Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 10/09/2017, a pag.19, con il titolo " Dallle leggi razziali a oggi l'incubo di una famiglia in fuga per il mondo " l'articolo di Umberto Gentiloni sul film " Diaspora, ogni fine è un inizio " prodotto da Marina Piperno.
Umberto Gentiloni Marina Piperno
Una famiglia in posa in una giornata d'autunno del 1938. Eleganti e sorridenti in attesa dello scatto, sfiorati dalla brezza della riviera di ponente sul lungomare di Anzio una sessantina di chilometri a sud della capitale. Ultimi istanti di quiete prima che la tempesta delle leggi razziali si metta in moto. Un lampo di serenità che si prolunga nel tempo, rimane impresso nella memoria di chi era presente allora e dei tanti figli e nipoti che hanno ricongiunto le proprie vite a quel giorno. Sono passati quasi ottant'anni, il tempo lungo di una vita, l'intervallo scandito da generazioni che si sono susseguite attraversando un pezzo di Novecento. È l'inizio di una storia o meglio di tante storie, biografie di uomini e donne, ebrei italiani scampati alla tragedia della deportazione, in fuga dalle politiche del nazifascismo e dalle dinamiche di collaborazione di fiancheggiatori o colpevoli indifferenti. Piperno, Ferrari, Sonnino strappati da contesti e relazioni consolidate si muovono in cerca di un futuro possibile. Il segno di una larga diaspora familiare in cammino nel cuore della tempesta: frammenti restano in Italia o Roma, parti significative scelgono di varcare l'atlantico verso il nuovo mondo, altri e altre andranno in Israele per costruire un dopoguerra possibile. Piccoli percorsi dentro un quadro più grande che li contiene, ogni storia per quanto minuta ha sullo sfondo gli scenari mutevoli del conflitto mondiale e i sentieri plurali della rinascita. Un film (Diaspora. Ogni fine è un inizio, prodotto e distribuito dall'Istituto Luce Cinecittà ) è il risultato di tre anni di ricerche lungo itinerari o tracce di famiglie, documenti, fonti e storie legati da radici comuni. Marina Piperno ( la più piccola, bambina nella foto del 1938) e Luigi Monardo Faccini hanno cercato di ricomporre un puzzle che sembrava ormai cancellato dall'oblio del tempo. Un invito a New York è l'occasione per tentare l'impresa, riavvolgere un nastro che rischiava di non trovare interpreti o testimoni interessati. Una confezione di quattro dvd ( 1. 80 anni dopo. Stati Uniti d'America land of opportunities; 2. Il deserto che fiorisce; 3. Noi qui prima di Giulio Cesare; 4. Quando Ari Lev Fornaci incontrò Simone Piperno. Ogni fine è un inizio ), un viaggio di quattro ore in un passato che ci interroga da vicino. Fonti diverse nelle voci dei protagonisti, il tempo e lo spazio tratteggiano situazioni o memorie: dalla High Line di Manhattan ai vicoli di Roma, dal deserto del Negev alla rive del Mar Morto fino al kibbutz di Sde Elihau, da Masada a Boston, dal 16 ottobre 1943 alle tracce dei giusti conservate presso l'archivio di Yad Vashem. Sono generazioni che si danno il cambio passandosi il testimone, chi è partito per primo si esprime ancora in italiano, per gli altri è una lingua sconosciuta, sovrapposta e confusa a successive stratificazioni di castigliano. La seconda o la terza generazione appaiono lacerate dalle ferite del tempo ma pronte a cercare appigli nei ricordi o nelle parole trasmesse loro da genitori o nonni. Le domande sono colme di nostalgia sull'Italia, su nomi e luoghi lontani, sui lasciti preziosi di parenti, cugini o amici che riempiono immagini passate in digitale o vecchie fotografie ingiallite. Alcuni non avevano mai parlato né condiviso interrogativi o paure: non conoscono le città di provenienza, sanno poco dei cugini lontani, hanno voglia di raccontare anche se non sono in grado di aggiungere dettagli a una trama che si allarga progressivamente. Una bella occasione per celebrare la giornata europea della cultura ebraica in modo non rituale: «La diaspora. Identità e dialogo» come tappe di un cammino in divenire. Le identità non si chiudono nel recinto di certezze o schemi precostituiti; le biografie dei tanti che compongono il film sono diverse, irriducibili, spesso conflittuali: religiosi, laici, incerti, inquieti in viaggio. In tanti s'interrogano sulla religione, la cultura, la politica, il senso e i confini di un'appartenenza comune in una dialettica che non prevede approdi rassicuranti o modelli di riferimento. Un tratto distintivo li accomuna e qualifica il film, ne dà la cifra più forte e attuale. Sono storie di vita che si affermano nella dimensione individuale di ognuno e nella capacità di costruire relazioni e comunicazione con gli altri. Il passato di discriminazioni e violenze è ormai alle spalle: la vita ha sconfitto le violenze, la speranza ha cacciato indietro le paure.
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