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La Stampa Rassegna Stampa
15.08.2017 Groucho Marx, il comico che non smette di irridere il mondo
Recensione di Mirella Serri

Testata: La Stampa
Data: 15 agosto 2017
Pagina: 27
Autore: Mirella Serri
Titolo: «Groucho Marx, la sua ironia irride ancora il mondo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/08/2017, a pag. 27, con il titolo "Groucho Marx, la sua ironia irride ancora il mondo", la recensione di Mirella Serri.

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Mirella Serri

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Groucho Marx

Della mia cerimonia di bar mitzvah ricordo pochissimo… anche se… è il momento in cui un ragazzo diventa un uomo e in sinagoga fa un discorso ringraziando i genitori per averlo generato». Peccato, però, che in casa Marx, intesa come la famiglia di Groucho, Chico, Harpo, Gummo e Zeppo, nessuno sapesse buttar giù nemmeno quattro righe. E così la mamma «comprò un discorso già pronto per pochi centesimi»: lo ricorda il più celebre dei cinque fratelli, Julius Henry detto Groucho, ovvero brontolone, il quale peraltro sarebbe diventato una stella del cinema, del teatro, della radio e pure un famoso scrittore.

Sabato ricorrono i 40 anni dalla morte del comico dai baffoni e dalle sopracciglia dipinte e ritorna l’autobiografia Groucho e io, edita per la prima volta nel 1959, un «racconto», sostiene l’autore, che «è stato scritto nelle lunghe ore trascorse aspettando che mia moglie si vestisse per uscire. Se non si fosse vestita affatto questo libro non sarebbe mai stato scritto» (sarà ripubblicata a settembre da Adelphi, pp. 339, € 15,70).

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La copertina (Adelphi ed.)

Groucho, avendo abbandonato gli studi, per lungo tempo con la scrittura avrà poco a che fare: «Ho sempre rimpianto di aver interrotto la mia educazione in quinta elementare. È piuttosto dura quando ti trovi nel gran mondo… la padrona di casa potrebbe snocciolare teorie di Schopenhauer e Kafka. Tu al massimo potresti spingerti alla tabellina del sette».

Poi, però, divenuto un infaticabile autodidatta e gran lettore, con le sue molteplici capacità, che vanno dall’aspra critica a tutte le forme di potere e di violenza alla creazione di un nuovissimo stile recitativo connotato da comicità torrenziale, nonsense e calembours, eserciterà un’incredibile influenza sull’intellighentia europea e d’oltreoceano.

A individuare in lui un punto di riferimento culturale saranno Andy Wharol, Thomas S. Eliot (con cui ebbe un bellissimo carteggio), Ernst Lubitsch, René Clair e Federico Fellini che lo avrebbero voluto nei loro film, Jack Kerouac, Roman Jakobson (saltava le lezioni accademiche per andare a vederlo al cinema), Antonin Artaud, Eugène Ionesco, Mel Brooks, Bette Davis e Robert Redford. Per arrivare a Roberto Benigni che, sulla scena, ne riproduce l’ampia e teatrale falcata.

Groucho, con il suo humour indignato e sarcastico, da vero «musone» come voleva il suo soprannome, mette alla berlina politici corrotti, legulei imbroglioni, accademici prepotenti e truffaldini e pure i potenti della terra, come Adolf Hitler a cui dedicherà La guerra lampo dei fratelli Marx, film che quando uscì nel 1933 sarà proibito in Germania e in Italia. Lo stile-Groucho ammalierà pure gli studenti francesi, i quali nel 1968 scrivevano sui muri di Parigi «Je suis Marxiste, tendance Groucho»: con l’umorismo ebraico, che era come diceva Freud autocritico e scarsamente consolatorio, diventerà il prototipo di un intellettuale «assolutamente moderno». Destinato a durare nel tempo perché non risparmia nessuna categoria e nessun ceto sociale, dai più abbienti ai più poveri compresa la sua squattrinata famiglia sempre in cerca di espedienti per sopravvivere. «Che papà fosse un sarto era un’idea condivisa soltanto da lui. Ai suoi clienti era noto come “Sam lo spostato”», così narra le peripezie di suo padre, un artigiano che sfornava pantaloni storti e giacche sbrindellate. Lui stesso si autorappresentava come «un intoppo nell’ingranaggio dell’universo. Non potevo neanche guardarmi in faccia. Non avevo i soldi per comprarmi uno specchio»; si descriveva come un attore assai disgraziato: «Io e i miei fratelli ci arrabattammo anni prima di arrivare. Lavoravamo in cittaduzze dove oggi rifiuterei di essere sepolto, anche se il funerale fosse gratis e in più mi regalassero la lapide».

I suoi guadagni furono veramente ingenti, eppure, sempre in nome di una comicità che non fa sconti a nessuno, Groucho parlava di sé come un incapace e come uno sprovveduto nel momento in cui avrebbe dovuto essere più accorto, durante la crisi del ‘29: «Certi miei conoscenti persero milioni. Io fui più fortunato: persi solo duecentoquarantamila dollari (ossia centoventi settimane di lavoro a duemila a settimana). Avrei perso di più, ma quelli erano tutti i soldi che avevo».

Era stata mamma Minnie, sempre allegra e solare, a procurare a Groucho uno dei primi ingaggi e a spedirlo nella compagnia di un’attrice londinese che poi scappò con l’incasso. Sempre la madre aiutò poi Groucho, il brutto anatroccolo dei teatri di provincia, a diventare il cigno di Broadway. L’esordio di Groucho nel mondo della celluloide sarà nel 1929 con Noci di cocco, uno dei primi film sonori che guadagnerà la pazzesca cifra di due milioni di dollari, a cui seguirono tanti altri successi, da Animal Crackers a Monkey Business (Quattro folli in alto mare) e Horse Feathers (I fratelli Marx al college).

Quasi per uno scherzo del destino, la scomparsa di Groucho avverrà sottotono e sarà oscurata dalla morte di Elvis Presley verificatasi tre giorni prima (il 16 agosto 1977). Ma la sua fama non era destinata a sparire: come ha detto Woody Allen, paragonandolo a Picasso e a Stravinskij, Groucho è un artista in grado di conquistare il pubblico «anche tra mille anni».

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