Il re giordano è nudo
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Fin dal 1994, dal Primo Ministro d'Israele fino all’ultimo dei suoi funzionari, dal Comandante in capo fino agli ufficiali di ruolo inferiore, dal Mossad fino alla polizia attraverso lo Shin Bet, tutti hanno cantato lo stesso mantra di pace con la Giordania. Il ragionamento prevalente è che la pace con la Giordania sia la risorsa strategica più importante di Israele per i seguenti motivi:
1.Sicurezza: i 500 chilometri tra Israele e Giordania marcano il confine più lungo di Israele con un altro Paese, da Hamat Gader e dal fiume Yarmouk a Nord, fino ad Eilat a Sud. La Giordania assicura che il confine, per tutta la sua lunghezza, sia tranquillo e impedisce ai nemici di avvicinarsi e proseguire verso ovest per entrare in Israele. Se non fosse per la pace dichiarata tra i due Stati, Israele sarebbe costretto ad impegnare forze imponenti lungo il confine per proteggerlo da infiltrazioni nemiche. Israele vede la Giordania al suo Est come una zona di cuscinetto perché la Giordania stessa è una garanzia di sicurezza per Israele, tra lo Stato ebraico e il caos violento in Iraq, Siria e Iran. C'è una piena cooperazione tra gli eserciti giordano e israeliano, con visite di funzionari, scambio di informazioni e coordinamento delle attività lungo il confine, sulla base del fatto che i gruppi islamisti sono un nemico comune. In cambio, secondo indiscrezioni, Israele ha giocato un ruolo nella sorveglianza delle frontiere settentrionali e orientali giordane durante gli anni 2014-16, il periodo in cui lo Stato Islamico costituiva una grave minaccia per la Giordania.
2. La Giordania è stata la seconda nazione araba ad aver firmato un trattato di pace con Israele, dimostrando che Israele può essere accettato in Medio Oriente come un Paese sostenibile con cui gli antichi nemici possono fare la pace. Ciò è avvenuto nonostante che, al vertice arabo di Khartoum nell’agosto del 1967, si fosse dichiarato che le nazioni arabe non avrebbero mai riconosciuto Israele , non avrebbero mai negoziato con Israele e non avrebbero mai fatto pace con Israele. Il re Hussein di Giordania era stato coinvolto in queste decisioni, tuttavia ha continuato a negoziare con Israele, lo ha riconosciuto e ha firmato un trattato di pace, come fece l'Egitto prima di lui. La conclusione è che qualsiasi nazione araba potrebbe fare la pace con Israele, ecco perché la pace con la Giordania è così importante.
3. Vi è una vasta gamma di rapporti di cooperazione tra Israele e Giordania, soprattutto nella sfera economica. In particolare:
a. Israele ha un contratto multi-miliardario in dollari con la Giordania, a cui vende gas estratto dai giacimenti israeliani nel Mar Mediterraneo;
b. Israele ha riconosciuto delle "Zone Industriali Qualificate" in cui sono investiti fondi israeliani, sono impiegati lavoratori giordani e gli americani sono gli acquirenti, offrendo così lavoro a migliaia di famiglie giordane;
c. le collaborazioni per il “Water Canal ( progetto approvato con fondi della Banca Mondiale, di Israele e Giordania per portare acqua salata dal Mar Rosso al Mar Morto n.d.t. ), il turismo, l’aviazione, il commercio e il mondo accademico: migliaia di studenti arabi israeliani frequentano le università giordane e i loro diplomi sono riconosciuti in Israele. In cambio del riconoscimento, Israele aveva concesso al Regno hashemita, e in particolare al suo re, uno status speciale nei luoghi sacri per l’Islam a Gerusalemme, in particolare la moschea di Al Aqsa, dando allora ad Hussein ed oggi a suo figlio Abdullah, un significativo riconoscimento per ottenere l’approvazione nel mondo islamico .
Questo marchio di approvazione è particolarmente importante perché concede al Regno hashemita una legittimità fondamentale. Infatti la maggioranza dei palestinesi giordani e persino alcuni gruppi beduini, mettono in dubbio la legittimità degli Hashemiti, poiché questi non sono di origini giordane, dato che provengono dalla parte occidentale della penisola araba, l’Hijaz, dove si trovano le due città sacre per l’Islam, Mecca e Medina. Erano stati gli inglesi ad aver concesso l'Emirato Transgiordano ad Abdullah I, bisnonno dell’odierno Abdullah II : ecco perché quest’ultimo è percepito come un estraneo ed è messa in dubbio la legittimità del suo governo, ma lo status speciale di al Aqsa era destinato a conferirgli legittimità, stabilizzando il suo regime, e così il re paga gli stipendi a centinaia di funzionari del Waqf a Gerusalemme.
