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La Stampa Rassegna Stampa
02.08.2017 La nuova Francia di Macron e la Siria
Analisi di Laura Mirakian

Testata: La Stampa
Data: 02 agosto 2017
Pagina: 21
Autore: Laura Mirakian
Titolo: «Macron, l'opzione siriana per una Francia protagonista in Medio Oriente»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/08/2017, a pag.21, con il titolo "Macron, l'opzione siriana per una Francia protagonista in Medio Oriente" il commento di Laura Mirakian

Con la disinvoltura che abbiamo imparato a conoscere, Macron potrebbe ora avventurarsi in un altro scenario problematico, il Medio Oriente, con l'obiettivo primario di un «riordino» degli assetti in Siria. Questione di qualche settimana, utile a perfezionare intese già predisposte negli incontri con Trump il 13 luglio e con Putin il 29 maggio. La Siria non ha grandi riserve di idrocarburi, ma per qualche centinaio di miglia affaccia sul Mediterraneo e per un trentennio è stata dominio riservato della Francia, da quando nel 1916 il francese Picot si divise con il britannico Sykes le spoglie del morente Impero Ottomano. Hafez Al-Assad, padre di Bashar, era una creatura francese, per aver fatto carriera nell'Accademia militare dell'epoca coloniale fino ai massimi vertici. Parigi non gli ha mai perdonato di aver poi perseguito una strategia sganciata dalla potenza ex coloniale, preferendo rivolgersi all'Unione Sovietica e diversificando i commerci anche verso altri Paesi occidentali, ivi inclusa l'Italia. Che al volgere del 210 secolo aveva pareggiato se non superato l'interscambio siro-francese. Vani i tentativi di Sarkozy di recuperare il giovane Bashar, invitato a Parigi ancora nel dicembre 2010 per convincerlo alle riforme nonché a siglare qualche contratto poi rimasto sulla carta (metropolitana di Damasco, vendita di Airbus a Syrian Air e altro). Appena intuito che stava maturando una primavera araba siriana, Parigi ha quindi volentieri optato per un «regime change». Ospitando esuli abbienti, organizzando riunioni delle élites dell'opposizione, soprattutto marcando la sua presenza militare, nei cieli e sul terreno, nell'ambito della Coalizione a guida americana. Per poi virare da ultimo verso l'attenuazione dell'obiettivo, accomodandosi allo scenario geo-politico maturato in questi anni. «Assad non è nemico della Francia», ha dichiarato Macron, frase che ha coinciso con la sospensione, per molti versi cinica, degli aiuti americani all'opposizione moderata che erano legati all'ipotesi di «regime change». Realpolitik, non più difesa dei valori. La Francia starebbe ora pensando di sfruttare le circostanze, il sostanziale disinteresse di Trump e la ricerca di una exit strategy di Putin, per riprendersi quel ruolo di primaria influenza in Siria - e nel Mediterraneo orientale - che gli Assad le hanno a lungo negato. Come? Certo, puntando sul fattor comune della lotta all'Isis. Per il resto, Macron ha steso sulla scrivania la carta geografica del Paese, una mappa variegata a seconda di chi controlla determinate aree, e ha immaginato di promuovere un Gruppo di Contatto. La tentazione è una spartizione del Paese lungo linee corrispondenti alle aspettative dei protagonisti regionali-e-non che sostengono i combattimenti. E Parigi non esclude nemmeno un rafforzamento del proprio impegno militare, ben sapendo che in corso d'opera la pressione politica sulle parti in conflitto potrebbe non essere sufficiente e i contraccolpi dell'Isis non si faranno attendere. Un Gruppo di Contatto è un metodo, ancor prima che una soluzione. Un metodo già sperimentato a suo tempo in Bosnia, e peraltro l'unico possibile e necessario per fermare la mattanza. Chi scrive lo sta proponendo da anni e ha sperato che l'Italia prendesse l'iniziativa durante lo scorso semestre di Presidenza della Ue. Ma il formato cui penserebbero i francesi sarebbe invece composto dai 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, cui si aggiungerebbero Paesi del vicinato regionale. Si pub immaginare che la Germania venga associata, come da precedente per l'Iran, mentre sarebbe assente l'Europa. E l'Italia? Dovremmo noi farci carico di far valere la nostra presenza? E di sottolineare l'utilità di un partner che con tutti i protagonisti locali, regionali, internazionali ha un patrimonio di credibilità ed equilibrio? E l'opportunità di chiamare al tavolo l'Europa, che lo stesso Macron dice di voler valorizzare e che sta pagando e pagherà il conto finale? Meglio pensarci in tempo. Lo spirito di competizione della Francia nei confronti dell'Italia nel Mediterraneo è storica, e sappiamo che i risultati possono ripercuotersi pesantemente sugli interessi italiani. Almeno in questo caso, occorre che Parigi dia prova di saggezza e collaborazione, e che lo faccia al più presto.

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