La Stampa è l'unico quotidiano a riportare, con un dettagliato articolo di Giordano Stabile, questa notizia di grande importanza. Silenzio totale dagli altri media.
Molto interessante la notizia su Mohammed Dahlan, la cui vicenda IC segue da anni con attenzione.
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Mohammed bin Salman, erede al trono e attuale responsabile esteri
L’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, ha visitato in segreto Israele all’inizio della scorsa settimana. La notizia è stata rivelata dal sito russo Sputnik e rilanciata dalla Kan, la radiotelevisione pubblica israeliana. Altre conferme sono arrivate da media arabi, che hanno citato fonti dei servizi segreti emiratini. Si tratta delle prima visita nello Stato ebraico di un esponente di così alto livello dell’Arabia Saudita, pur in incognito. I due Paesi non hanno relazioni diplomatiche e Riad non ha ancora riconosciuto Israele, a differenza di Egitto e Giordania.
Le relazioni sono però costantemente migliorate a partire dalla Prima guerra del Golfo e il riavvicinamento ha avuto una forte accelerazione negli ultimi due anni, dopo l’ascesa di Re Salman al trono e la nomina, all’inizio di quest’anno, di suo figlio Mohammed bin Salman a principe ereditario. Mohammed di fatto è alla guida del Regno e in politica estera ha puntato su un approccio molto più muscolare con l’Iran e fatto convergere ancor più gli interessi regionali sauditi con quelli di Israele.
Mohammed Dahlan
Durante la visita ha incontrato «alti esponenti» governativi. I colloqui si sono incentrati soprattutto sulle «prospettive di pace», cioè sulla questione palestinese. Nel 2002 Riad ha proposto il «piano saudita», un rilancio del processo di Oslo. Il piano è sostenuto dall’Egitto, altro Paese arabo che si sta riavvicinando allo Stato ebraico, tanto che fra poco riaprirà l’ambasciata israeliana al Cairo. L’azione delle due principali potenze sunnite arabe potrebbe sbloccare la situazione, anche perché sia Il Cairo che Riad hanno individuato in Mohammed Dahlan il possibile prossimo leader palestinese, un personaggio gradito a Israele.
Un rilancio credibile del processo di pace potrebbe anche portare al passo decisivo, il riconoscimento di Israele da parte dell’Arabia Saudita. Segnali in questo senso sono arrivati dal Sudan, Paese satellite di Riad, che un mese fa, per bocca del ministro degli Investimenti Mubarak al-Fadil al-Mahdi, aveva detto che era «tempo di normalizzare i rapporti». Mohammed bin Salman ha bisogno di una contropartita per il grande passo, ma ha anche molta fretta.
Il mancato rovesciamento di Bashar al-Assad in Siria, una vittoria strategica per Teheran, sta avendo un impatto profondo in tutta la regione. Anche se ammantato di contesa religiosa fra sciiti e sunniti, lo scontro fra Arabia Saudita e Iran è soprattutto una competizione fra potenze. Il regime degli ayatollah si è sempre posto come modello e guida per tutti i musulmani: dopo essersi assicurato la «fascia Nord» del mondo arabo, il Bilad al-Sham che va dal Libano all’Iraq, ora punta anche su Palestina e Giordania.
Il regno hashemita, che conta fra i suoi sudditi una metà di palestinesi, ha mollato i ribelli siriani e si sta riavvicinando ad Assad. Il leader dei Pasdaran Qassem Suleimani sta riallacciando con Hamas. Tutti segnali che indicano come gli iraniani cerchino di sfondare nel mondo sunnita. Per Riad è vitale impedirlo. Dare una prospettiva ai palestinesi significa riassumere la leadership, mentre una normalizzazione dei rapporti con Israele, in sintonia con l’Egitto, significherebbe forgiare un’alleanza formidabile patrocinata dall’America.
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