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Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana A destra: Narendra Modi con Benjamin Netanyahu L’incontro tra Benjamin Netanyahu e il Premier indiano Narendra Modi, che riconferma la forte capacità diplomatica del premier israeliano, non è piaciuto a Ramallah. Modi, infatti, nel suo primo viaggio in Medio Oriente, non ha incluso nessuna altra visita se non Israele. L’India non è più quella dei Nehru, dei Gandhi, una lontananza che durava da sempre, includendo il Mahatma Gandhi, il simbolo del pacifismo, il quale durante le persecuzioni naziste aveva consigliato agli ebrei – in nome della non violenza – di suicidarsi in massa, l’unica risposta da dare a Hitler.
Defunto il nostro vecchio buon saggio, la politica dei governi indiani, Indira Gandhi compresa, fu sempre ostile al nuovo Stato ebraico, schierandosi sempre e in tutte le sedi, anche internazionali, con i nemici di Israele. Ma il vento cambia, Modi ha capito quali sono i veri interessi del popolo indiano, e ha scelto Israele, irritando i palestinesi, che ieri hanno dimostrato contro di lui davanti all’Ufficio di Rappresentanza indiano a Ramallah.
A completamento dell’indubbio successo – lo dimostrano gli accordi firmati dai due leader a Gerusalemme - va sottolineata la totale assenza di qualsiasi riferimento al conflitto arabo palestinese e alle possibili sue soluzioni, compresa quella dei due stati. Dovrebbe essere la norma di ogni incontro bilaterale, ma così non è: capi di stato, ministri degli esteri, delegazioni ufficiali, pur avendo quale obiettivo la relazione con Israele, non mancano mai di rendere visita allo Stato che non c’è, la sosta a Ramallah è d’obbligo. Non con Narendra Modi, il cui esempio dovrebbe essere valutato con attenzione. Per ora è un pio desiderio, dettato dall’ottimismo della ragione, ma non è detto che non debba trovare imitatori.
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