IC7 - Il commento di Dario Peirone
Dal 6 al 12 agosto 2017
La nuova strategia per l’innovazione del governo israeliano
Un sistema economico di tipo socialista, con più della metà dell’economia nelle mani dello stato, alta inflazione e poco mercato di beni, servizi e capitali. Di che paese si parla? Potrà sembrare strano, ma si tratta proprio di Israele. Fino agli anni ’80 la situazione era esattamente in questi termini. Cosa è accaduto per far nascere la Startup Nation? Molte risposte si possono trovare guardando la storia dell’ufficio del Capo Scientifico, o Chief Scientist (OCS), presso il Ministero dell’Economia. L’OCS è stato costituito nel 1974 per contribuire a stimolare il settore privato ad investire nell’economia israeliana. Di fatto, si doveva creare un mercato. Ma la vera scommessa, per far sì che il mercato funzionasse, fu di creare l’ecosistema.
Creare un ecosistema imprenditoriale dell’innovazione tecnologica è costoso e rischioso. Per questo il caso israeliano è studiato a livello mondiale, perché pochi riescono a vincere questa scommessa o hanno il coraggio di investirci fino in fondo. La missione dell’OCS fino agli anni '90 è stata proprio la creazione di un ecosistema competitivo a livello internazionale. Non c'era alcun capitale di rischio, ed ecco il programma Yozma. C'erano poche imprese, ed ecco il programma degli incubatori. L'OCS ha aiutato gli investitori del settore privato ad entrare nel mercato accettando di garantire i loro investimenti, mettendo in larga parte il rischio sulle proprie spalle. L'intuizione fu di non andare a scegliere le migliori aziende, ma di contribuire a creare un ambiente dove gli investitori avrebbero potuto trovare promettenti giovani imprese e sentirsi sicuri di poter ottenere un ritorno dai loro investimenti. Ha funzionato, sia per gli investitori che per lo stato. Oggi Israele è, tra i paesi OCSE, quello con il più alto livello di spese in ricerca e sviluppo rispetto alla dimensione della sua economia. Ma questo denaro non viene dal governo, bensì in stragrande maggioranza dal settore privato. Per questo la missione dell’OCS dei prossimi anni non potrà che essere quella di non far diminuire l’interesse (e la convenienza) degli investitori a finanziare l’innovazione israeliana.
Il Chief Scientist ed il suo braccio operativo Matimop hanno contribuito a fondi d'investimento, hanno dato incentivi alla ricerca, hanno finanziato incubatori e accordi di Ricerca & Sviluppo (R&S) con quasi tutti i paesi avanzati. Ma oggi questo non basta più. La concorrenza è sempre maggiore (tutti i governi dei paesi sviluppati hanno capito l’importanza dell’innovazione nella crescita economica) ed il mondo cambia sempre più velocemente: differenti esigenze tecnologiche, dipendenza dai mercati esteri di destinazione e fonti di finanziamento vulnerabili alle fluttuazioni del mercato mondiale. In un tale contesto, il sostegno pubblico è fondamentale per aiutare l'industria hi-tech israeliana a mantenere il suo vantaggio competitivo. In questo un ecosistema leader si differenzia da un ecosistema follower: il primo si mette sempre e comunque in discussione, soprattutto quando ha successo.
