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La Repubblica Rassegna Stampa
05.09.2017 Servizio militare in Israele: secondo Etgar Keret i professionisti andrebbero dispensati, ma non capisce il significato della difesa nello Stato ebraico
Lo intervista Antonello Guerrera

Testata: La Repubblica
Data: 05 settembre 2017
Pagina: 51
Autore: Antonello Guerrera
Titolo: «'La nostra naia è troppo lunga non fa crescere i calciatori'»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 05/09/2017, a pag. 51, con il titolo 'La nostra naia è troppo lunga non fa crescere i calciatori', l'intervista di Antonello Guerrera a Etgar Keret.

Secondo Etgar Keret i giovani calciatori israeliani dovrebbero essere dispensati dal servizio militare affinché possano dedicarsi a tempo pieno alla propria carriera sportiva. Quello che Keret sembra non capire è il senso e il significato del servizio militare in Israele, un servizio indispensabile per la difesa del Paese e capace di rinforzare il senso di appartenenza e di comunità.

Ecco l'articolo:

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Antonello Guerrera

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Etgar Keret

 

CHE noia la naia. Lo pensano molti calciatori israeliani. Ma non è disfattismo e nemmeno antipatriottismo. È che almeno due anni e otto mesi di servizio militare per gli uomini e due per le donne sono obbligatori per i maggiorenni in Israele. E arrivano al momento sbagliato per molti aspiranti professionisti, nel pieno della loro crescita. Evitare la chiamata è quasi impossibile. Persino Yossi Benayoun, uno dei più grandi calciatori israeliani ( lo ricordate nel grande Liverpool di Rafa Benitez?) a 18 anni si è fatto la naia mentre giocava nella massima serie. «Quello del servizio militare è sicuramente un problema del calcio israeliano, anche se non è Punico colpevole delle sue sfortune: i migliori calciatori sono arabi e quindi non arruolateli», dice a Repubblica Etgar Keret, tra i più celebri scrittori d'Israele (in Italia lo pubblica Feltrinelli ). «Ricordo quando anni fa giocatori delle serie minori o giovanili scappavano dalle caserme per giocare. I militari aspettavano che finisse la partita. Poi li braccavano e li riportavano alla base».

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La squadra di calcio israeliana

Accorciare drasticamente i tempi dell' arruolamento è possibile se si è "Outstanding athletes", cioè atleti dalle doti eccezionali. Pochi hanno questo privilegio. Per tutti gli altri c'è il servizio completo. «Anche se l'esercito israeliano viene spesso incontro alle esigenze dei calciatori, come sugli orari oppure li avvicinano alla città dove giocano», precisa Keret, «così si ha il tempo di allenarsi». C'è poi un paradosso. Se quasi tre anni di servizio militare possono limitare la carriera dei giovani calciatori, allo stesso tempo non si può giocare in nazionale senza esser passati per le armi. È capitato a Haim Migarashvilly, difensore del Maccabi Haifa. «E ora il problema si è riproposto con Barak Bakhar», racconta Keret. Ex terzino destro, 37 anni, Bakhar è il promettente allenatore dell'Hapoel Beer Sheva e, si dice, possibile successore dell'attuale ct della nazionale Levi. «Oggi nella squadra israeliana c'è il caos, molti giocatori non lo rispettano, come dimostra il caso Zahavi, con quel suo gesto irrispettoso. Ma Bakhar», continua Keret, «da giovane interruppe il servizio militare». «Mi volevano mandare in prima linea a combattere» confessò il "disertore", creando un caso nazionale. «Molti calciatori hanno infatti paura di ferirsi in battaglia per poi dire addio alla carriera», aggiunge Keret. E così Bakhar disse basta. Nel 2008, quando era ancora in attività, la sua convocazione in nazionale venne perciò rifiutata. Ora succederebbe lo stesso da allenatore. A meno che, alla sua età, non faccia lo sherut leumi, una sorta di servizio civile nazionale, per compensare la naia che ha scansato. Bakhar ha già detto di sì, lo farà. Il calcio prima di tutto.

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