Un docu-film su Auschwitz dovrebbe includere anche le famiglie delle guardie SS?
Commento di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
“ Se giro un docu-film su Auschwitz, devo raccontare anche le sofferenze vissute dalle famiglie delle guardie SS?”. È stata una delle domande poste dal regista Joachim Schroeder, autore del documentario “ Scelti & Esclusi, l’odio verso gli ebrei in Europa”, una saga sull’antisemitismo europeo, dopo lo scandalo che ha rivelato come il 41% dei tedeschi ritiene che Israele di comporta con i palestinesi come i nazisti avevano fatto con gli ebrei.
Questo film diretto da Schroeder and Sophie Hafner, era nato da una proposta della Rete Pubblica TV Arte, di proprietà franco-tedesca. La rete tedesca regionale WDR – appartenente al gruppo ARD – aveva collaborato con i registi alla realizzazione.
La WDR l’accettò senza obiezioni. Non così Arte, che si rifiutò di trasmetterla, con spiegazioni poco chiare.
A quel punto la BILD, il quotidiano tedesco più diffuso, mise online per 24 ore il film, anche non ne aveva avuto autorizzazione.
ARD rispose mandando in onda una versione ridotta, contenente molte critiche per supposti errori contenuti nel film. Un atto senza precedenti, da parte di un produttore che invece aveva il dovere morale di proiettarlo integralmente.
Critiche, quelle della WDR, prive di ogni senso, molte altre smentibili.
L’Ong israeliana NGO Monitor dichiarò diffamatoria questa operazione da parte di WDR.
I registi non lasciarono cadere l’accusa di diffamazione e censura del loro film. Schroeder venne intervistato in Inghilterra e Usa prima della proiezione su ARD. Dopo, diede una intervista alla rete tedesca “Achse des Guten” ( L’Asse del Bene).
Le sue argomentazioni interessano non soltanto il pubblico Tedesco, in quando rivelano come alcuni media cercano di nascondere degli aspetti chiave dell’antisemitismo europeo.
Schroeder rivelò di avere negoziato per un anno con Arte prima di realizzare il documentario. “ Disse di avere faticato nel proporre il progetto, avendone comunque dovuto riscrivere molte parti, secondo le istruzioni imposte dalla rete. Il direttore di Arte, che gli aveva dato l’incarico, gli disse che l’antisemitismo era un soggetto delicato, perché “la sua rete era stretta tra le due lobby musulmana ed ebrea”.
Schroeder scoprì che Arte di aveva affidato l’incarico con un solo voto di maggioranza, per cui avrebbe preferito che il documentario si occupasse dell’antisemitismo di destra, neo nazista e di Auschwitz. Così non avrebbe disturbato nessuno.
La produzione avrebbe invece preferito “ nascondere l’antisemitismo di sinistra divenuto ormai il più diffuso, come succede per l’antisemitismo islamico”, aggiunse Schroeder, le reti che avevano criticato il suo film, mandavano in onda contemporaneamente dozzine di trasmissioni totalmente anti-Israele e di propaganda palestinese, senza nessun intervento contrario.
Affermò anche che nei dirigenti della produzione vi era una totale assenza di empatia e senso di decenza su quanto preoccupa gli ebrei oggi.
La sua controparte a WDR era la prof.ssa Sabine Rollberg, che aveva realizzato molti altri documentari con la stessa azienda, molti dei quali premiati a festival internazionali. Schroeder le proiettò il documentario, che lei approvò senza alcuna obiezione, e i registi vennero regolarmente pagati. Schroeder seppe che Rollberg venne emarginata per avere accettato il documentario al punto che decise di chiedere il pre-pensionamento. Nemmeno lui venne informato da WDR quando decisero di mandarlo in onda censurato. Disse poi che ciò che li aveva irritati era l’avere citato il “cosiddetto pacifista” Abu Mazen per le accuse contro Iraele al Parlamento Europeo. Non va dimenticato che le false accuse nel Medioevo contro gli ebrei di avvelenare i pozzi dei cristiani finivano con dei massacri di massa. Abu Mazen ha in sostanza detto le stesse cose citando una falsa affermazione di un rabbino inestente inventato dai palestinesi.
PMW (Palestinian Media Watch) ha documentato come il tema classico dell’avvelenamento è una prassi abituale della propaganda della TV e dei leader palestinesi. Lo affronta anche Raphael Israeli nel suo libro “Poison; Modern Manifestations of a Blood Libel” del 2002.
Peter Grimm, che intervistò Schroeder su “Axis of the Good”, gli chiese se l’antisemitismo deve essere considerato neutrale, per non suscitare temi che potrebbero essere d’aiuto agli antisemiti. Aggiunse che pochi anni fa una domanda simile sarebbe stata giudicata assurda. Poi chiese: “ Oggi dovremmo citare i lati positive del nazionalsocialismo quando ne scriviamo?” Grimm concluse la sua introduzione all’intervista affermando che oggi chi prende posizione contro l’antisemitismo e gli antisemiti rischia grosso. Riassunse quanto avvenuto dicendo che i registi erano stati attaccati proprio da chi gli aveva conferito l’incarico. Concludendo: “ E’ questo il nuovo modo di affrontare l’antisemitismo in Germania?”
Ne riparleremo sicuramente ancora quando sarà pronta l’edizione in lingua inglese.
Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs.
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