Riprendiamo oggi, 20/08/2017, a pag.5 sulla STAMPA, e sul CORRIERE della SERA a pag.10, due interviste che coinvolgono islam, terrorismo e la funzione della donna in quanto imam.
Precedute da un nostro commento.
La Stampa-Walter Rauhe: " Tra terrorismo e Islam troppi legami "
Coraggiose, le parole di Seyran Ates, che non teme di dichiarare apertamente il legame con l'islam, con lo stesso Corano. Demistifica anche l'esistenza di un islam 'moderato'.
A lei,sì, andrebbe attribuito il Premio Nobel per la Pace.
Seyran Ates
Walter Rauhe
«Pregano cinque volte al giorno rivolti alla Mecca, frequentano le moschee delle nostre città, leggono il Corano. Come possiamo allora affermare che gli autori della strage di Barcellona non sono dei musulmani?». Seyran Ates non si unisce al coro di quelli che, anche se in buona fede e in nome di un’ingenua «Islamic correctness», negano ai carnefici dell’Isis l’appartenenza alla grande famiglia dei musulmani sostenendo che chi semina terrore, uccide innocenti, rade al suolo monumenti e anche moschee antiche, non appartiene di fatto all’Islam. «Non è vero», protesta la nota attivista per i diritti umani e femminista islamica, Seyran Ates, che pochi mesi fa a Berlino ha aperto la «Ibn-Rushd-Goethe Gemeinde», la prima moschea liberale della capitale tedesca, dove uomini, donne, gay ed eterosessuali pregano assieme con o senza velo e a predicare sono anche imam donne. Da allora l’avvocatessa turco-tedesca vive sotto scorta e riceve giornalmente decine di intimidazioni e minacce di morte. «Ad inviarmi questi messaggi su Facebook o per posta non sono solo potenziali terroristi islamisti - spiega Ates -. Ma anche semplici fedeli islamici. La nostra religione ha un problema con l’intolleranza e anche con il terrorismo, ci sono troppi legami, e negarlo sarebbe sbagliato oltre che pericoloso». Seyran Ates lotta così contro la politicizzazione della sua religione, contro tutti coloro che innalzano l’Islam ad una fede di stato, ad un’ideologia al di sopra delle leggi costituzionali, die valori della società civile, all’ordinamento giuridico. Nella sua Moschea liberale di Berlino sono sempre meno i fedeli che partecipano alle preghiere del venerdì. «Hanno una paura folle, vengono intimiditi, minacciati. Ma io vado avanti nella mia lotta».
Corriere della Sera-Farian Sabahi: "Io,imam donna contro gli infedeli dell'islam radicale"
Farian Sabahi con il ministro degli esteri iraniano Zafir
Farian Sabahi non si smentisce anche questa volta. Ha trovato un imam donna a Los Angeles, nota per essere una racconta fuffe sull'islam e ce la presenta come se fosse una eroina. Certo, si è autodefinita con una etichetta corretta - siamo a Los Angeles, no?- ma ciò che afferma ne rivela in pieno la falsità, persino la facciatosta. Non stupisce, d'altronde, essendo l'intervitatrice Farian Sabahi, che venne cacciata dalla STAMPA per avere manipolato una intervista a A.B.Yehoshua. Adesso una pagina sul Corriere! Ne sanno qualcosa gli esuli iraniani in Italia, è istruttivo farsi raccontare da loro ciò che pensano della Sabahi. IC ne segue le attività giornalistiche, scrivendo il suo nome nella sezione 'cerca nel sito' - in HP in alto a destra-tutti i link ai suoi articoli, che rendono omaggio a quanto è buono e bravo l'Iran.
Ecco l'articolo nell'abituale stile-propaganda:
" L'Occidente vincerà la battaglia contro il radicalismo islamico soltanto quando si dissocerà dall'Arabia Saudita che esporta questa ideologia violenta. Finora gli Stati Uniti e l'Europa non fanno che discutere di pace, sicurezza e diritti umani, dimenticando di essere complici dei sauditi da cui acquistano petrolio e a cui vendono armi». Esordisce così Ani Zonneveld, fondatrice e presidente di Muslims for Progressive Values, un'associazione di musulmani progressisti con oltre io mila membri. Vive a Los Angeles dove guida la preghiera (ossia una imamah, cioè imam donna) del venerdì (per uomini e donne), celebra matrimoni interreligiosi, eterosessuali, omosessuali e persino tra transessuali. Figlia di un diplomatico, Ani Zonneveld è nata 54 anni fa in Malesia, un Paese multiculturale e multireligioso, e ha vissuto in Germania, in Egitto e in India, per poi trasferirsi negli Stati Uniti per frequentare il college e dedicarsi alla musica (ha vinto un Grammy). Personaggio trasgressivo ed eclettico, venerdì 22 settembre sarà ospite di Torino Spiritualità.
