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Informazione Corretta Rassegna Stampa
25.07.2017 'In bilico', di Aldo Zargani
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 25 luglio 2017
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «'In bilico', di Aldo Zargani»

'In bilico', di Aldo Zargani
Recensione di Giorgia Greco

Risultati immagini per In bilico zargani
La copertina (Marsilio ed.)

“Penso di non poter smettere di essere un ebreo. Sebbene sia difficile dire che cosa sia un ebreo. Non è una parola, è una condizione che richiama un senso di alterità e di vuoto” (A.Z.)

Piccoli abbozzi dai colori intensi, frammenti di immagini nitide a comporre un album di ricordi: “In bilico” di Aldo Zargani è un libro folgorante che si legge d’un fiato. Una vita trascorsa come contabile per la RAI, Zargani nato a Torino nel 1933 da famiglia ebraica, è stato per molti anni testimone della Shoah nelle scuole fino a quando avvertendo “l’usura di certi discorsi e un senso inadeguato delle parole” decide di dedicarsi alla scrittura. Il suo primo libro ”Per violino solo. La mia infanzia nell’aldiqua” (Il Mulino), tradotto in molte lingue con successo di pubblico e di critica, è una storia struggente e delicata pervasa di saggezza e umorismo in cui Zargani ripercorre le traversie della sua famiglia in quei “sette anni di guai”, dal varo delle leggi razziali fasciste nel 1938 al 1945. Cadenzato fra commedia e tragedia il nuovo libro intitolato “In bilico” è una raccolta di testi imperdibile che conferma il talento dell’autore per la narrazione breve: sono racconti che descrivono una quotidianità in cui la Shoah e il nazismo entrano in una dimensione storica e familiare e dove trova albergo la speranza in un futuro migliore, non privo di contraddizioni profondamente umane.

Zargani con autentico virtuosismo descrittivo racconta la guerra, il fascismo, il razzismo in pagine di straordinaria intensità da cui spiccano, come gemme a primavera, personaggi esilaranti che catturano il lettore con le loro avventure comiche e a tratti grottesche.

La leggerezza della scrittura, il ritmo lieve e affabulatorio delle frasi non devono trarre in inganno perché non celano le persecuzioni sofferte dagli ebrei ma sono il modo che l’autore sceglie per affrontare e reagire all’ineluttabile realtà di vivere una storia tragica come quella della Shoah. Sin dall’inizio il lettore è consapevole di questo virtuosismo narrativo e si abbandona con autentico piacere alla lettura di racconti che vanno al di là dell’autobiografia per farsi portavoce di una memoria collettiva. C’è una vecchia signora di Berlino che sin dal 1945 si rifiuta di usare il tedesco e che non risparmia una reazione severa a una famigliola tedesca in vacanza nel suo albergo (“….sono di Berlino come voi, ma anche di Terezin, Auschwitz e Bergen-Belsen. Prego, tornate al vostro tavolo”); c’è un incontro drammatico prima del padre, musicista dell’orchestra della radio di Torino, sognatore e generoso, e poi dello stesso Zargani con Wilhelm Furtwangler, direttore d’orchestra colluso col nazismo, tornato in Italia per l’ultima volta nel 1954 per dirigere l’orchestra sinfonica della RAI; c’è il “bizzarro funerale” di una vecchia zia di Zargani nel cimitero ebraico di Torino che si trasforma in una esilarante avventura con cugini poco avvezzi alle tradizioni ebraiche e un rabbino guardiano intransigente delle regole; c’è la bambina nera, “dalla testina aguzza e le treccette nere a centinaia” che per spiegare il significato della parola nostalgia ricorda che “….il nonno prima di morire mi parlava sempre du vilage…”; c’è il viaggio a Lugano della famiglia Zargani in quel settembre del 1939, “mite, assolato e però un po’ triste” con la “grande speranza nel cuore” di un posto di lavoro per il padre licenziato a causa delle leggi razziali, raccontato attraverso le parole ingenue e allegre di un bimbo curioso di sei anni che non riesce a capacitarsi di ciò che sta accadendo attorno a lui; ci sono i giorni dell’ira e dello stupore che cominciano a circolare nell’estate del 1945 nella collettività superstite e che portano il piccolo Aldo, allora dodicenne, a frequentare il cinema Doria dove tutti i venerdì proiettano i documentari di Buchenwald con le impiccagioni dei responsabili, ma “l’ira non poteva essere una medicina occorreva la giustizia”.

Il tema della memoria, che ricorre costantemente nell’ebraismo, pervade ogni pagina del libro e attraverso l’intreccio di voci che alternano tragedia e commedia Aldo Zargani riesce, con magistrale arte narrativa, a ricondurci allo spirito di quegli anni per tramandare il ricordo delle persecuzioni naziste alle giovani generazioni affinchè l’oblio non scenda mai su quell’infamia della Storia.

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Giorgia Greco


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