Un altro impegno che Israele si era assunto è il trasferimento di 50 milioni di metri cubi di acqua potabile alla Giordania ogni anno. Il progetto era quello di portare l’acqua dal Mare di Galilea, ma la siccità degli ultimi anni ha abbassato il livello del lago, quindi Israele ha supplito con acqua di mare desalinizzata, molto più costosa. L'agricoltura giordana nella valle del Giordano è resa possibile, in parte, grazie a quest’acqua fornita da Israele. Tutti questi punti fin qui esposti, forniscono a Israele la sensazione che l'accordo di pace con la Giordania sia un successo, certamente più efficace di quello con l'Egitto, con cui c'è minore cooperazione in materia di sicurezza. Il prezzo che Israele sta pagando per la pace - garantire lo status di Giordania a Gerusalemme e il trasferimento dell’acqua - non è troppo alto, Israele è in grado di sopportarlo, in cambio del presupposto che la pace con la Giordania è di fondamentale importanza per gli interessi israeliani. Pertanto tutte le forze del governo israeliano sono unite per sostenere il mantenimento della pace con la Giordania a tutti i costi. Dove abbiamo sbagliato? Il primo e principale punto è che Israele ignora che l'accordo di pace è totalmente dipendente dalla continuità della dinastia illegittima degli Hashemiti.
Re Abdullah II di Giordania
Nel 1994 c’era Hussein, oggi c’è Abdullah II, ma il futuro è incerto, perché in Giordania e non solo, sono in molti a credere che Abdullah sarà l’ ultimo monarca hashemita. Cosa succederà dopo di lui? Ci sono diverse risposte possibili a questa domanda, che vanno da un colpo di stato militare di beduini locali che governeranno le varie popolazioni, ad una guerra civile che condurrebbe il Paese a dividersi in due, con da una parte la Giordania e dall’altra uno Stato palestinese, al governo della parte nordoccidentale del Paese, dove già oggi vive una forte maggioranza araba palestinese. Non è un segreto che la maggioranza palestinese in Giordania si oppone al trattato di pace con Israele. Una ragione è che il trattato prevede il riconoscimento di Israele, un altra è il fatto che non include il cosiddetto “diritto al ritorno” dei rifugiati del 1948 all'interno delle frontiere israeliane, compresa la compensazione dei beni che hanno abbandonato e degli anni di sofferenza che hanno subìto nei campi profughi.
La maggioranza palestinese in Giordania non sente alcun impegno per l'accordo di pace; fu firmato da Re Hussein, non da loro. Per questa ragione, la maggior parte delle associazioni professionali in Giordania - avvocati, giornalisti, medici ecc. - non permette ai loro membri di collaborare con gli israeliani. La maggior parte sono arabi palestinesi che vedono l'accordo di pace come risultato del tradimento della loro causa da parte del re. L'accordo di pace su cui Israele e Giordania hanno posto la firma e tutto ciò che Israele ha pagato, sta pagando ed è disposto a pagare per conservare e custodire quella pace, sarà del tutto inutile il giorno in cui una ribellione colpirà il re, o qualche assassino o bomba suicida riuscirà a ucciderlo. Il castello di carte che Israele ha costruito attorno a lui, crollerà all’istante, e l'accordo di pace e tutti gli altri sottoscritti in seguito, diventeranno memorie meravigliose del passato.
Chiunque prenderà il posto del re, si aspetterà che Israele paghi ancora di più di quello che aveva pagato in origine, cioè l’unità del paese. Se questo nuovo leader sarà un arabo palestinese, il prezzo comporterà il ritorno di un numero significativo di rifugiati del 1948 nello Stato di Israele, non nello stato palestinese che potrebbe esistere da allora. Il re sa bene che la possibilità di essere assassinato da un arabo palestinese, come fu per il suo bisnonno nel 1951 a Gerusalemme, non è inverosimile. È per questo che le sue guardie del corpo armate non sono arabe, ma sono membri della minoranza etnica circassa che proviene dalla regione della montagna caucasica e non ha mire sul trono, il che significa che non è sospettata di pianificare l’omicidio del re o di avvelenare il suo cibo.
