Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/08/2017 a pag.15, con il titolo "Berlino alle prese con i veleni elettorali del Sultano" la cronca di Tonia Mastrobuoni
Tonia Mastrobuoni Erdogan
BERLINO. «Il tuo corpo potrebbe finire presto senza testa». Memet Kilik non riesce ad abituarsi alle minacce su Facebook. Ora che il candidato dei Verdi è in campagna elettorale torna sempre a casa prima del buio. E il figlio di sei anni controlla sempre la porta di casa prima di andare a nanna. Dell’ottantina di candidati alle elezioni tedesche di origine turca molti vivono nel terrore. Se hanno votato a favore della risoluzione che ha condannato il genocidio armeno, se hanno consigliato di votare ‘no’ al referendum turco, se hanno osato criticare Erdogan, diventano bersaglio di insulti e minacce. La ministra dell’Integrazione, Aydan Oezoguz (Spd), ha rivelato ieri di non poter più tornare in Turchia, a trovare la famiglia, per paura di ritorsioni. Cem Oezdemir, candidato dei Verdi alla cancelleria, vive sotto scorta e su twitter esiste un hashtag contro di lui, #goetdemir, “culo” Oezdemir. Erdogan ha spezzato una convivenza pacifica lunga mezzo secolo tra tedeschi e turchi, cioè tra tedeschi e milioni di migranti musulmani. Il Sultano ha deciso di considerare Berlino, Colonia o Monaco come Istanbul o Ankara, palcoscenici per la sua propaganda nazionalista. Campi di battaglia per le persecuzioni contro guelenisti, curdi, alewiti e oppositori. L’ultima incursione nella politica tedesca risale a qualche giorno fa, quando ha definito Cdu, Spd e Verdi «nemici della Turchia» e ha invitato i 3 milioni e mezzo di turchi a non sostenerli. Ieri Sigmar Gabriel gli ha risposto. Questa Turchia, ha detto alla Bild, non entrerà mai nella Ue. Giorni fa il vicecancelliere aveva rivelato che la moglie era stata insultata da un fanatico erdoganiano al lavoro. La guerriglia tra Ankara e Berlino si è acuita nel 2015 con la risoluzione che ha (tardivamente) riconosciuto il genocidio degli armeni, si è alimentata degli inviti di Erdogan ai turchi-tedeschi a «non farsi assimilare». Ma anche della pretesa - negata - di fare comizi in Germania e della conseguente accusa a Merkel di «comportarsi come i nazisti», e si è rinnovata con la strategia degli ostaggi. Attivisti dei diritti umani e giornalisti come Denis Yucel sono incarcerati senza motivo, con lo scopo di ottenere l’estradizione di oppositori e guelenisti. E il dilemma resta, per Merkel, non mettere a rischio una delle sue scommesse: l’accordo sui profughi del 2015. Ma è un’intesa che comincia a costare davvero cara.