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La Stampa Rassegna Stampa
06.07.2017 Ebraismo italiano, un mosaico con tante tessere
Intervento di rav Roberto Della Rocca

Testata: La Stampa
Data: 06 luglio 2017
Pagina: 23
Autore: Roberto Della Rocca
Titolo: «L'ebraismo italiano ha mille anime, rinnegarne una significa demolirlo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/07/2017, a pag. 23, con il titolo "L'ebraismo italiano ha mille anime, rinnegarne una significa demolirlo", l'intervento di rav Roberto Della Rocca tratto dal volume "Ebreo chi? Sociologia degli ebrei italiani" (Jaca Book ed.).


Roberto Della Rocca

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La copertina (Jaca Book ed.)

Da non più di due generazioni l’ebraismo italiano si trova caratterizzato da un progressivo sviluppo delle ’edòt (gruppi ebraici di comuni origini di formazioni culturali diverse da quella italiana), che hanno alle volte collegamenti con analoghe ’edòt di altri Paesi, di origini culturali non italiane ma persiane, libanesi, libiche, egiziane, ecc., in seguito all’ondata migratoria degli ebrei esuli dai Paesi arabi e islamici. Non possiamo ignorare che da cinquant’anni a oggi la struttura dell’ebraismo italiano è cambiata radicalmente, mentre l’incontro con modelli esteri pone interrogativi radicali sulla nostra effettiva natura. Il nostro modello è ancora valido?

È vero che gli ebrei risiedono in Italia da almeno venti secoli. Si tratta di una presenza ininterrotta nel tempo, che ha conosciuto una storia travagliata di continue migrazioni interne ed esterne. La distruzione geografica e la suddivisione etnica interna sono continuamente cambiate, anche se piuttosto stabile invece è stato il dato della consistenza numerica. Questi flussi migratori hanno messo anche in evidenza che esistono molte «vie italiane» alla Torah, nel senso che esistono diversi modi di percezione dell’identità religiosa dei gruppi di ebrei che nel corso dei secoli hanno risieduto stabilmente in Italia, pur diffidando dalle schematizzazioni che tenderebbero a porre a priori l’esistenza di un’entità astratta da denominare «ebraismo italiano», che sarebbe caratterizzata da un insieme di elementi altrettanto aprioristicamente definiti, per poi decidere se una determinata manifestazione d’identità ebraica di un gruppo di ebrei residenti in Italia appartenga o meno all’«ebraismo italiano».

Fin dal Rinascimento fanno parte dell’ebraismo italiano gli «ebrei tedeschi» provenienti da Norimberga e stabilitisi nel Veneto, così come gli ebrei provenienti dalla regione romana o più tardi gli ebrei levantini. Così fanno parte dell’ebraismo italiano di oggi sia quegli ebrei nel cui albero di famiglie compaiono antenati residenti in Italia da secoli che quelli provenienti dalla Polonia, dalla Persia, dall’Egitto e dal Nord Africa, i quali nel corso degli ultimi lustri abbiano definito la propria identità in funzione della realtà italiana alla quale la loro vita è ancorata.
La storia ci narra di molte comunità ebraiche che migrano, che cercano nuovi lidi, che si stabiliscono in nuove terre; spesso ma non necessariamente con la violenza dei conquistatori. Spesso purtroppo, ma non necessariamente, incontrando una reazione di rigetto da parte della popolazione stanziale. E comunque la stessa storia dell’ebraismo italiano è ben lontana da essere quella di una popolazione originaria, pura e nobile, che si sarebbe autoconservata, mantenendo ed evolvendo con forze proprie la sua civiltà nel corso dei secoli con l’arrivo di altre genti, e malgrado questi eventi traumatici. No, l’ebraismo italiano è la risultante di tutti questi eventi. Vi hanno contribuito ashkenaziti, sefarditi, levantini, ponentini, siciliani ecc. E dal punto di vista culturale tutti hanno lasciato le loro tracce. Rinnegare una sola di queste componenti potrebbe significare soltanto demolire la costruzione dell’ebraismo italiano.

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direttore@lastampa.it

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