Un atto di straordinario coraggio
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: Benjamin Netanyahu con Vladimir Putin a Sochi
Cari amici,
dell'incontro fra Netanyahu e Putin a Sochi nei giorni scorsi non si è occupato quasi nessun media (salvo noi, è chiaro: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=67379), forse perché era il quinto in poco tempo. Ma proprio questo ritmo di incontri, che né Putin né Netanyahu hanno tenuto con nessun altro leader costituisce la notizia. C'è un interesse vitale di Israele a mantenere un buon rapporto con la Russia, dopo l'abbandono del Medio Oriente da parte di Obama che ha aperto una straordinaria finestra di opportunità per la Russia di riacquistare un potere sul Medio Oriente perso da tempo. E c'è la disponibilità della Russia di stare a sentire, che non è affatto scontata (http://www.israelhayom.com/site/newsletter_opinion.php?id=19775). Immaginatevi se Gentiloni chiedesse ripetutamente udienza a Putin per esprimere i nostri problemi economici, per esempio quel bel pezzo di esportazione che abbiamo perso nel conflitto fra Unione Europea e Russia... non è probabile che sarebbe ascoltato con altrettanta disponibilità.
E infatti questa amicizia fra Netanyahu e Putin non manca di allarmare l'America di Trump, non solo quella di Obama (http://www.jpost.com/International/Former-US-envoy-acknowledges-US-worry-of-Putin-Netanyahu-bromance-503264), anche se il principale accompagnatore di Netanyahu a Sochi, il capo del Mossad, Yossi Cohen, era stato a Washington nei giorni immediatamente precedenti la visita a Mosca, certamente per anticipare il suo messaggio.
Un'altra ragione per cui la visita di Netanyahu a Putin non ha fatto notizia è che non sono stati annunciati risultati. E' anche probabile che se il primo ministro israeliano fosse andato a Mosca con una richiesta, questa avrebbe riguardato la distinzione fra l'autodifesa russa e le forze del fronte Iran-Assad-Hezbollah. Ed è chiaro dalle notizie successive che questa richiesta sarebbe stata tardiva. Proprio oggi infatti è stato annunciato che Russia e Siria hanno stabilito una difesa aerea comune, cioè sostanzialmente che la Russia ha messo a disposizione della Siria i suoi avanzatissimi sistemi antiarei SS400 (http://www.israelhayom.com/site/newsletter_article.php?id=44901). D'altro canto Israele ha annunciato di aver ricevuto già 5 ancor più avanzati aerei F35 Adir, cui se ne aggiungeranno due la settimana prossima e altri due a ottobre, col progetto di rendere operativo il primo squadrone di questi aerei invisibili al radar e capaci di superiorità elettronica e di combattimento entro i primi giorni di dicembre (http://www.jpost.com/Israel-News/Israel-completes-process-to-receive-additional-17-F-35-fighter-jets-503511). Insomma, ci sono le basi per un nuovo scontro fra la tecnologia occidentale (aerei americani di ultima generazione e "avionica" israeliana) con quella russa. Inutile dire che dal '67 in poi Israele ha sempre vinto questi scontri.
Yossi Cohen
Netanyahu dunque è stato ascoltato, ha probabilmente chiesto alla Russia di distanziarsi dall'Iran e di non collaborare all'offensiva imperialistica iraniana verso Israele e il Mediterraneo (dove c'è anche l'Europa e l'Italia, che stolidamente non badano al rischio di trasformare il Mediterraneo in uno spazio strategico egemonizzato dall'alleanza russo-islamica). E non ha avuto impegni. Come non ha avuto impegni da Trump, cui ha chiesto di opporsi alla politica russa di sostegno alla presa di potere iraniana sugli spazi lasciati liberi dalla sconfitta dell'Isis (ciò che Bibi chiama efficacemente "Isis out, Iran in"). Certo, l'America si è allarmata per la conferma del riarmo nucleare e missilistico iraniano, che rischia di riproporre il caso della Corea del Nord dieci volte più grande (http://www.jpost.com/Middle-East/Iran-News/How-serious-are-Iranian-nuclear-threats-503276), ma non ha capito che in Siria e in Irak l'Iran non è parte della soluzione del problema Isis, è esso stesso un problema ancora più grave.
Erano rifiuti messi in conto. Perché dunque questa doppia missione a Washington e Sochi? Perché farsi accompagnare dai capi dei servizi segreti? Netanyahu è fine politico e finissimo tattico della politica internazionale. Perché ha dunque messo la sua faccia su una missione destinata a sancire un fallimento, o almeno una grave difficoltà? Una spiegazione c'è ed è di estremo interesse. Vi è chi fra le fonti israeliane più qualificate, ritiene che Netanyahu sia andato da Putin non per sentire qualcosa, ma per dirgliela. E non per rivelare segreti di intelligence sulle minacce iraniane che Putin da padrino degli ayatollah, conosce benissimo. Ma per dirgli che Israele ha tracciato delle linee rosse sulla presenza iraniana in Siria e che è disposto ad arrivare allo scontro militare per farle rispettare. Certo, Israele si sforzerà di non coinvolgere i russi in questi eventuali atti di guerra (perché tali saranno), ma non può garantire che i reparti russi non riceveranno danni. Prima di far questo ha avvertito gli Usa che una guerra è possibile se l'Iran stabilirà della basi al confine di Israele (http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/What-Netanyahu-hoped-to-gain-from-meetings-with-Putin-503275).
Certo, non possiamo essere sicuri di questi colloqui, ovviamente segreti. Ma è significativo che qualche giorno fa Netanyahu abbia fatto diffondere una foto che lo ritrae a brindare con Yossi Cohen, facendo riferimento al conflitto con l'Iran (http://www.jpost.com/Opinion/Mossad-chief-Yossi-Cohen-makes-his-mark-as-Netanyahu-ally-on-Iran-503364). E' lo stesso Yossi Cohen che ha mandato a parlare con i militari americani: il comandante del Mossad che rappresenta l'apparato di sicurezza e militare che nel sistema statale israeliano ha forza e autonomia. Del resto anche il Ministro della difesa Lieberman si è espresso negli stesso termini (http://www.jerusalemonline.com/news/middle-east/israel-and-the-middle-east/lieberman-iran-presence-on-israeli-border-unacceptable-28111). Insomma, la minaccia militare che Netanyahu ha voluto portare, occhi negli occhi, a Putin, non è solo sua, ma coinvolge anche lo "stato profondo". Netanyahu ha cercato di renderla il più credibile che potesse, impegnando personalmente il suo rapporto con il presidente russo. La speranza è che Putin prenda atto del problema che riguarda anche i suoi uomini, e si impegni in sostanza a non permettere ai suoi alleati di superare le linee rosse dichiarate da Israele.
Quello di Netanyahu è un atto di grande coraggio, quasi estremo, perché significa impegnarsi a rovesciare la politica della Russia accettata dall'America, cioè rischiare il rapporto con le due superpotenze assieme, nel momento in cui sono governate da capi più amici – o se volete essere realistici, meno antisraeliani - da decenni. Ma nella storia, anche nei momenti di maggior solitudine, Israele non si è mai lasciata mettere silenziosamente nell'angolo, senza usare tutta la sua forza quando ancora poteva cambiare la situazione. E' accaduto così nel '67, nel '73 (troppo tardi), nelle operazioni in Libano e a Gaza. Speriamo che non debba accadere di nuovo, ma sentiamoci sicuri perché alla testa di Israele c'è un leader che conosce questa lezione della storia.
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