Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/08/2017, a pag. 15, con il titolo "Netanyahu minaccia di colpire Assad", il commento di Giordano Stabile.
Dell'articolo di Giordano Stabile è fuorviante il titolo. Benjamin Netanyahu, infatti, non ha minacciato nessuno, ma ha affermato che Israele, in caso di pericolo, non esiterà a intervenire per proteggere la propria popolazione. In Siria l'Iran (e la sua appendice Hezbollah) sta acquistando sempre più potere, grazie anche all'alleanza con la Russia: per questo è necessario porre delle condizioni da non superare, per evitare che Israele si trovi a fronteggiare, in un futuro non lontano, l'esercito iraniano ai propri confini.
Per approfondire, consigliamo la Cartolina di ieri di Ugo Volli: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=67430
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
Le notizie negative si accumulano per Israele dal fronte siro-libanese e questo spiega i toni sempre più perentori dello Stato ebraico, che ieri ha minacciato di «bombardare il palazzo presidenziale» di Bashar al-Assad se l’Iran continuerà a espandersi in Siria. Vediamo. Primo: anche se Beirut nega, l’esercito libanese, Hezbollah e le forze siriane hanno collaborato strettamente nella campagna per eliminare i gruppi jihadisti dal confine fra Siria e Libano. Al-Qaeda e l’Isis si sono arresi e hanno accettato che i loro combattenti fossero portati verso Idlib e Deir ez-Zour, in cambio della consegna di soldati libanesi prigionieri e dei corpi di miliziani sciiti e Pasdaran iraniani. In tutta l’operazione s’intravede una regia iraniana. Secondo: le truppe di Assad hanno riconquistato la Siria centrale e si sono avvicinate a 60 chilometri da Deir ez-Zour, ultima importante città in mano allo Stato islamico. Ciò significa soprattutto essere in vantaggio nella riconquista del confine fra Siria e Iraq.
Benjamin Netanyahu
A quel punto l’autostrada Beirut-Baghdad sarà di nuovo libera e sotto il controllo di tre governi vicini, anche se con gradi diversi, a Teheran. Terzo: anche sul fronte di Raqqa emergono tendenze favorevoli ad Assad. Gli americani si sono impiantati nello spicchio nord-orientale della Siria e, come ha detto il portavoce del partito curdo Pyd, Talal Silo, «ci resteranno per decenni». Ma non sembrano volere, o potere, spingersi più a Sud, in modo da tagliare l’autostrada Beirut-Baghdad. La defezione a favore del raiss di due comandanti arabi, annunciata ieri, dimostra che la coalizione imbastita da Washington è molto curda e poco araba. E i curdi non vogliono andare oltre Raqqa. In questo contesto si inserisce la missione del premier Benjamin Netanyahu a Mosca, accompagnato dal capo del Mossad Yossi Cohen. Il messaggio a Vladimir Putin è stato fatto trasparire in un’intervista al giornale arabo Al-Jadida di un «alto rappresentante del governo»: Israele non accetta gli equilibri che si stanno delineando sul campo, troppo favorevoli all’Iran e alle milizie sciite, che potrebbero usare il terreno conquistato per colpirla. Ed è pronta ad agire, anche militarmente. Mentre il califfato evapora nel deserto siriano i fronti caldi tornano quelli di prima, specie fra Libano, Siria e Israele.
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