può accontentarsi di questa linea, sperando che Pechino intervenga con più forza su Pyongyang per congelare il programma nucleare, oppure se la determinazione di Kim ad avere un’atomica montabile sui missili intercontinentali, come polizza di assicurazione per la propria sopravvivenza, rende inevitabile lo scontro. «Noi - ha detto ieri il consigliere per la Sicurezza Nazionale McMaster - abbiamo un’opzione militare. Non è la preferita, ma esiste».
L’agenda pubblica dell’Assemblea Generale ancora non l’annuncia, ma gli Usa stanno lavorando a una riunione del Consiglio di Sicurezza sulla Corea del Nord che si dovrebbe tenere giovedì. Lo scopo, prima dell’ultimo lancio missilistico, non era approvare nuove sanzioni, ma ottenere una chiara condanna globale. Questa crisi, però, si sta sovrapponendo a quella iraniana. Infatti mercoledì si terrà una riunione dei cinque membri permanenti del Consiglio più la Germania e la Ue, finalizzata a discutere l’applicazione del Jcpoa, cioè l’accordo nucleare con Teheran. Anche questo appuntamento non è stato ancora ufficializzato, ma avverrà: l’incognita è se gli Usa parteciperanno, a quale livello. Nel frattempo, infatti, Washington sta meditando di denunciare l’accordo, mentre l’intelligence cerca connessioni con Pyongyang. Se le trovasse, «l’asse del male» si ricomporrebbe senza l’Iraq, diventando l’obiettivo di un confronto potenzialmente militare.
La settimana scorsa il «Telegraph» ha scritto che i servizi britannici sospettano il collegamento: non è plausibile che la Corea del Nord abbia fatto progressi tanto rapidi nei programmi nucleare e missilistico, e quindi qualcuno l’ha aiutata. Il primo sospetto cade sull’Iran, o magari sul network dello scienziato pakistano Abdul Qadeer Khan, che ha collaborato con entrambi i Paesi. Il secondo sulla Russia. Susan Thornton, assistente segretario di Stato americano per East Asia e Pacific, ha confermato al Congresso che eventuali scambi sono sotto la lente. Il direttore della Cia Pompeo ha ipotizzato il canale inverso, cioè la proliferazione da parte di Pyongyang, che ora potrebbe vendere la sua tecnologia nucleare e missilistica a Teheran.
Giovedì Trump ha deciso di continuare l’esenzione dell’Iran dalle sanzioni prevista dal Jcpoa, ma a metà ottobre dovrà certificare al Parlamento se la Repubblica islamica sta rispettando l’intesa. Il timore dei diplomatici occidentali che sostengono l’accordo è che gli Usa stiano preparando il terreno per abbandonarlo. Nello stesso tempo, il segretario di Stato Tillerson ha detto che le sanzioni approvate contro la Corea sono insufficienti. Se si dimostrasse un contatto fra Teheran e Pyongyang, e una collaborazione sui rispettivi programmi missilistici e nucleari, le due crisi si fonderebbero, aprendo la porta a una potenziale escalation anche militare.
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