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La Stampa Rassegna Stampa
16.07.2017 La guerra segreta tra Usa e Iran
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 16 luglio 2017
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La guerra segreta tra Usa e Iran»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/07/2017, a pag. 1/21, con il titolo "La guerra segreta tra Usa e Iran" l'editoriale di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

«La partita decisiva in Siria è per il controllo di Deir Al-Zour»: a fotografare quanto sta avvenendo sul campo di battaglia è David Petraeus, l’ex generale americano che guidò la Cia, riferendosi alla maggiore città della Siria Orientale teatro di un duello per procura fra Washington e Teheran da cui dipendono i futuri equilibri in Medio Oriente.

Teheran vuole Deir Al-Zour per creare una continuità territoriale fra l’Iraq guidato dagli sciiti, suoi alleati, e il territorio siriano nelle mani del regime di Bashar Assad, suo protetto. Riuscendo nell’intento, l’Iran disporrebbe di una via di collegamento terrestre diretto da Teheran a Beirut - passando per l’Iraq e la Siria - attraverso la quale spostare liberamente uomini, armi, denaro e merci di ogni tipo per consolidare l’egemonia sciita sulla regione, affidandone il controllo alle sue milizie più fedeli, gli Hezbollah. E’ il progetto della «Mezzaluna sciita», come lo definì re Abdullah di Giordania, ed è oggettivamente ad un passo dalla realizzazione. Per rendersene conto basta guardare alla zona delle operazioni: nell’Iraq Occidentale le milizie sciite irachene comandate da Qassem Soleimani, capo della Forza Al Qods dei Guardiani della rivoluzione, sono arrivate al confine siriano e nella Siria Orientale i reparti di Assad, sostenuti da fanteria Hezbollah ed aerei russi, hanno sorpassato Palmira riuscendo, in alcuni punti, a superare l’Eufrate incontrandosi con le avanguardie sciite irachene.

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Per completare l’«autostrada sciita» manca solo la conquista di Deir Al-Zour, dove dal 2014 la guarnigione della Guardia repubblicana siriana guidata dal generale Issam Zahreddine resiste all’assedio dei jihadisti dello Stato Islamico (Isis). Ma dopo la caduta di Mosul e con Raqqa sotto attacco anche questo angolo di Califfato vacilla, consentendo a Teheran di sentirsi vicina ad una vittoria strategica di sapore storico nel mondo dell’Islam perché conseguita su territori dove fino al 2011 hanno dominato incontrastate, in Siria come in Iraq, le tribù sunnite. Senza contare che la trasformazione dell’ex confine siro-iracheno, cuore dell’accordo Sykes-Picot di 101 anni fa, in una «autostrada sciita« suggerisce un riassetto regionale di vasto respiro.

Ma c’è un unico ostacolo che Teheran ha ancora di fronte: Washington o, meglio, le milizie arabe e curde addestrate ed armate dal Pentagono nella Valle dell’Eufrate. A Sud di Deir Al-Zour, nella base Usa di Al-Tanf costruita ai confini con la Giordania, si tratta di «Usud al-Sharqiya», i «Leoni dell’Est» arabo-sunniti che però oltre ad essere solo poche centinaia, da maggio sono pressoché circondati da Hezbollah. 40 km a Nord di Deir Al-Zour c’è invece l’unica vera carta del Pentagono: i reparti curdi siriani del «Ypg» (Unità di protezione popolare), spina dorsale delle Forze democratiche siriane dalla liberazione di Kobane, padroni del Rojava ovvero la regione curda ai confini con la Turchia dove gli americani hanno costruito una dozzina di piste d’atterraggio per C-130 grazie alle quali recapitano rifornimenti per i miliziani nonché truppe speciali che li addestrano e guidano. Recenti testimonianze parlano dei consiglieri Usa nel Rojava affiancati da parigrado britannici, canadesi, australiani, danesi, norvegesi e francesi riproponendo il modello di cooperazione alleata in Afghanistan. I curdi del «Ypg» non hanno alcun desiderio di entrare a Deir Al-Zour, città araba, ma la loro presenza nell’omonimo governatorato è un serio ostacolo ai progetti iraniani. E la Casa Bianca è determinata nel volerli deragliare perché, come ripete il consigliere per la sicurezza nazionale Herbert McMaster, «in Medio Oriente è Teheran l’origine di ogni problema»: dal sostegno alle guerriglie in Yemen e Bahrein alla sopravvivenza di Assad, dall’opposizione all’esistenza di Israele al terrorismo sciita fino alla corsa alle armi di distruzione di massa. Se per gli ayatollah Deir Al-Zour significa completare il proprio disegno strategico, per la Casa Bianca è un incubo da scongiurare ad ogni costo. Anche al prezzo di una crisi con la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, nemica giurata del «Ypg».

Fra Washington e Teheran si tratta di un conflitto segreto, per interposta persona, ma di valore strategico, nel quale entrambe non esitano a usare le armi. Quando un jet di Assad ha bersagliato i curdi-siriani gli aerei Usa lo hanno abbattuto - assieme a due droni iraniani - per attestare la propria superiorità nei cieli così come Teheran ha lanciato sette missili a medio raggio contro le postazioni Isis proprio a Deir Al-Zour per rispondere all’attacco di un commando jihadista contro il proprio Parlamento.
Resta da vedere il ruolo che in questo duello giocherà la Russia: Vladimir Putin sul terreno è alleato vitale di Assad, e dunque combatte al fianco dell’Iran, ma il presidente Usa Donald Trump nel recente incontro di Amburgo gli ha offerto una sorta di spartizione della Siria Orientale lungo il corso dell’Eufrate: a Sud i russi, a Nord gli americani. Ovvero, Deir Al-Zour nelle mani di Assad in cambio di Raqqa nel Rojava, cantone curdo sotto protezione Usa, ripetendo in Siria quanto avvenuto nel Kurdistan iracheno dal 1991. E’ ancora presto per sapere se le mosse militari e diplomatiche americane - protagonisti James Mattis e Rex Tillerson - riusciranno a impedire la nascita dell’«autostrada sciita», ma possono esserci pochi dubbi sul fatto che Teheran e Washington sono in evidente rotta di collisione.

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