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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
11.07.2017 Legge antifascista: se efficace, un argine al fascismo. I grillini e la destra sdoganano il regime
Cronaca di Ilario Lombardo, analisi di Federico Capurso, Sebastiano Messina

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Ilario Lombardo - Federico Capurso - Sebastiano Messina
Titolo: «Reato di propaganda fascista. Il M5S: è una legge liberticida - Così la galassia nera e Mussolini sono diventati un brand su Facebook - Né di destra, né di sinistra così Di Maio e Di Battista sdoganano il regime»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/07/2017, a pag. 6, con il titolo "Reato di propaganda fascista. Il M5S: è una legge liberticida", la cronaca di Ilario Lombardo; a pag. 7, con il titolo "Così la galassia nera e Mussolini sono diventati un brand su Facebook", l'analisi di Federico Capurso; dalla REPUBBLICA, a pag. 3, con il titolo "Né di destra, né di sinistra così Di Maio e Di Battista sdoganano il regime", l'analisi di Sebastiano Messina.

A destra: neofascisti italiani

Pubblichiamo in questa e altra pagina di IC pareri differenti e le cronache sulla estensione del neofascismo in Italia. Che le due leggi esistenti, Scelba e Mancino, siano state generiche e dunque inapplicate è un dato di fatto. Se questo è vero, perché impedire che una terza legge sia proposta e possa riverlarsi forse efficace? Che ci sia un ritorno nell'opinione pubblica italiana del neofascismo è un dato di fatto, occorre prima di tutto evitare che questa legge diventi farraginosa e inapplicabile come le altre. Aspettiamo di conoscere l'evolversi della situazione, ma occorre essere consapevoli del pericolo neofascista e agire di conseguenza.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Ilario Lombardo: "Reato di propaganda fascista. Il M5S: è una legge liberticida"

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Ilario Lombardo

 

 

«Neanche la destra - racconta Emanuele Fiano, del Pd - ha osato usare il termine liberticida, ma come stanno?». Ci si arrovella per tutto il giorno su un aggettivo che racconta quasi un secolo di storia e si porta dietro polemiche che all’occorrenza riaccendono l’orgoglio di una parte e dell’altra. In mezzo, i 5 Stelle con la loro «strategia del né-né», del costante astensionismo che permea i loro comportamenti parlamentari e li rende bersaglio degli avversari o di delusi ex sostenitori. Dopo lo ius soli tocca a una legge che vuole ripulire l’Italia dalla paccottiglia fascistoide e di tutta la propaganda sul Duce. «Liberticida era il fascismo non la legge sull’apologia di fascismo. Almeno la storia!» attacca il segretario del Pd Matteo Renzi. In realtà la legge non è sull’apologia del fascismo, perché quella c’è già dal 1952, e a votare contro sono stati anche Forza Italia e i verdiniani. «Se non avessimo usato il termine “liberticida”, saremmo qui a parlare del nostro parere? - si chiede Alfonso Bonafede, del M5S - La verità è che quel testo è scritto con i piedi».

Parliamo di una legge a prima firma Fiano, Pd, che punisce la propaganda fascista e nazista. Tipo quella del venditore di tazze con il faccione di Mussolini o di cartoline da Predappio con la scritta W il Duce. Con una aggravante che prevede l’aumento di un terzo della pena se il revival nostalgico passa dal web. «Ai tempi della legge Scelba sull’apologia non esisteva internet ed è questo che dovrebbero capire i 5 Stelle». Sì perché tra gli argomenti con cui hanno motivato il proprio parere negativo in commissione Affari costituzionali, i grillini hanno detto che «le leggi ci sono già e non se ne sentiva il bisogno di un’altra» (Vittorio Ferraresi). O anche: «Non vogliamo che siano punti quattro ragazzotti che fanno il saluto romano» (Andrea Cecconi). In controluce, anche se questa volta ostentata meno che nel passato, c’è il dogma pentastellato in difesa della libertà di opinione e del web «contro qualsiasi bavaglio». Solo che l’argomento fascismo in Italia è spinoso e i 5 Stelle, che già si erano astenuti sul negazionismo, si accorgono troppo tardi che la parola «liberticida» affiancata a una norma sull’ideologia reduce del Ventennio è fuori luogo. Anche Luigi Di Maio si rende conto del pasticcio e la comunicazione cerca di metterci una toppa con un comunicato riparatore che prova a rilanciare sugli emendamenti migliorativi proposti dal M5S e accolti dal Pd. Non abbastanza però da far propendere per un voto favorevole alla legge, come confessa Ferraresi, deputato della commissione Giustizia e co-autore della bocciatura.

