Riprendiamo dal CORRIERE della SERA e dalla STAMPA due interviste, di Davide Frattini e di Francesca Paci
Corriere della Sera-Davide Frattini:" Arabi a Est sempre più conservatori e organizzati"
Ofer Zalzberg, International Crisis Group
Davide Frattini
L' International Crisis Group studia i conflitti in tutto il mondo e Ofer Zalzberg studia il conflitto che non finisce. Sul sito dell'organizzazione ha pubblicato una «guida» per tentare di capire una crisi complessa: la Spianata delle Moschee per i musulmani, Monte del Tempio per gli ebrei, smuove animosità antiche un paio di millenni.
I metal detector sono la risposta del governo israeliano all'attentato di venerdì scorso.
«L'attacco è avvenuto nonostante gli enormi sforzi per garantire la sicurezza, l'obiettivo del governo era impedire assalti simili. I palestinesi, i giordani e la maggior parte dei musulmani accusano Israele di essersi arrogata in modo unilaterale il diritto di regolare l'accesso. Netanyahu ha telefonato a re Abdallah e al presidente Abu Mazen per annunciare l'intenzione di installare i metal detector, non ha cercato né ricevuto il loro sostegno pubblico per l'iniziativa. Potrebbe aver interpretato la mancanza di un loro dissenso ufficiale come un via libera».
Fin dal primo giorno la protesta è stata guidata dai leader religiosi arabi.
«La rivolta evidenzia il fatto che i palestinesi di Gerusalemme stanno diventando sempre più conservatoritradizionalisti. Negli ultimi anni la partecipazione alle preghiere è molto cresciuta. La moschea Al Aqsa e altri luoghi sacri diventano simboli chiave per mobilitare la popolazione».
I manifestanti hanno scelto di pregare per strada, un boicottaggio dei metal detector.
«All'inizio hanno partecipato solo i fedeli più assidui, quelli che vanno ai riti non solo al venerdì. E la prima volta dai tempi della seconda intifada che gli arabi di Gerusalemme Est si organizzano in massa».
Quali le mosse possibili per ridurre le tensioni?
«I giordani, con l'accordo israeliano, dovrebbero spingere perché le assemblee del Waqf, l'organismo che amministra la Spianata, vengano allargate ai leader locali. Potrebbe servire per coinvolgere la popolazione e assicurarsi l'appoggio attorno a decisioni congiunte. La crisi ha già indebolito re Abdallah e Abu Mazen in favore di chi comanda per strada a Gerusalemme Est. E l'occasione per creare e legittimare un gruppo con i rappresentanti dei quartieri arabi che diventi garante di un eventuale compromesso».
La Stampa-Francesca Paci:" Il Medio Oriente è cambiato, Israele e i sunniti del Golfo insieme contro l'Iran sciita"
Yaakov Amidror, già consulente della sicurezza di Netanyahu
Francesca Paci
ROMA- I Paesi del Golfo non 1 possono permettersi di dirlo pubblicamente ma le relazioni con Israele sono cambiate, oggi fronteggiamo insieme le minacce comuni». A mettere nero su bianco la nuova stagione nei rapporti tra vecchi arci-nemici è Yaakov Amidror, ex consulente della sicurezza nazionale di Netanyahu e oggi analista tra i più ascoltati del Begin-Sadat Center for Strategic Studies. Secondo il quotidiano «Haaretz», dopo anni di colloqui mediati, il premier israeliano avrebbe visto il ministro degli Esteri emiratino Abdullah bin Zayed Al Nahyan nei 2012a New York. Amidror, seduto in un caffè romano, spiega i retroscena del dialogo segreto: «Non so se quell'incontro sia confermato, ma tutti i contatti rientrano nella stessa cornice di come cooperare in Medioriente».
Quando nasce la svolta d'Israele verso i Paesi arabi sunniti?
