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I palestinesi riciclano l’accusa antisemita dell’avvelenamento Manfred Gerstenfeld intervista Raphael Israeli (Traduzione di Angelo Pezzana)
Raphael Israeli è Prof. Emerito di Storia dell’islam, Cina e Medio Oriente all’Università Ebraica di Gerusalemme. Ha scritto più di 50 libri, tra cui L’Accusa del Sangue e le sue conseguenze, il flagello dell’antisemitismo e il Veleno, Le Manifestazioni Moderne dell’Accusa del Sangue. “Uno degli aspetti centrali dell’antisemitismo è la credenza che gli ebrei avvelenino l’acqua potabile ai non ebrei. Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha riciclato questo tema antisemita alla sessione plenaria del Parlamento Europeo nel 2016, dove affermò che un rabbino aveva chiesto al governo israeliano di avvelenare l’acqua potabile dei palestinesi. “Era una storia inventata dai palestinesi, non è mai esistito quel rabbino, come era una invenzione né era mai esistito un consiglio rabbinico di cui quel rabbino avrebbe dovuto essere il capo. Alla fine del suo intervento, inclusa questa diffamazione antisemita, Abbas ricevette molti applausi, addirittura una standing ovation da parte di molti parlamentari.
Il presidente del Parlamento Europeo di allora, Martin Schulz, oggi candidato alla guida del Partito socialista nelle prossime elezioni tedesche, scrisse in un tweet che il discorso di Abbas era ‘ispirato’. Pochi giorni dopo Abbas disse che era stato male informato sulla storia di quel rabbino” “ Dopo le recenti rivolte dello scorso luglio 2017 sul Monte del Tempio il vice capo del Movimento Islamico in Israele, oggi fuorilegge, Kamal Al-Khatib, si inventò che Israele aveva inserito materiali chimici velenosi fra le mura della Moschea Al-Aqsa di Gerusalemme nei giorni in cui la spianata era stata chiusa ai fedeli. “Palestinian Media Watch ha pubblicato una lunga lista di versioni moderne dell’antica accusa del veleno. Cui si aggiunge la diffusione dell’AIDS da parte di Israele – attraverso la prostituzione femminile – così come con la distribuzione di droghe e sostanze allucinogene. Altra accusa è l’incarico retribuito ai medici affinché diffondano malattie fra i palestinesi. L’accusa del veleno è un argomento molto praticato dall’immaginazione malata fra i palestinesi adulti. Un portavoce delle forze di sicurezza dell’Autorità palestinese ha dichiarato che Israele è responsabile dell’aumento dei laboratori che producono droga illegalmente nel West Bank. “Queste accuse antisemite si possono regolarmente trovare sulla TV ufficiale palestinese e un po’ovunque. Tra chi le pronuncia c’è Husam Zomlot, Consigliere degli Affari Strategici di Mahmoud Abbas, il parlamentare di Hamas Marwan Abu Ras, il direttore dell’Alto Consiglio Giuridico dell’Autorità palestinese Sami Sarsour, il governatore del distretto di Qalqilya Rafe Rawajbeh e molti altri. “Queste accuse ignobili hanno una lunga storia. All’inizio del 14° secolo, gli ebrei venivano accusati di avvelenare i pozzi in Germania e in Francia, cui seguivano stragi di massa. Una accusa che è continuata ancora attraverso i secoli. “Nell'Unione Sovietica di Stalin, dei medici ebrei vennero arrestati con l’accusa di avere ordito un complotto per avvelenare Stalin e la leadership sovietica. Alcuni vennero condannati a morte, altri confinati nei Gulag, con l’intenzione di decimare l’élite ebraica eliminandone la leadership. “Una dei più orribili scenari di moderne accuse di avvelenamento è avvenuto alla vigilia di Pasqua nel West Bank nel 1983, allora ancora sotto controllo israeliano. I media israeliani riferirono che le allieve delle scuole medie del villaggio di Arrabeh, nel distretto di Jenin, furono vittime di un avvelenamento di massa, svenivano, avevano male alla gola e difficoltà di respirazione, mal di testa, mal di stomaco e sonnolenza. Vennero mandate a casa, ma nelle ore successive altri studenti lamentarono gli stessi sintomi. Arrivarono gli ispettori sanitari israeliani, dottori israeliani e palestinesi ispezionarono le classi e sentirono un odore nauseabondo. Arrivò un team di israeliani esperti in problemi legati alla polluzione, ma non c’era alcuna traccia né di veleno né di odore. All’inizio, si era pensato a qualche scolo difettoso dei WC, ma il giorno successivo, decine di ragazze di Jenin vennero anch’esse ricoverate in ospedale, insieme a centinaia di altri da città e villaggi del West Bank. “Si diffuse il panico fra la popolazione palestinese. I migliori epidemiologi israeliani conclusero che il ‘veleno’ era probabilmente un caso di isteria di massa fra le studentesse minorenni. Giornalisti palestinesi e stranieri accusarono Israele di cercare di nascondere un ‘crimine’ odioso. Venne poi invece rilevata una sostanza gialla ai davanzali delle scuole. Analizzata, si scoprì che era semplice polline di pino portato lì dal vento. “Gli arabi in generale, i paesi musulmani, seguiti dalla Croce Rossa, dal Consiglio di Sicurezza e anche paesi amici, cominciarono ad attaccare Israele. Risoluzioni Onu e condanne internazionali seguirono a ruota, producendo un’altra isteria nelle cronache dei media in tutto il mondo, che, senza alcuna indagine, accusarono Israele sebbene non si fosse verificato nessun avvelenamento e nessuno, alla fine, avesse subìto dei danni. “Allora Israele chiamò il Centro del Controllo delle Malattie di Atlanta (CDC), un ente autorevole e rispettato. Due mesi dopo, le ricerche confermarono quanto gli epidemiologi israeliani avevano detto sin dal primo giorno. Venne alla luce che l’intero inganno era frutto di un’idea premeditata, pianificata e messa in atto dai palestinesi. “Decenni dopo, dobbiamo ancora stupirci se ritirano fuori quella accusa antisemita contro Israele. Coloro che fecero poco o nulla per far sentire la loro voce e respingere quell’inganno quando venne alla luce rispondono ai nomi di Nazioni Unite, il suo Segretario Generale, la Commissione dei Diritti Umani a Ginevra e la Croce Rossa”.
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