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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
18.08.2017 Strage a Barcellona: le radici dell'odio terrorista
Commento di Giordano Stabile, cronaca di Daniele Raineri

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Giordano Stabile - Daniele Raineri
Titolo: «Una cellula dal Maghreb per portare la Jihad nel cuore della Spagna - Attacco ai civili: tocca alla Spagna»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/08/2017, a pag. 5, con il titolo "Una cellula dal Maghreb per portare la Jihad nel cuore della Spagna", il commento di Giordano Stabile; dal FOGLIO, a pag. 1, con il titolo "Attacco ai civili: tocca alla Spagna", la cronaca di Daniele Raineri.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Una cellula dal Maghreb per portare la Jihad nel cuore della Spagna"

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Giordano Stabile

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Due fratelli di origine marocchina, Moussa e Driss Oukabir, forse un terzo uomo ancora in fuga. La cellula che ha colpito a Barcellona ieri aveva ancora contorni vaghi, qualche anomalia, ma un forte connotato maghrebino, lo stesso che caratterizza la galassia jihadista in Spagna. Gli Oukabir sono di Aghbala, un cittadina sull’Atlante, con residenza a Ripoll, in Catalogna. Il responsabile dell’attacco è forse Moussa, appena diciottenne, ma tutti e due erano da poco tornati dal Marocco.

Un dettaglio importante, per la propaganda islamista: partire dal Maghreb per colpire al cuore la Spagna ribadisce il legame fra il mondo musulmano e le terre che i jihadisti chiamano Andalus, il nome arabo dei loro secolari domini nella penisola iberica. La riconquista di Andalus è fra le “rivendicazioni” dell’Isis, fin dal 2014, e l’attacco di Barcellona è il primo riuscito in Spagna dal 2004, dopo quello nella stazione madrilena di Atocha. Ora, con la prima strage dell’Isis in terra spagnola, siamo di fronte a una staffetta fra le due più pericolose organizzazioni terroristiche, che rispecchia quella avvenuta negli ultimi quattro anni fra i jihadisti iberici.

L’Isis non è riuscito a replicare le dimensioni di Atocha ma l’attacco era pianificato, organizzato, lungo le linee guida dei “manuali” online. Istruzioni su come affittare e usare furgoni per far strage erano presenti sul numero 9 del mensile Rumiyah, uscito tre mesi fa, che incitava a “accoltellare gli infedeli, tagliargli le gole, mozzargli le teste, schiacciarli sotto i camion, e bruciarli vivi finché non pagheranno la jizyah e non saranno umiliati”. La presenza di complici conferma che siamo davanti a una cellula, non si sa quanto vasta, e non a un “lupo solitario”.

La Spagna era stata finora risparmiata, ma non per questo era fuori dal mirino dell’Isis: almeno 40 cellule sono state smantellate dal 2013. Anche se non sono numerosi come i francesi, i foreign fighters spagnoli hanno cominciato a raggiungere la Siria già nel 2012, al ritmo di 30-40 all’anno, secondo il centro studi Cts Sentinel. In principio si uniscono alla branca siriana di Al-Qaeda, Al-Nusra, ma poi la maggior parte passa con l’Isis.

Fra il 2012 e il 2014 almeno 11 jihadisti partono da Ceuta, enclave spagnola sulla costa marocchina, altre decine da Melilla, la città di fronte a Gibilterra. Sono cittadine sulla costa africana con circa il 30 per cento di popolazione islamica, soggette a forti tensioni e a una propaganda martellante da parte delle cellule jihadiste marocchine e algerine. L’alta percentuale di soggetti provenienti da Ceuta e Melilla si conferma nelle statistiche, elaborate dal Combating terrorism center, che riguardano i 178 jihadisti arrestati in Spagna fra il 2013 e il 2016: il 32 per cento proviene dalle due enclave, il 20 per cento da Barcellona e dintorni. In questo campione di islamisti la componente maghrebina è elevata: il 42,7 per cento hanno nazionalità marocchina, contro il 41,5 di spagnoli, la metà sono immigrati di seconda generazione, il 40 per cento di prima generazione, il 10 convertiti.