«Nel momento in cui, alcuni anni fa, il mondo sunnita capisce quanto il Medio Oriente sia mutato. Da un lato c'è la minaccia della minoranza sciita che sotto la spinta dell'Iran si è fatta più attiva e pressante. I sunniti sono oggi I sunniti sono deboli Sono divisi a differenza degli sciiti e hanno gli estremismi interni 9 Yaakov Amror ex consulente dellaid sicurezza di Netanyahu 5 israeliano avrebbe incontrato anni il ministro Secondo il degli esteri quotidiano degli Emirati israeliano Arabi Uniti Haaretz nel 2012 il premier in posizione di debolezza perché Teheran è la guida riconosciuta degli sciiti mentre loro non hanno una leadership comune. Dall'altro c'è il radicalismo salafita che, da al-Qaeda all'Iris ai Fratelli Musulmani, sfida da dentro i Paesi sunniti. Prima c'era l'America, ma Obama ha cambiato tutto e i sunniti sono rimasti soli. Cosi, cercando intorno, hanno visto Israele, forte, stabile, affidabile».
Hanno preso loro l'iniziativa?
«Un po'si, ma entrambi avevamo capito che era il momento giusto. All'inizio c'è stato un contatto a livello di ambasciatori. Poi si è saliti di rango. 11 percorso è stato agevole con la Giordania e l'Egitto, perché c'era già un canale aperto. Con gli altri, con cui non abbiamo rapporti diplomatici, è stata più dura, ma sia noi che loro sappiamo come fare. Oggi la collaborazione con il Cairo e Amman sulla lotta contro il terrorismo è la migliore di sempre e con il Golfo, nonostante tutto avvenga sotto il tavolo, le cose vanno bene. Sei mesi fa a Washington ero a un dibattito pubblico con l'ex capo dell'intelligence saudita». Come impatta su questo nuovo dialogo la crisi con il Qatar?
«Israele non ha rotto le relazioni con il Qatar. Ma non so cosa accadrà. È interesse nostro e di tutto il Medio Oriente che i sunniti parlino con una sola voce».
Vi fidate di autocrati di Paesi la cui pancia detesta Israele?
«Sappiamo che c'è un gap tra i leader sunniti e le piazze arabe, quei leader sono oggi prigionieri delle bugie con cui per decenni hanno alimentato la propaganda anti-israeliana. Per questo non rinunciamo al diritto e al bisogno di difenderci da soli. Ignoriamo come sarà il Medio Oriente tra 20 anni, vogliamo il dialogo ma anche nuovi F35».
Perché temete l'Iran più del wahhabismo o dell'Isis?
«II problema del wahhabismo come del salafismoe della Fratellanza esiste, tutti questi radicalismi vedono nell'Islam la soluzione. I leader del Golfo sanno di muoversi su un terreno delicato. Israele però non può precludersi una relazione con loro. Siamo circondati da Paesi in cui o ci sono dittature o voti democratici che incoronano i Fratelli Musulmani o l'Isis: che alternativa abbiamo? I sunniti non ci amano ma solo l'Iran dichiara di prepararsi a distruggerci, sta facendo di tutto, nucleare compreso. L'Isis, per criminale che sia, non ha alle spalle l'Iran come Hezbollah. Teheran ha inviato in Siria 120 mila missili di cui l'Isis, non avendo dietro uno Stato, non disporrà mai».
Ci sarà uno scontro con l'Iran?
«L'Iran oggi è forte, guadagna terreno in Siria e in Iraq, pensa a un corridoio verso il Mediterraneo e lo dice. Sarebbe auspicabile per Israele una mezzaluna sciita Teheran-Baghdad-Damasco-Beirut? E per i sunniti? La guerra è sempre più vicina».
Dove va il dialogo con i sunniti?
«E tutto aperto, dipende da loro. Israele è pronto ma la palla è nella loro metà campo».
E il negoziato con i palestinesi?
«L'ironia è che i palestinesi, avendo capito il quadro, alzano il prezzo e fanno peggio. Il fatto che i Paesi arabi pongano come pre-condizione la questione dei palestinesi rende questi ultimi più rivendicativi e meno dialoganti. Per quanto sembri una contraddizione, in questa stagione i negoziati sono in stallo».
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