La sfiducia del re nei confronti degli arabi palestinesi che compongono la maggioranza dei suoi sudditi, lo ha portato a tenerli fuori dalle forze armate, dalla polizia, dal ministero degli esteri e specialmente dalle organizzazioni di sicurezza interna e dall'intelligence. Ci sono molti arabi palestinesi nel governo e nel parlamento che servono da rappresentanza simbolica, ma la maggior parte di loro sa esattamente che cosa gli Hashemiti pensano della maggioranza dei cittadini giordani, quelli che si definiscono palestinesi ( non si chiamano mai giordani, perché il termine è usato per i beduini che sono agricoltori e abitanti della città, considerati dai palestinesi come una classe inferiore). Gli arabi palestinesi in Giordania sono il motore economico del paese. Costituiscono la maggior parte dei commercianti, dei produttori, degli uomini d'affari, degli avvocati, dei ragionieri, degli accademici, dei giornalisti, delle personalità delle arti e dei media, e in genere evitano il contatto con Israele e con gli Israeliani. Esercitano un boicottaggio coerente e rigoroso verso Israele. Il re rispetta la loro posizione per due motivi: primo, perché non ha modo di imporre l’accordo di pace su di loro, secondo perché è abbastanza soddisfatto quando può dimostrare a Israele che l'accordo di pace non è mai sicuro a causa dell'opposizione palestinese, permettendogli di chiedere sempre di più a Israele, per tutelare i propri interessi e continuare a mantenersi al potere. Per Israele il costo dell'accordo di pace è proibitivo.
In primo luogo, Israele rispetta lo status che ha concesso alla Giordania di comandare a Gerusalemme, non esiste un precedente in tutto il mondo che uno Stato sovrano conceda ad un altro Paese diritti speciali nella sua capitale sul sito più sacro del proprio territorio. Nel 1994, quando venne deciso durante i colloqui di pace, Israele aveva fiducia di Hussein, che odiava Arafat e concordava con Israele che non avrebbe mai dovuto esserci uno Stato palestinese. Lo status che Israele gli aveva concesso sul Monte del Tempio era per impedire ad Arafat e al Movimento islamico, di impadronirsi del sito. Il re Abdullah II ha cambiato la politica giordana ed è un ardente sostenitore della creazione di uno Stato palestinese in Giudea e Samaria, che sarebbe in grado di incombere su Israele e minacciarlo con missili e mortai a corto raggio che possono colpire Dimona e Beer Sheva a Sud, e lungo la pianura litoranea Ashkelon, il porto di Ashdod, Tel Aviv, l'aeroporto Ben Gurion, Haifa e il suo porto ed infine Afula e Beit She'an. Le armi di lunga gittata minacciano già tutto il resto di Israele. Abdullah sta creando attivamente una minaccia strategica per lo Stato di Israele che sarà probabilmente governata da Hamas, che nella legislatura palestinese nel 2006 aveva già vinto la maggior parte dei seggi e condotto poi un’appropriazione violenta di Gaza nel 2007. Abdullah è d’accordo con quanto avvenuto a Gaza.
Il re Abdullah ha poi mostrato la sua ostilità verso Israele in due eventi recenti. Nel marzo scorso ha liberato il soldato giordano che, a sangue freddo, nel 1997 aveva assassinato sette ragazze di Beit Shemesh, mentre partecipavano ad una gita scolastica all'Isola della Pace (!!!) a Naharayim. Suo padre, il re Hussein, era venuto a fare una visita di condoglianze alle famiglie di Beit Shemesh, mentre suo figlio ha lasciato andare libero l'assassino. Quale prezzo ha pagato per questo schiaffo in faccia a Israele? Zero. Nulla. La Giordania agisce certamente contro Israele nei consessi internazionali, specialmente all’UNESCO e nel Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, due arene in cui costantemente si delegittima Israele. La Giordania incoraggia e spinge le decisioni che negano la tradizione ebraica a Gerusalemme, minando le fondamenta storiche e religiose per l'esistenza dello Stato ebraico, con lo scopo di diffondere nel mondo che l’esistenza di Israele è il risultato del colonialismo britannico, che deve essere annullato in modo che la “Palestina” sia restituita ai suoi "proprietari storici", i palestinesi. Abdullah, come gli arabi palestinesi, pensa che se riuscirà a togliere Gerusalemme dallo Stato d'Israele, la demoralizzazione che ne conseguirà, spingerà gli ebrei ad andarsene da Israele. L'istituzione di uno Stato arabo palestinese che minaccia la sicurezza di Israele e distrugge lo Stato ebraico è l'obiettivo strategico del re Abdullah, perché impedirà che uno Stato palestinese sorga in Giordania. Se sarà creato uno Stato palestinese sulle colline di Giudea e Samaria, il re si libererebbe di tutti i profughi palestinesi entrati in Giordania nella guerra del 1948, diventati ora circa un milione e mezzo, più centinaia di migliaia che sono entrate in Giordania negli ultimi settant'anni.