I 5 Stelle, fuori dalle comunicazioni ufficiali, ammettono «di essersi esposti alle strumentalizzazioni per colpa di quell’aggettivo» e «di non aver colto il momento politico». Da mesi, infatti, la strategia del M5S è rivolta a destra. E questo passaggio sul fascismo non è sembrato altro che essere perfettamente in linea con il temerario corteggiamento di un certo elettorato. Infatti i grillini hanno subito incassato il sostegno di Fratelli d’Italia e della Lega, rinnovando la suggestione di una probabile convergenza futura. «Le idee non si processano» sostiene Matteo Salvini. In più i 5 Stelle hanno avuto il plauso dei ragazzi di Casa Pound, gli eredi al momento forse più in forma tra i figli e figliastri del Duce, quelli che nel 2013 Beppe Grillo disse che erano «i benvenuti nel M5S». È appena della settimana scorsa il pubblico elogio di Alessandro Di Battista per bocca del leader Simone Di Stefano: «Ha un animo da camerata, lo vorrei in Casapound». E proprio attorno a Di Battista, o meglio a suo padre che più volte si è detto «orgogliosamente fascista», è andato in scena un siparietto tra il Pd e i grillini, costretti ad ammettere scherzando che «se passasse questa legge avremmo un problema in casa, con uno dei nostri genitori...».

LA STAMPA - Federico Capurso: "Così la galassia nera e Mussolini sono diventati un brand su Facebook"

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Alcune delle numerose pagine e gruppi neofascisti su Facebook

«Benito Mussolini è ora in diretta», avvisa Facebook, in un pomeriggio qualunque del 2017, riportando il video di un discorso del Duce dal balcone di piazza Venezia. Si passa quindi a Instagram, il social network della fotografia, e un “sondaggio sponsorizzato” da Mussolini in persona si impone categorico alla vista dell’utente: «Vorreste il ritorno del Duce?». Se si risponde, si può vincere l’Agenda storica, promette l’inserzione.

La nuova frontiera dei nostalgici del Ventennio è in Rete. Un florido sottobosco di pagine, siti e blog, che negli ultimi anni ha raccolto migliaia di simpatizzanti e i numeri, anche se non emergenziali, sono in crescita. La proposta di legge del Pd, ora in discussione alla Camera, si propone di punire con il carcere da sei mesi a due anni la propaganda del regime fascista e nazifascista. E per arginare il proliferare dell’ideologia nera online, la pena è aumentata di un terzo se il reato viene commesso via web.

I social network, d’altronde, sono diventati il primo veicolo di diffusione di queste idee, come testimoniano le migliaia di pagine e gruppi Facebook dedicati al Ventennio e ai suoi protagonisti. Luoghi virtuali che si guadagnano le simpatie degli utenti grazie a un approccio sempre più multimediale, con video e foto pubblicate ogni giorno. Materiale, questo, che viene spesso riadattato ai temi mediatici del momento. «No allo Ius Soli», può capitare di veder dire a Mussolini. E ancora: «Mussolini a differenza dei nostri politici», come recita il titolo di una delle centinaia di pagine Facebook a lui dedicate. Una modernità affiancata sempre, però, al ricordo pungente di «quando c’era lui».

Il nome “Benito Mussolini” rimane ovviamente il brand di punta sui social network, come testimoniano i 140 mila fan di un omonimo profilo e le centinaia di altre pagine e gruppi a lui intitolati. Di riflesso, però, anche chi non è strettamente legato al nome di Mussolini inizia ora a riscuotere un relativo successo online. Come «Rivoluzione fascista», con più di 30 mila seguaci, tra le prime ad utilizzare i “video in diretta”, tra i quali si segnala la quattro ore di “santa messa live” celebrata a Predappio in ricordo di Mussolini dal prete fascista don Giulio Tam. Ci sono i “Giovani Fascisti Italiani”, nati su Facebook appena due anni fa, ma che contano già oltre 86 mila fan. O la pagina “Laziale e fascista”, che lega alla fede calcistica quella politica, con quasi 90 mila utenti registrati.

Su Instagram, il social network della fotografia, spunta persino il profilo «ufficiale» di Benito Mussolini. Il gestore pubblica foto commentandole in prima persona: «Un mio ritratto datato 1924. Olio su tela», si legge nella didascalia di un dipinto che ritrae Mussolini a cavallo. E ovunque, tra i virtuali avventori fascisti, è un tripudio di saluti romani e autoscatti con in mostra il tatuaggio del Duce.

La passione politica, così, può diventare business. Predappio, paese natale di Mussolini, è un concentrato di negozietti con in vendita prodotti fascisti. Molti di loro, come Ferlandia, sono stati tra i primi ad aprire anche online. Il catalogo è vasto: dall’acqua di colonia di Predappio, con tappo di legno del Duce, alle bottiglie di «vino Nero». Poi c’è chi, da vero fascista 2.0, dopo aver ottenuto migliaia di fan sui social network ha smesso di pubblicare foto del Duce, preferendogli la pubblicità dei siti acchiappa-clic. O chi, come i già citati “Giovani fascisti italiani”, dalla propria pagina Facebook pubblica foto di gadget e abbigliamento in vendita, rimandando anche al sito Duxstore.it. Per sapere il prezzo di un goliardico manganello, però, il gestore chiede di «essere contattato in privato, camerata».

