Riprendiamo da FAMIGLIA CRISTIANA di oggi, 20/07/2017, a pag. 15, con il titolo "I cristiani non devono rinunciare a Gerusalemme", il commento di Andrea Riccardi.
Andrea Riccardi sostiene la centralità, da un punto di vista cristiano, di Gerusalemme, cosa naturalmente legittima. Invita inoltre i pellegrini cristiani a conoscere la realtà israeliana nella sua complessità, visitando anche luoghi come Yad Vashem, importanti per l'ebraismo e lo Stato di Israele. Nel finale, però, contraddice di fatto queste posizioni elogiando i francescani di "Terra Santa", che sono notoriamente i più accaniti critici di Israele all'interno del clero gerosolimitano. Perché Riccardi non riporta le posizioni dei francescani su Gerusalemme e Israele?
Ecco l'articolo:
Andrea Riccardi
Francescani e ebrei ultraortodossi a Gerusalemme
Nelle pagine finali dell'Apocalisse campeggia la visione della nuova Gerusalemme che scende dal cielo. È l'inizio di una grande pace: Dio viene ad abitare nella terra degli uomini. Eppure Gerusalemme è una città contesa. Ancora oggi non c'è pace, come si vede dai recenti attacchi terroristici. Lo Stato d'Israele festeggia cinquant'anni dalla proclamazione di Gerusalemme come capitale "unita e indivisibile" (dal 1967 controlla la parte orientale della città, prima della Giordania). Tuttavia la questione tra palestinesi e israeliani resta irrisolta: continua un conflitto che ha infiammato il mondo arabo e musulmano, il quale considera Gerusalemme una sua città santa. Qui i cristiani sono una piccola minoranza. Eppure la città significa molto per il mondo cristiano. Nel Novecento, il pellegrinaggio è divenuto un fatto di popolo. Alcuni cristiani si sono stabiliti nella città. La Terra Santa ricorda ai cristiani la storia d'Israele, quella dei Vangeli e della prima comunità. Vedere questa terra aiuta a rileggere le Scritture.
Eppure oggi Gerusalemme sembra un po' remota nell'orizzonte dei cristiani. Sono diminuiti i visitatori, forse per timore degli attentati. Ma c'è anche meno attrazione. Non siamo divenuti più provinciali e concentrati su noi stessi? La Terra Santa è invece una lezione a uscire dal proprio ambiente e confrontarsi con la complessità del mondo: memoria e attualità, genti e religioni diverse, conflitti. Visitando il memoriale della Shoah Yad Vashem si sente il dramma dell'ebraismo, il ritorno alla terra, il bisogno di sicurezza. Anzi, spiace che taluni pellegrinaggi cattolici non vadano a Yad Vashem. A Gerusalemme s'incontra il cristianesimo orientale, così sofferente in Medio Oriente. Qui sono le radici della nostra fede. Ritornare alle radici e misurarsi con la complessità dell'oggi aiuta a concepirsi cristiani in modo aperto all'altro e alla speranza. C'è bisogno di ritornare a Gerusalemme per comprendere come la speranza non diminuisca in una realtà abitata da tanti altri rispetto a sé. Il cristiano è un pellegrino: il cristianesimo è l'unica delle tre religioni monoteistiche che non controlla politicamente la terra delle sue origini. Forse per questo i discepoli di Francesco d'Assisi sono stati i religiosi più familiari alla Terra Santa, tanto che nel 2017 si celebra l'ottavo centenario dell'arrivo dei primi frati, che furono una presenza evangelica rispetto alla conquista crociata. In un tempo globale, segnato da tante chiusure, non bisogna guardare di più il mondo nella prospettiva di Gerusalemme?
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