La pressione demografica nello Stato palestinese diventerà una azione terroristica che trasformerà la vita in Israele in un inferno, esattamente ciò che Abdullah vuole. Coordina le sue attività con Mahmoud Abbas e Hamas, puntando gli occhi sull'obiettivo principale: distruggere Israele per evitare che il Regno hashemita diventi una nazione di palestinesi. Faremo bene a ricordare quello che la maggior parte di noi ha dimenticato da tempo: lo sprovveduto gruppo di politici israeliani irresponsabili che hanno dato alla Giordania il suo status speciale incondizionato e illimitato in Gerusalemme, è lo stesso gruppo la cui politica idiota ha riportato il terrorista Arafat dal bidone della spazzatura dei politici in Tunisia e gli ha concesso una cosa molto vicina a uno Stato. Le stelle di questa costellazione comprendevano Shimon Peres, Yossi Beilin e Alon Liel, che hanno trascinato Yitzchak Rabin nella più pericolosa trappola politica, mettendo in pericolo la continuità dell’esistenza dello Stato d'Israele. Per concludere, la Giordania oggi, lavora senza sosta dietro la copertura del suo trattato di pace con Israele, per distruggere lo Stato ebraico e crearne al posto uno palestinese.
Quel che è peggio, è che Israele rifiuta di riconoscere la situazione e continua con la massima attenzione, a mantenere l'accordo sperando che la calma lungo il confine prevalga fino alle prossime elezioni. Ogni politico sa che se, durante il suo mandato, i rapporti con la Giordania peggiorano, i media - i nostri media superficiali, tendenziosi e di parte - lo accuseranno di essere la causa dell’annullamento dell'accordo, facendogli pagare il prezzo nel prossimo round di elezioni. Ecco perché i politici rafforzano la tattica della tranquillità temporanea, ignorando la minaccia strategica per l'esistenza stessa dello Stato, rappresentata dall'accordo di pace. Se i dirigenti di Israele si fossero sentiti minacciati dalle azioni di Abdullah, avrebbero fatto qualcosa per impedire le sue attività distruttive, abilmente travestite come cooperazione militare ed economica. Il problema è che, a loro avviso, i vantaggi tattici a breve termine sono preferibili al dover affrontare problemi strategici, che influenzano il lungo termine. Dobbiamo pagare un prezzo elevato per questo modo di gestire le cose da parte di chi ha nelle proprie mani il destino di Israele - come si può vedere dalla crisi “degli impianti di sicurezza metal detector” il mese scorso a Gerusalemme. Re Hussein era pienamente favorevole alla continuazione dell'esistenza di Israele e non metteva in dubbio lo status di Gerusalemme.
Ecco perché in generale la pace con lui era positiva. Suo figlio Abdullah ha cambiato la strategia di suo padre e lavora instancabilmente per creare uno Stato palestinese sulle rovine di quello ebraico distrutto. Ora che il programma nefasto di re Abdullah è stato rivelato, Israele deve ripensare il suo cammino con la Giordania e lavorare per creare uno Stato arabo palestinese in tutto o in parte della Giordania, in quanto la maggior parte di quei cittadini sono arabi palestinesi. L'alternativa è istituire uno Stato palestinese sul territorio israeliano con la sua capitale a Gerusalemme Est, un pericolo strategico per Israele. Non c'è alcun motivo per cui il popolo ebraico, che tornò alla sua terra dopo 2000 anni di esilio, debba pagare con la sua stessa esistenza, la sopravvivenza degli Hashemiti, portati dagli inglesi da Hijaz per governare la Giordania, il paese più artificiale del mondo.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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