LA REPUBBLICA - Sebastiano Messina: "Né di destra, né di sinistra così Di Maio e Di Battista sdoganano il regime"
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Sebastiano Messina

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Beppe Grillo

Tre anni fa, solo tre anni fa, sul blog di Grillo si poteva leggere un post firmato dall’attivissimo militante milanese Mattia Calise che diceva chiaro e tondo: «Il M5S è antifascista ». Poi, però, le cose sono cambiate, e queste parole nette sono ammuffite di colpo, frettolosamente sepolte dalla nuova teoria esposta dai proconsoli del movimento alla Camera, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, e benedetta da Grillo in persona: l’antifascismo e il fascismo non esistono più. Sono svaniti, spariti, evaporati. Si sono dissolti nell’aere come polveri di mummia, appena il Movimento ha aperto il sarcofago. Non è la negazione della storia – operazione troppo complessa per chi ancora fatica con la geografia e la sintassi - ma il sotterramento veloce del passato per sostituirlo con un presente dove il campo della politica non è più diviso tra destra e sinistra, ma tra “noi” e “loro”, tra i grillini e tutti gli altri. Alessandro Di Battista l’ha messo nero su bianco, nel suo libro «A testa in su».

Quando racconta di suo padre - che ancora oggi si dichiara orgogliosamente «fascista», e lo portò ragazzo sul gommone a insultare D’Alema ormeggiato con la sua barca a Corfù – “Dibba” sostiene che «parlare oggi di destra e sinistra, di fascismo e di comunismo, sia un regalo enorme al sistema ». Al sistema? Già, perché «il sistema ci ha sempre controllato, con l’arma della distrazione ». Dunque ci sarebbe lo zampino diabolico del Sistema, che naturalmente non è di destra né di sinistra ma è sempre stato il bersaglio di tutti i ventenni, di destra e di sinistra, nei cortei degli antifascisti e nei saluti romani dei nuovi fascisti. E la libertà, la democrazia, la tolleranza, il pluralismo culturale, insomma tutto ciò che ha sempre diviso i nostalgici del duce dagli eredi dei partigiani? Roba ormai superata: oggi i valori da difendere sono altri: «Trasparenza, onestà e sovranità ».

Quanto al fascismo e all’antifascismo, Di Battista risolve il problema con un aforisma di Flaiano («In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti») e addita come soluzione perfetta la sua storia familiare: «Mio padre di dichiarata fede fascista, e io che avevo sempre votato a sinistra, pentendomi amaramente di ciascun voto, ci siamo ritrovati in un movimento che pensava alle idee logiche piuttosto che a quelle ideologiche». Basta un calembour, dunque, a far incontrare gli estremi, ad annullare un secolo di scontri tra avversari irriducibili. A teorizzare l’addio all’antifascismo era stato lo stesso Grillo. Davanti al Viminale, mentre aspettava di depositare il simbolo pentastellato alle regionali, il comico-garante del M5S si mise a chiacchierare con il numero due di CasaPound, Simone Di Stefano, e disse che non aveva pregiudizi verso quel movimento neofascista: «Se uno è di CasaPound ma ha i requisiti da noi richiesti, io lo candido. Voi avete delle idee che sono condivisibili. Alcune magari meno, altre di più, ma questa è la democrazia».

In fondo, Grillo l’ha detto più di una volta, «il M5S non è né di destra né di sinistra: è sopra, è oltre». Anche nelle sue fila, però, ogni tanto spunta qualche nostalgico. Giovanna Sigona, consigliere comunale pentastellata di Ragusa, ha pubblicato su Facebook una foto con il busto del duce. Didascalia: «Noi eravamo fascisti, poi siamo rimasti fascisti e saremo sempre fascisti ». Lei è stata espulsa, ma nessuno ha dimenticato un altro post – stavolta sul suo blog – di Roberta Lombardi, prima capogruppo alla Camera dei cinquestelle, quello in cui sosteneva che «il fascismo, prima che degenerasse, aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello Stato e della tutela della famiglia». Parole poi addolcite, corrette e annacquate, ma rimaste agli atti.

A volte poi può scappare un grido rivelatore, come quel «Boia chi molla!» che il deputato pentastellato Angelo Tofalo urlò in aula a Montecitorio. Quando lo contestarono, però. lui ingranò la marcia indietro, fece fare una velocissima ricerca in archivio e spiegò che quello slogan non era copiato da Mussolini, ma dai rivoluzionari napoletani del 1799. Episodi minori, certo, che non autorizzano nessuno a parlar di un’anima nostalgica all’interno del Movimento. Piuttosto, come ha candidamente ammesso Luigi Di Maio, tra i cinquestelle «c’è chi si rifà ai valori portati avanti da Berlinguer, chi a quelli di Almirante e chi a quelli della Dc». Ognuno creda in quello che vuole, sostiene il candidato premier in pectore, perché «il M5S è post-ideologico ». Quello che c’era prima non conta più, vale solo quello che c’è adesso. E dunque, inghiottite in sol boccone la tesi e l’antitesi, sul campo resta solo la sintesi pentastellata. E dopo il tramonto del conflitto tra destra e sinistra, tra fascismo e antifascismo, è finalmente arrivato l’Assoluto hegeliano, «la notte in cui tutte le vacche sono nere ».

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