Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/07/2017, a pag. 25, con il titolo "Una coalizione di principi per fermare l'Isis", l'intervento di Yisrael Katz, Ministro israeliano per l’Intelligence e dei Trasporti.
Yisrael Katz
I recenti attacchi terroristici come quelli di Manchester e Londra, ci ricordano che siamo in guerra, una guerra globale, e che i nemici sono il terrorismo islamico, la radicalizzazione e il terrore. Il fenomeno dello Stato Islamico radicalizza i singoli musulmani e ispira loro atti di terrorismo che mettono in crisi le forze dell’ordine e l’intelligence, più preparate ad affrontare gli attacchi pianificati delle organizzazioni.
È un fenomeno virale che radicalizza le persone in modo virtuale sfruttando le nuove risorse offerte dai social network. Questo tipo di propaganda fa presa in modo particolare su giovani e impressionabili sunniti che si trovano così a rappresentare un serbatoio cui attingere per reclutare nuove forze.
A cadere in balia dell’ideologia dell’Isis e dei suoi collaudati meccanismi di reclutamento possono essere tanto cittadini naturalizzati come immigrati appena arrivati, pregiudicati o incensurati o ben rodati «foreign fighters» di ritorno dai campi di battaglia della Siria e dell’Iraq. Hanno accesso agli aeroporti, alle metropolitane, agli uffici governativi, ai centri commerciali, alle sale da concerto o alle discoteche, ai luoghi d’incontro e di culto. E possono essere qualsiasi cosa, piloti, meccanici, portieri, camionisti o soldati ribelli. È molto difficile identificarli prima che agiscano e i loro attentati sono molto difficili da sventare.
La minaccia posta dal fenomeno dello Stato Islamico (al contrario dello Stato Islamico inteso come organizzazione) è soprattutto una minaccia interna. Contrastarla è ancora più difficile per via dell’asimmetria esistente tra le democrazie liberali occidentali e l’Isis in tema di sacralità della vita umana, rispetto dei diritti civili e umani e uso della forza. La tensione tra esigenze della sicurezza e la democrazia è sfruttata dagli estremisti islamici mentre le democrazie occidentali, in particolare quelle europee, spesso hanno le mani legate.
Un primo indispensabile passo per cambiare questo stato di cose è riconoscere la minaccia. Da qui nasce un significativo cambio di qualità della legislazione, che si inizia a vedere in alcuni Paesi europei. La cooperazione è essenziale tra i vari organismi preposti a livello nazionale e nella cornice delle organizzazioni intergovernative come Interpol o Europol, o tra le agenzie affini dei diversi Paesi e regioni. Ma è ugualmente necessaria la collaborazione internazionale al più alto livello. Gli alleati internazionali devono concordare una serie di princìpi generali e condivisi sui criteri della guerra alla radicalizzazione, all’estremismo e al terrore, da cui ogni Paese possa trarre le proprie «regole d’ingaggio».
L’istituzione di una «Coalizione di princìpi» oggi non è meno importante della coalizione creata nel 2014 per combattere l’Isis e può rafforzare la capacità dei singoli governi di affrontare le minacce interne, dando loro una fonte autorevole e il supporto morale e politico per introdurre i cambiamenti, necessari ma non sempre popolari o politicamente corretti, e adottare le misure richieste per affrontare in modo efficace i diversi aspetti della minaccia.
Questi princìpi generali possono riguardare, ad esempio, le leggi sull’incitamento, la responsabilità delle multinazionali e dei social network nella guerra all’islamismo, alla radicalizzazione e al terrore e la condivisione negli Stati e fra gli Stati, delle operazioni di ricerca e cattura, degli interrogatori, degli arresti e delle detenzioni.
E possono anche includere un mandato chiaro e vincolante per tutti i partecipanti ad adottare i massimi standard di sicurezza ad esempio, nel campo dell’aviazione civile, là dove l’Isis ha posto i suoi siti e che rappresentano l’anello debole della catena. Una coalizione di questo tipo e le pubbliche dichiarazioni congiunte che ne accompagnerebbero la nascita, potrebbero aiutare le riforme legislative e incentivare lo spirito di collaborazione tra le agenzie di intelligence e anche galvanizzare l’opinione pubblica, preparandola alla lunga sfida che ci attende.
Traduzione di Carla Reschia
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