Riprendiamo da PANORAMA di oggi, 14/09/2017, a pag. 26, la breve "Kurdistan iracheno: quel referendum che preoccupa tutti".
Panorama attacca i kurdi e il legittimo desiderio dell'indipendenza della nazione kurda in vista del voto nel referendum del prossimo 24 settembre in Iraq, che potrebbe sancirla. Oltre a Israele, i kurdi sono l'unica forza autenticamente pro Occidente in tutto il Medio Oriente, è quindi un dovere per tutti coloro che si reputano amanti delle libertà sostenerli. Non è così evidentemente per Panorama, che abbraccia la vulgata della coalizione Russia-Assad-Iran-Turchia, da sempre protesa a impedire ai kurdi di fondare un proprio Paese libero e indipendente.
Per approfondire, consigliamo l'articolo di Giordano Stabile, pubblicato ieri su IC: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=67600
Ecco l'articolo:
Un soldato kurdo
Il 25 settembre la popolazione del Kurdistan iracheno (Nord Iraq) dovrà votare per il referendum sull'indipendenza, indetto dai due partiti di maggioranza: il Kdp (Partito democratico curdo) guidato da Masoud Barzani, presidente del Nord Iraq, e il Puk (Unione patriottica del Kurdistan), con Jalal Talabani come leader. ll referendum deciderà in merito alle materie amministrative, politiche e commerciali su cui Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, vorrebbe sganciarsi dal governo di Baghdad. Ma non tutti sono d'accordo. Gli Usa temono che il referendum rinfocoli il conflitto politico tra Erbil e Baghdad, e riaccenda i timori di Turchia, Iran e Siria che hanno interessi forti ma opposti nella regione. Al referendum poi sono contrari i partiti curdi di minoranza, convinti che il referendum sia uno strumento nelle mani di Barzani per traghettare il Kurdistan in un'oligarchia delle famiglie Barzani-Talabani che controllano il 90 per cento delle aziende del Paese, e fanno cartello petrolifero. Laura Silvia Battaglia - da Sanaa (Yemen) - su The Economist mette in guardia dai rischi del referendum: «L’offerta per l'indipendenza è prematura: bisognerebbe essere certi sia di avere un'unità curda che un dialogo positivo con Baghdad». E aggiunge che l'economia è in un impasse: «Le entrate derivanti dal petrolio sono inferiori al 17 per cento, il budget cui il Kurdistan iracheno aveva diritto prima che rompesse con Baghdad». Ma Rudaw, l'agenzia di stampa del Kurdistan iracheno, sostiene che: «L'Iraq come Stato non è stabile e non è democratico. Ora vogliamo scegliere da soli».
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