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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.08.2017 Cantare in coro, di Yehoshua Kenaz
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 26 agosto 2017
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «Cantare in coro, di Yehoshua Kenaz»

"Cantare in coro"
di Yehoshua Kenaz
Traduzione di Elena Loewenthal
Giuntina Euro 15

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Da un Paese creativo, intellettualmente vivace e proiettato al futuro come Israele, arriva in Italia una nuova raccolta di dieci racconti inediti di Yehoshua Kenaz dal titolo “Cantare in coro”, pubblicati dalla casa editrice Giuntina. E’ una dimensione intima, con un’ampia visione del mondo interiore, lontana dalla Storia e dai suoi conflitti quella che si delinea nelle opere di Kenaz, una delle voci più intense della narrativa contemporanea israeliana, ma nel contempo un classico, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo per racconti e romanzi straordinari come “Ripristinando antichi amori” (Giuntina), “Voci di muto amore” (Giuntina), “Paesaggio con tre alberi” (Nottetempo), “Cortocircuito” (Nottetempo) e il suo capolavoro “Non temere, non sperare” pubblicato nel 2013 da Giuntina. Vincitore di premi letterari prestigiosi e profondo conoscitore della cultura francese di cui ha tradotto i classici in ebraico, Yehosua Kenaz è nato nel 1937 a Petah Tikvà durante il mandato britannico, un periodo storico che ha influenzato la sua narrativa. L’arte di cogliere i turbamenti dell’animo umano, di descrivere il deserto della solitudine, di illuminare gli spazi bui dell’esistenza e gli anfratti della coscienza con delicata compassione, si dispiega con magistrale arte narrativa anche in questa sua ultima raccolta di racconti, pubblicati in prevalenza negli anni Sessanta sulle riviste israeliane Keshet e Gazit. A differenza delle opere più recenti “Cantare in coro” può risultare spiazzante per il lettore che ancora non conosce questo scrittore israeliano sia per i personaggi enigmatici, sia per le situazioni in parte surreali in cui si dispiega il racconto e che diventano lo scenario di avventure e sentimenti imprevedibili. Tuttavia, grazie alla capacità dell’autore di creare atmosfere pervase di mistero e tensione e di descrivere con accurata analisi introspettiva la psicologia dei personaggi, il lettore è immediatamente catturato dalla magia della storia di cui si sente parte integrante. In alcuni racconti lo sguardo di Kenaz si posa con rara sensibilità sul mondo degli adolescenti come in “Uva di Ghinegar” mettendo in luce i conflitti che sorgono in un’età della vita fatta di cambiamenti fisici ed emotivi in cui spesso il più debole soccombe e il “bullo” riesce a farla franca, oppure nel racconto che apre la raccolta dal titolo “L’ospite” l’autore pone l’accento sul disagio provato da due bambini, uno timido, l’altro più intraprendente, dinanzi ad un’ospite proveniente dall’Austria che dimostra una certa superbia e disinteresse dinanzi ai luoghi che i loro genitori le fanno visitare con l’orgoglio di chi ama profondamente il proprio Paese. In queste pagine spicca, oltre alla delusione di uno dei bimbi per le mancate promesse degli adulti, anche il contrasto fra chi non si cura troppo delle tradizioni alimentari ebraiche e chi invece rispetta rigorosamente la kasherut. Nel racconto “La morte di Hugo” un gruppo di colleghi unisce le proprie forze a quelle di una donna delle pulizie - che all’epoca della Tzavà era stata sergente dell’investigativa nella polizia militare - nel comune obiettivo di ritrovare un collega scomparso: il finale si annuncia folgorante! Il cane, compagno e amico fedele dell’uomo, è protagonista di due racconti: “Un cane fedele” e “Un regalo da bambini”: circostanze e personaggi diversi si dispiegano in pagine di forte impatto emotivo che conducono ad un drammatico finale. Nell’ultimo racconto, “Un regalo da bambini” emerge una nota autobiografica: all’età di cinque anni Kenaz – come il protagonista - si sposta con la famiglia dalla provincia rurale a Haifa perché il padre durante la seconda guerra mondiale aveva trovato lavoro in un campo inglese vicino al mare. Osservatore insieme partecipe e distaccato della realtà, Kenaz pone in tutto ciò che scrive un centro autobiografico attorno al quale l’arte letteraria costruisce e dà vita a quello che prima era racchiuso nella sua mente: esperienze legate all’infanzia, alla giovinezza oppure alle persone che ha conosciuto e che avevano qualcosa di interessante da raccontare. Un elemento che accomuna questo libro alle opere precedenti è la scelta di una narrativa polifonica: la moltitudine di voci, di personaggi provenienti da situazioni e circostanze diverse arricchiscono ancor più la narrazione con l’espressione di una pluralità di punti di vista. Sia che si tratti di personaggi principali o di comparse i protagonisti di questa raccolta sono figure complete che lo scrittore costruisce con grande perizia. “Cantare in coro” è un libro intenso che richiede una lettura lenta e non superficiale per cogliere appieno l’eleganza dello stile, la ricchezza lessicale, la luminosità dei paesaggi, oltre che la profonda umanità dei personaggi. Un libro che invito a leggere con riverenza per porgere un omaggio ad uno scrittore straordinario, da qualche tempo malato, che ci ha regalato opere memorabili. 

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Giorgia Greco


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