I terroristi hanno colpito Barcellona. Perché prendono di mira i luoghi pubblici?
«I terroristi che hanno colpito Barcellona sono esseri spregevoli, vogliono fare notizia uccidendo degli innocenti. Cercano obiettivi facili: mercati, gelaterie, caffè, dove c'è una dimensione gioiosa. Continueranno a colpire l'Europa, ma il loro modo di agire non ha nulla a che vedere con l'Islam. Il fatto che a essere uccisi siano i civili, degli innocenti, contraddice gli insegnamenti di Maometto secondo cui in tempo di guerra i civili e i credenti (inclusi cristiani ed ebrei) non devono essere presi di mira, è vietato awelenare le fonti d'acqua e calpestare l'erba destinata al pascolo».
Eppure i terroristi prendono a pretesto le scritture dell'Islam...
«Interpretano il Corano a modo loro, imbastardendolo, e questa loro interpretazione si sta diffondendo come un cancro. In un post sui social media il sospetto Moussa Oukabir ha scritto che bisogna uccidere gli infedeli e risparmiare soltanto i musulmani praticanti". Affermazioni assurde, perché il termine infedele non sta a indicare il non musulmano quanto colui che nasconde il vero significato di Dio. A mio parere, a essere kafir (chi non crede, ndr) sono questi assassini e i loro imam. Noi musulmani progressisti lavoriamo dal 2004 per sfidare queste interpretazioni dell'Islam radicale».
Vi siete mobilitati anche per i recenti eventi di Charlottesville che hanno messo in primo piano l'estremismo di destra?
«SI, la nostra associazione si pone come obiettivo contrastare le ideologie radicali sotto la bandiera dell'Islam, ma non percepiamo alcuna differenza tra gli integralisti musulmani e gli estremisti bianchi. Le ideologie non si esauriscono con la distruzione o la rimozione dei monumenti, sarebbe opportuno seguire l'esempio del Sudafrica, dove il Museo dell'Apartheid e the Slave Lodge ricordano gli orrori del passato senza rendergli gloria». Torniamo in Europa, dove assistiamo al ritorno dei cosiddetti foreign fighters dalla Siria e dall'Iraq. Come si può affrontare il problema?
«E necessario sradicare l'ideologia che anima questi giovani, lavorando con i leader religiosi musulmani affinché questi ragazzi scelgano una strada diversa rispetto al radicalismo. La questione è però dove trovare gli imam in grado di portare avanti questo compito. In ogni caso è un problema che devono risolvere i musulmani stessi, mobilitandosi per sradicare le interpretazioni radicali dei loro testi sacri».
Queste interpretazioni radicali portano con sé una buona dose di misoginia. Secondo lei, perché nei secoli l'Islam è diventato così aggressivo con le donne?
«Non è colpa dell'Islam in sé, quanto di quei musulmani che hanno imbastardito la nostra religione. Mi arrabbio quando penso a tutte le ingiustizie che le donne musulmane hanno dovuto subire, laddove 14 secoli fa la Rivelazione ci aveva permesso di ottenere diritti. Penso a Maria, la madre di Gesù, a cui è dedicato un intero capitolo del Corano e che è tenuta in palmo di mano dai musulmani, segno del valore che l'Islam dà alle donne, ben diverso dall'atteggiamento di quegli uomini che stanno monopolizzando la nostra religione. Nel Ventunesimo secolo, dobbiamo ancora lottare per poter frequentare le scuole, per decidere per noi stesse. Confrontandoci con concetti assurdi come la tutela da parte di un guardiano, le differenze di genere in ambito ereditario, la questione dell'onore».
A proposito dei diritti delle donne nell'Islam, in che cosa consiste la vostra iniziativa #ImamsForShe?
«Lavoriamo con gli imam di sesso maschile, con gli studiosi e le studiose delle scritture dell'Islam, con tutti coloro che promuovono i diritti delle donne e delle bambine. Nel nostro programma ci sono workshop, campi sportivi per le ragazzine in cui teniamo anche corsi sulle interpretazioni liberali dell'Islam per dare a queste giovani gli strumenti per rispondere — con le armi della religione — alle imposizioni e difendere i propri diritti. Sarebbe bello se aderisse anche Malala (attivista pachistana vincitrice del Nobel per la pace, ndr)».
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