Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/07/2017, a pag. 11, con il titolo "Terrore sulla Spianata delle moschee", il commento di Alberto Stabile.
L'articolo di Alberto Stabile è altamente disinformante. Riportiamo le prime frasi dell'articolo, particolarmente eloquenti: "Le raffiche e le esplosioni di un’intensa sparatoria sono risuonate ieri, a Gerusalemme, tra i marmi e le colonne di quella che per i musulmani è la Spianata delle Moschee e per gli ebrei il Monte del Tempio, come dire il cuore del conflitto tra arabi e israeliani. Alla fine dello scontro a fuoco due poliziotti israeliani appartenenti alla minoranza drusa e tre attentatori arabi con passaporto israeliano sono rimasti uccisi". Si è trattato in realtà di un attentato terroristico, non di uno scontro a fuoco generico. Da quello che scrive Stabile non è chiaro di chi siano le responsabilità dello "scontro", e in questo modo vengono messi sullo stesso piano assassini e vittime.
Inoltre Stabile si guarda bene dal definire "terroristi" quelli che chiama soltanto "assalitori" e, come se non bastasse, giustifica gli assassini in nome della "disperazione e le soffocanti condizioni imposte specialmente alle giovani generazioni da un’occupazione che dura da 50 anni". In questo modo, Stabile riprende i grandi classici della disinformazione contro Israele.
Infine Stabile non riconosce la differenza - che è invece evidente - tra arabi palestinesi e arabi israeliani, e scrive lacrimosamente dei "palestinesi (oggi più d’un milione) che nel 1948, dopo la proclamazione dello Stato ebraico, scelsero di riconoscere la sovranità israeliana e di vivere come cittadini israeliani, sebbene di serie B". L'ennesima menzogna in un articolo che rovescia la realtà.
Ecco l'articolo:
Alberto Stabile
Una delle vittime dell'attentato
Le raffiche e le esplosioni di un’intensa sparatoria sono risuonate ieri, a Gerusalemme, tra i marmi e le colonne di quella che per i musulmani è la Spianata delle Moschee e per gli ebrei il Monte del Tempio, come dire il cuore del conflitto tra arabi e israeliani. Alla fine dello scontro a fuoco due poliziotti israeliani appartenenti alla minoranza drusa e tre attentatori arabi con passaporto israeliano sono rimasti uccisi. Vista la gravità dell’episodio e considerata la tensione che tradizionalmente grava sui luoghi santi di Gerusalemme, il governo Netanyahu ha deciso in via straordinaria di cancellare la preghiera del Venerdi, la più seguita dai fedeli islamici, provocando proteste e appelli a violare il bando da parte dei capi religiosi palestinesi. Erano circa le 7 del mattino quando, secondo la polizia israeliana, tre giovani arabi si sono avvicinati a una delle porte d’ingresso alla spianata e hanno aperto il fuoco contro i poliziotti di guardia all’ingresso.
Due degli agenti sono caduti, gravemente feriti, un terzo è stato colpito soltanto superficialmente. I tre assalitori in possesso di due mitragliette, di una pistola e di un coltello, sono fuggiti in direzione di una delle moschee. Un filmato, realizzato con un telefonino e apparso sui social, mostra uno spiraglio dell’inseguimento dei tre e della sparatoria che ne è seguita. Sullo sfondo di uno dei santuari più affascinanti esistenti al mondo, si svolge una scena da film. Nere figure circondano un giovane che fugge saltando, come per evitare i colpi alle gambe. Poi cade di schianto, ma le esplosioni continuano finché non rimane che un corpo immobile disteso sulle pietre. E allora il solito grido: “Allau akhbar!”. Dio è grande. E gli altri assalitori? Nulla si sa, a parte che sono stati uccisi durante l’inseguimento, presumibilmente in altri angoli della Spianata. I tre provenivano da Umm el Fahm, una cittadina del nord a 60 chilometri da Tel Aviv dove si concentra la maggior parte della popolazione arabo-israeliana, vale a dire quei palestinesi (oggi più d’un milione) che nel 1948, dopo la proclamazione dello Stato ebraico, scelsero di riconoscere la sovranità israeliana e di vivere come cittadini israeliani, sebbene di serie B. Insomma, non deve stupire se tre giovani arabi-israeliani (tutti e tre fanno di cognome Jabarine e, se non sono parenti, appartengono alla stessa tribù) abbiano dato ascolto alle sirene del radicalismo islamico.
In Israele, specialmente a Gerusalemme e dintorni, si combatte dall’Ottobre del 2015 una rivolta, chiamata Intifada dei coltelli che ha provocato la morte di 215 palestinesi e 44 israeliani (più due turisti americani e uno studente britannico). Motivo della rivolta? La disperazione e le soffocanti condizioni imposte specialmente alle giovani generazioni da un’occupazione che dura da 50 anni. Nessuno ha rivendicato la sparatoria. Ma le ripercussioni non si sono fatte attendere. Il presidente israeliano Rivlin è stato risoluto nell’affermare il diritto d’Israele a difendere la sua sovranità e i suoi cittadini “con mano ferma”. Un invito a nozze per il premier Netanyahu che tuttavia ha inteso rassicurare il presidente palestinese Abu Mazen che lo status giuridico della spianata (che gli ebrei possono visitare ma dove non possono pregare) non cambierà. Abu Mazen ha condannato l’attacco nel corso di una telefonata con Netanyahu, altro segno di distensione, ma il governo di Ramallah ha invece criticato la decisione israeliana di proibire la preghiera del venerdì, un divieto che non veniva applicato dalla seconda Intifada, nel 2000. La chiusura ha fatto andare su tutto le furie il Muftì di Gerusalemme Mohammed Hussein il quale ha chiesto ai musulmani di correre alla Spianata “a sfidare il divieto”. Detto fatto, migliaia di palestinesi si sono radunati davanti alle porte sbarrate del Nobile Santuario (al Arham al Sharif) per pregare.
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