A maggio è stata individuata una “cellula di collegamento” composta da tre sospetti terroristi. Uno è stato arrestato a Tangeri, gli altri due in Catalogna, marocchini attivi nel reclutamento di giovani da inviare a combattere in Siria. Ieri sera non era ancora chiaro se Driss Oukabir faccia davvero parte della cellula di Barcellona o sia stato tirato dentro dal fratello minore che ha usato i suoi documenti per affittare il furgone. Dal profilo Facebook emerge un personaggio confuso: si dà il nome di battaglia “Soprano” in onore della serie tv sulla Mafia, esalta la “Mafia del Maghreb”, posta immagini e video sugli scontri fra israeliani e palestinesi e denuncia lo stato “pietoso” in cui si trova “l’arabismo”.
L’Isis ha dato prova però di saper attirare nella rete jihadista giovani borderline, al confine fra delinquenza ed estremismo, come l’autore della strage di Nizza del 14 luglio scorso, il tunisino naturalizzato francese Mohamed Lahouaiej Bouhlel. Il fatto che nella rivendicazione lo Stato islamico parli di “soldati del califfato” è un segnale in codice per indicare un legame organico. Mosul è persa, Raqqa quasi, ma l’Isis può contare ancora su migliaia di combattenti europei e maghrebini per colpire l’Europa e prolungare la guerra all’Occidente.

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "Attacco ai civili: tocca alla Spagna"

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Daniele Raineri

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L'arma del massacro

Roma. L’attentatore ha usato la tattica del furgone noleggiato e lanciato sulla folla, già sperimentata da altri sette attentatori con successo nell’ultimo anno in Europa, per esempio a Nizza, a Stoccolma e tre volte a Londra. Secondo fonti ufficiali del governo spagnolo, ha fatto così tredici morti e una sessantina di feriti. Poi è fuggito a piedi e per due ore i siti di notizie hanno scritto che aveva preso in ostaggio i clienti dentro un ristorante turco – non sarebbe stata una sorpresa, perché le istruzioni che lo Stato islamico aveva fatto circolare all’inizio di maggio sul numero nove della sua rivista Rumiyah (Roma) dicono proprio questo: quando è possibile prendete gente in ostaggio, beninteso non per negoziare con la polizia ma per aumentare al massimo l’attenzione prima della carneficina finale. Ma non era vero nulla. La polizia spagnola ha smentito e al momento in cui questo giornale va in stampa ha soltanto detto di avere arrestato due uomini “collegati all’attacco” e di avere trovato un sospetto morto, dopo che aveva forzato un posto di blocco fuori Barcellona – non si sa se colpito dagli agenti. Il terrorista ha colpito a Barcellona, che secondo i dati delle forze di sicurezza è uno dei luoghi più a rischio della Spagna: dei 178 arrestati nel paese per estremismo islamico tra il 2013 e il 2016, quasi tutti appartengono soltanto a quattro province e Barcellona è la prima della lista, uno su cinque sta lì, e quasi sempre si tratta di gente che non è andata in Siria e in Iraq ma si è radicalizzata in casa. Questa volta l’identità del noleggiatore del furgone potrebbe raccontare una storia diversa, perché non è un locale ma un un uomo di origini arabe che viene da Marsiglia. Il bersaglio scelto è stato il più ovvio, la Rambla, che è un bersaglio pagante perché sempre affollata da civili disarmati ed è anche un luogo-simbolo in tutto il mondo.

Quando si dice “più a rischio”, però, bisogna considerare comunque che i circa duecento arresti per estremismo islamico sono un numero molto basso, in Inghilterra ci sono due arresti al giorno per lo stesso motivo e la polizia inglese non diffonde il numero esatto per non scatenare un effetto emulazione. Dopo la strage della stazione di Atocha a Madrid nel 2004, la Spagna era rimasta fuori dal ciclone che aveva investito i vicini, la Francia con le sue migliaia di foreign fighters partiti per Siria e Iraq e, appunto, la Gran Bretagna. Certo, ci sono stati casi di capi dello Stato islamico passati per la Spagna, uno di loro per esempio era Abu Jandal al Kuwaiti, uno dei più feroci comandanti militari dello Stato islamico, che cinque anni fa era in Spagna a studiare ed è stato ucciso da un bombardamento americano a gennaio vicino a Raqqa. Ma tutto sommato le cose andavano bene, considerato che nel luglio 2016 uno dei canali semiufficiali dello Stato islamico, al Wafa (che in arabo vuol dire: la fedeltà) aveva pubblicato un pamphlet per spiegare perché gli attacchi contro la Spagna sono giustificati. A differenza che in altri attacchi, lo Stato islamico ha rivendicato la sua responsabilità dopo soltanto quattro ore – a volte aspetta intere giornate, segno che forse c’erano contatti solidi. E usa la parola “soldati dello Stato islamico”, al plurale. Ma i sostenitori su internet avevano già cominciato a far circolare minacce scritte in spagnolo molto sgrammaticato, come per esempio: “Empiezamos ya de matar vosotros inosentes igual como vosotros goviernos estan matando nuestra inocentes”, “Cominciamo a uccidere i vostri innocenti come voi uccidete i nostri”, corredate da foto rubate dai media e poi modificate al computer con effettacci grossolani per renderle più spaventose.

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