Riprendiamo da LIBERO di oggi, 098/2017 a pag. 15, con il titolo "L'Isis è circondata a Raqqa ", la cronaca di Mirko Molteni.
Mirko Molteni
Raqqa
Dopo che in Iraq è stata liberata nelle scorse settimane quella che poteva essere considerata capitale «economica» del califfato dell'Isis, ossia Mosul, in Siria è in queste ore sempre più nel mirino la capitale «politica» del territorio jihadista a cavallo fra le due nazioni, Raqqa. La città è praticamente circondata e sottoposta alla duplice pressione delle forze democratiche curdo-siriane appoggiate da commandos americani sul fronte di terra, nonché ai bombardamenti aerei dell'aviazione americana e degli alleati della coalizione internazionale. Mustafa Bali, portavoce delle Syrian Democratic Forces, ha già spiegato al Washington Post.
«La battaglia per Raqqa è completamente diversa da qualsiasi altra battaglia combattuta finora. L'Isis ora sta difendendo la propria capitale. Raqqa è completamente circondata e i jihadisti stanno combattendo fino alla morte». Anche se le milizie curdo-arabe, dopo aver liberato di slancio un 20% della città, hanno visto rallentare la loro avanzata nei quartieri centrali di Raqqa, proprio la disperazione dell'Isis nel difendere ogni metro, ogni anfratto, ogni spigolo di un palazzo, è indice che le cose si mettono male per i terroristi. Ieri gli scontri più duri si sono concentrati nel quartiere di Hisham Bin Abdelmalek, dove almeno 5 terroristi sono stati uccisi in poche ore. Non serve dunque a nulla l'aberrante tattica del califfato di usare i civili, anche donne e bambini, come scudi umani, come segnalato dall'Osservatorio siriano sui diritti umani e anche dal colonnello americano Ryan Dillon del Pentagono, tanto che dall'inizio di giugno sono morti a Raqqa, per certo, almeno 100 bambini, su un totale di 340 civili, perché obbligati a esporsi sotto i raid aerei.
Nella sola giornata di ieri la coalizione a guida americana ha eseguito 25 missioni aeree in cui sono state distrutte 17 «unità tattiche» dell'Isis, ovvero plotoni o reggimenti, e 37 «postazioni di combattimento», che può significare fortini, casematte, trincee. In altri 4 raid, le bombe dei caccia supersonici F-16 hanno distrutto ad Abu Kamal e Deir ez Zor una fabbrica di anni e un deposito di munizioni. Sempre ieri, l'agenzia turca Anadolu ha segnalato che un convoglio di 112 tra camion e jeep americani ha traversato la frontiera fra Turchia e Siria consegnando rifornimenti ai curdi dell'Ypd, che contrastano l'Isis nella provincia di Hasakah, nonostante la mossa sia criticata dal governo di Ankara, notoriamente ostico verso i curdi. E l'ennesima misura seguita all'appoggio ufficiale alle forze curde che il presidente americano Donald Trump ha annunciato fin da maggio.
Intanto il governo di Damasco e i russi non stanno a guardare. Le truppe del presidente siriano Assad hanno ieri proseguito la loro offensiva ad Homs, uccidendo 17 terroristi grazie anche all'appoggio aereo dei caccia Sukhoi russi inviati dal presidente russo Putin alla base di Hmeimm, vicino Latakia. Le truppe di Assad attaccano anche gli altri ribelli antigovemativi a lobar, appena 2 km da Damasco, e in genere nella zona di Ghouta. Nelle stesse ore un portavoce dei ribelli moderati, Ahmad Asrawi, ha riconosciuto che «discutere ora se Assad se ne deve andare o no, è prematuro, prima bisogna negoziare».
Frasi caute in previsione delle prossime due sessioni di trattative sulla Siria, in programma a fine agosto ad Astana, in Kazakistan, e in settembre a Ginevra. Sul confine tra Siria e Libano, intanto, si muove anche l'esercito libanese, che ha lanciato poche ore fa un'operazione militare per liberare dalla presenza dell'Isis una fascia di territorio a ridosso della frontiera, nelle zone dell'altopiano di Arsal, di Al Qaa e Ras Baalbeck. Il via libera è venuto dal consiglio supremo di Difesa del governo di Beirut, guidato dal presidente Michel Aoun e dal premier Saad Hariri. Contemporaneamente, dal versante siriano del confine, le milizie sciite libanesi Hezbollah, colà schierate in alleanza con Assad, collaborano con Beirut prendendo tra due fuochi gli Isis sconfinati in Libano. E poiché il Pentagono ha confermato il suo appoggio tecnico, anche con forze speciali, all'esercito libanese, di fatto in questo momento gli Usa sono, in un certo senso, alleati anche con Hezbollah, contro il comune nemico Isis. Ciò però non piace a Israele, come il quotidiano ebraico Haaretz ha già lamentato.
Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante