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La Stampa Rassegna Stampa
15.09.2017 Kurdistan iracheno verso l'indipendenza
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 15 settembre 2017
Pagina: 15
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Il Kurdistan iracheno sogna l’indipendenza. Il governo fa stampare monete e passaporti»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/09/2017, a pag.15 con il titolo "Il Kurdistan iracheno sogna l’indipendenza. Il governo fa stampare monete e passaporti" il commento di Giordano Stabile.

A destra: la bandiera del Kurdistan

Israele è l'unico Paese occidentale che si è schierato esplicitamente per la nascita di uno Stato curdo. Una scelta di grande importanza e valore, in attesa del referendum che dovrebbe sancire l'indipendenza del Kurdistan iracheno il 25 settembre prossimo.

Ecco l'articolo:

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Giordano Stabile

Si chiamerà «draw», in lingua curda semplicemente «denaro», la moneta del Kurdistan indipendente. Le zecche hanno già preparato le banconote, taglio massimo da 100 draws, un lato con le scritte in inglese e l’altro in curdo, e il ritratto stilizzato di Mustafa Barzani, padre dell’attuale presidente e l’uomo che ha posto la prima pietra dell’edificio che ora il figlio Massoud si appresta a completare.
La scelta è caduta sul «draw» dopo un lungo dibattito. Parte della leadership preferiva il nome Kuro, che significa invece «curdo» e ha un’assonanza, a Erbil vista positivamente, con l’euro. In ogni caso la nuova valuta sarà introdotta «in tempi stretti» dopo il referendum di lunedì 25 settembre. Il risultato è dato per scontato e la nascente nazione prepara tutti i simboli della sovranità: le bandiere curde sventolano su tutti gli edifici pubblici, sempre più spesso senza accanto quelle irachene, e sono già pronti anche i passaporti della «Repubblica del Kurdistan».

 

 

 

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È questo il nome del nuovo Stato che campeggia in curdo e in inglese sulla copertina dei passaporti diplomatici, i primi a essere stati stampati e che «La Stampa» ha potuto visionare. Un aquila che regge con le punte delle ali la stella dei curdi è il simbolo impresso sui nuovi documenti. La «Repubblica del Kurdistan» è senza aggettivi. Il Kurdistan non è più né «iracheno», né «siriano», né altro. E soprattutto non è più «arabo», una lingua scomparsa dai simboli statuali e sostituita dall’inglese, idioma internazionale e riferimento all’Occidente, agli Stati Uniti, i grandi protettori dei curdi iracheni.
L’Occidente ora è tiepido con il passo di Barzani, gli ha consigliato di prendere tempo, aspettare la sconfitta definitiva dell’Isis e il risultato delle prossime elezioni legislative in Iraq. Ma i curdi hanno già visto sfuggire l’indipendenza nei tre anni trascorsi fra il Trattato di Sèvres, che gliela concedeva, e quello di Losanna, che nel 1923 ha seppellito il sogno del «popolo senza patria». Ma Barzani è nato su suolo curdo sotto sovranità curda, nell’effimera Repubblica di Mahabad, sopravvissuta un anno, dal 1946 al 1947, prima che lo Scià dell’Iran se la riprendesse.
Nella repubblica di Mahabad il padre di Barzani ha combattuto per tenere in vita il sogno di indipendenza, ora Massoud non vuole lasciarselo sfuggire di mano. Tutto è pronto. I seggi, le schede, le nuove banconote e i passaporti. Migliaia e migliaia di bandiere curde hanno sventolato ieri a Erbil, prossima capitale della nazione curda, quando la gente è scesa in massa per festeggiare, in anticipo. Per ora all’orizzonte non si vedono eserciti iracheni - il premier Haider al-Abadi ha detto che non interverrà con la forza anche se non accetta la secessione - né turchi, come nel 1923. Per ora.

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