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Il retroterra delle donne palestinesi che si fanno esplodere Manfred Gerstenfeld intervista Rachel Avraham (Traduzione di Angelo Pezzana)
Rachel Avraham nasce a Washington D.C. e vive in Israele dal 2009. Laureata alla Università del Maryland in scienze politiche, ha poi sviluppato la sua tesi sul Medio Oriente alla Università Ben-Gurion, divenuta un libro dal titolo “Donne e Jihad”. È analista e ricercatrice presso il the Center for Near East Policy Research e corrispondente della Israel Resource News Agency. “La prima donna palestinese suicida è stata Wafa Idris, che si fece esplodere a Gerusalemme nel 2002 durante la seconda intifada. Uccise un uomo ferendone 100. Prima di lei, diverse donne palestinesi hanno partecipato a atti terroristici contro Israele. Leila Khaled faceva parte di un gruppo che dirottò un aereo nel 1969. Dalal Mughrabi è stata uno dei terroristi che nel 1978 sulla Costal Road hanno ucciso 38 civili israeliani, fra i quali 13 bambini”. Dopo la seconda intifada nel 2006, vi furono ancora due donne suicide, ma da lì in avanti i palestinesi scelsero altre tattiche per attaccare Israele”.
“In generale, nella tradizione culturale palestinese e musulmana, le donne vengono viste come coloro che sono all’origine della vita. Devono diventare mogli e madri, non combattenti. Nella prospettiva islamista, le donne devono sostenere i jihadisti allevando i figli affinchè diventino jihadisti e condurre gli affari famigliari quando gli uomini sono in guerra.. Lo statuto di Hamas scrive chiaramente che il posto più importante delle donne sono la casa e i figli, non imitare attività maschili o farsi saltare in aria”. “Eppure, i gruppi terroristi islamici hanno cominciato ad accettare donne suicide dopo aver capito quanto fossero utili per superare ostacoli strategici. Per questo Hamas ha accettato che Reem Riyashi, madre di due bambini, diventasse una suicida, anche se questa decisione ha causato molte controversie nel mondo arabo. In generale, però, la maggioranza delle donne suicide non sono sposate”.
“Durante la seconda intifada, le otto donne palestinesi che si sono fatte esplodere hanno causato moti morti e feriti. Nel 2003, la studentessa in legge Hanadi Jaradat si fece saltare in aria nel ristorante Maxim di Haifa, di proprietà araba. Vennero uccisi 20 civili, di cui quattro bambini e 51 feriti. Anche l’addetto alla sicurezza, un arabo israeliano, venne ucciso. I media si interessarono molto a Jaradat, perchè il fratello e il fidanzato, entrambi membri della jihad islamica, erano stati uccisi da Israele. Nel popolare programma TV americano Nightline le donne palestinesi intervistate dissero che lei era piuttosto una vittima, non le persone che aveva ucciso.” “Alcune ricerche hanno rivelato che le donne suicide ricevono l’attenzione dei media otto volte in più dei terroristi uomini. In più è anche una pubblicità in genere più positiva di quella che ricevono gli uomini. I media occidentali includono le vittime israeliane, anche i bambini, nella categoria dei ‘cattivi’. Le motivazioni che hanno indotto le palestinesi a farsi esplodere nella seconda intifada sono varie. 5 su 8 per ragioni nazionalistiche, alter perchè non hanno figli o sono divorziate, o hanno per compagno qualcuno che terrorista lo è già, oppure hanno un amante, persino se hanno subito uno stupro o sono state disonorate per aver baciato un uomo in pubblico. 4 donne suicide erano già coinvolte in gruppi terroristici o ne erano già coinvolti dei famigliari”. “La deputata Anat Berko ha intervistato molte donne palestinesi coinvolte in attività terroristiche. L’ha raccontato nel libro The Path to Paradise, le cui conclusioni confermano i motivi religiosi e nazionalistici alla base di questa scelta. Messi insieme diventano un terreno fertile per il terrorismo. Altri motivi sono la voglia di vendetta per qualche parente ucciso, odio per gli ebrei la ripugnanza verso il mondo occidentale. Altri ancora fanno rifermento alla sotto cultura terrorista dei detenuti palestinesi nelle prigioni israeliane.” “I media arabi glorificano de donne palestinesi che si fanno esplodere. Wafa Idris è stata paragonata a Monna Lisa, Gesù Cristo, Khadjia-la prima moglie del Profeta Maometto- e a Giovanna d’Arco. Nel 2002, alcuni media americani hanno giustificato le azioni che hanno spinto le donne a farsi esplodere, quali rimostranze delle lotte palestinesi. Raramente le hanno criticate”. “Le donne che hanno partecipato ai recenti attacchi nell’intifada dei coltelli credevano che sarebbe stato possibile accoltellare qualcuno e uscirne vivi. Una dinamica differente dalle altre motivazioni.” “Donne suicide esistono anche in altri paesi, come Siria e Iraq, o nel partito PKK kurdo in Turchia e in Cecenia. Anche le Tigri Tamil nello Sri Lanka erano tristemente famose per questo uso. Pure Isis ha usato le donne per non sottostare alle misure di sicurezza, magrado vi siano state all’inizio pareri contrari che si richiamavano al tema della modestia.” Avraham conclude: “Nessuna donna che scelga il terrorismo è una persona ordinaria, perché queste donne non confermano le aspettative che la società ha nei loro confronti. Invece di diventare mogli e madri, affrontano l’ attività maschile rappresentata dalla lotta contro Israele. Interagiscono con gli uomini, come tirocinio di formazione, infrangendo così il codice d’onore arabo. E se falliscono nel tentativo di farsi esplodere, sono considerate una vergogna nella loro società, perché hanno fallito sia come donne tout court che come martiri”.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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