Per capire come mantenere Israele tra i paesi leader, nel 2015 l'OCS ha condotto uno studio di 32 ecosistemi a livello mondiale, analizzandone oltre 200 attributi diversi, concludendo che era urgente e necessario un aggiornamento della struttura istituzionale dedicata all’innovazione. Nel 2016 è nata l’Autorità nazionale per la tecnologia e l'innovazione, o Israel Innovation Authority (http://www.matimop.org.il/), strutturata come un soggetto privato. Ha un direttore generale nel ruolo dell'amministratore delegato, un presidente del consiglio di amministrazione (il Chief Scientist) e un consiglio costituito da rappresentanti del governo e dagli esperti del settore. L’Israel Innovation Authority consiglia Governo e Parlamento sulle politiche per l'innovazione in Israele e inoltre controlla e analizza le dinamiche dell’innovazione a livello globale. Per affrontare rapidamente ed efficacemente le nuove esigenze e le sfide in rapida evoluzione deve essere un soggetto flessibile, così da consentire risposte rapide, restrizioni minime e nuovi sistemi di supporto (ad esempio, sono previsti nuovi programmi creativi di prestiti, garanzie, fondi e strumenti finanziari). Questo approccio strategico è sviluppato attraverso una serie di divisioni, ognuna focalizzata su un ambito specifico, allo scopo di sviluppare e fornire soluzioni dedicate alle sfide loro associate:
• Divisione Startup (gestisce i programmi degli Incubatori tecnologici, fase iniziale e Tnufa)
• Divisione Crescita (gestisce i Fondi R & S)
• Divisione Infrastrutture Tecnologiche (gestisce i programmi KAMIN, MAGNET, MAGNETON, NOFAR, MEIMAD)
• Divisione Manufacturing avanzato
• Divisione Collaborazioni Internazionali
• Divisione delle sfide sociali
Avi Hasson
L’attuale Chief Scientist, Avi Hasson, ha guidato questa transizione. Per lui l’obiettivo dell’ultima divisione menzionata qui sopra è la vera sfida dei prossimi anni: collegare le varie parti dell'economia e della società israeliana al motore hi-tech ed innovativo di Israele. Da questa nuova struttura emerge chiaramente la diversità degli obiettivi che ora competono alla Israel Innovation Authority, rispetto al focus su venture capital e R&D che c’era fino a ieri. Per dirla con Hasson: "Avevamo 40 tipi di martello, ma a volte ti serve un cacciavite". La flessibilità negli strumenti diventa necessaria perché, ad esempio, l'obiettivo di integrare più cittadini arabi nel mondo hi-tech è molto diverso da quello di accrescere la cooperazione con la Cina o da quello di aiutare le imprese ad integrare alta tecnologia nei loro sistemi produttivi. Per affrontare queste sfide, il modello israeliano è proprio quello discusso e analizzato da economisti come Mariana Mazzucato: lo stato innovatore, nel senso “Schumpeteriano” del termine. Secondo Hasson, la cosa più importante che un governo può fare per l’innovazione è aiutare il settore privato a rischiare. "A differenza degli investitori o delle imprese, noi utilizziamo i fallimenti. Se una impresa fallisce e dalla sua esperienza e competenze emergono quattro nuove aziende di talento, come governo abbiamo avuto un ritorno positivo. Quindi possiamo e dobbiamo prendere più rischio ".
Una vera e propria garanzia pubblica sulla “distruzione creativa”. Questo, spiega Hasson, attrae molto denaro privato. Infatti, nuovi strumenti finanziari per investire nelle startup israeliane stanno per essere lanciati sul mercato. È del mese scorso la notizia che il Ministero delle Finanze ha lanciato una gara d’appalto per la selezione dei gestori per nuovi fondi che investiranno in imprese ad alta tecnologia. I fondi saranno quotati alla Borsa di Tel Aviv (TASE), mentre lo Stato fornirà sia la protezione contro le potenziali perdite degli investitori sia le garanzie per moltiplicare i fondi. Quattro gestori di fondi comuni che soddisfano le condizioni di gara saranno selezionati nell'offerta. Quote di fondi per almeno 400 milioni di NIS (shekel) saranno quotati sul TASE.
La maggior parte del capitale attualmente investito in startup hi-tech Israeliane proviene dall’estero e gran parte delle startup vengono acquisite da società straniere quando sono ancora in stadi relativamente precoci del loro sviluppo. Risulta quindi molto difficile per gli investitori di borsa (ad esempio, tipicamente i fondi pensione) trarre profitto dal mondo delle startup. I nuovi fondi combineranno investimenti in società tecnologiche già quotate in borsa con almeno il 30% di investimenti in start-up. Ciò consentirà agli investitori nel mercato israeliano dei capitali di trarre vantaggio dal potenziale guadagno derivante dall’ecosistema delle startup, attraverso una modalità relativamente sicura grazie alla partecipazione statale a eventuali perdite. Lo Stato assegnerà 50 milioni di NIS a garanzia, per ogni fondo che soddisfa le condizioni di gara. Il nuovo corso dell’innovazione in Israele è quindi cominciato. Secondo il Chief Scientist Hasson, “ogni shekel che il governo investe in innovazione e ricerca, finisce per avere un rendimento di cinque o dieci volte per l’economia nel suo complesso. Credo davvero che, per un governo, non esista miglior investimento”.
Dario Peirone, Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese - Dipartimento di Economia e Statistica, Università di Torino