L’Iran ha conquistato la Siria
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
L’Iran è il vincitore della guerra civile siriana e questo è di cattivo auspicio per tutti noi.
Nel corso degli ultimi due anni il mondo ha accettato il fatto che la Russia abbia trasferito le sue truppe in Siria e che domini la costa siriana, i porti e le due basi aeree. Ci si è abituati a vedere che Hezbollah, la milizia sciita libanese, coinvolta nei combattimenti in Siria, dia ad Assad tutto il supporto necessario. Sappiamo bene che altre milizie sciite, comandate dalle Guardie Rivoluzionarie Iraniane, sono arrivate in Siria dall'Iraq e dall'Afghanistan e che ogni tanto subiscano perdite dando l'impressione che l'Iran abbia semplicemente inviato delle forze sciite a combattere le bande sunnite sul suolo siriano. In realtà la situazione è totalmente diversa, perché le forze iraniane in Siria non sono né bande né milizie, ma un vero e proprio esercito. Le Guardie Rivoluzionarie Iraniane rappresentano il potere iraniano in Siria: sono una forza regolare iraniana armata, un vero e proprio esercito. Hanno unità di fanteria, commando, tank, artiglieria, aviazione, unità di intelligence e logistica.
La presenza di questo esercito iraniano si è rafforzata in territorio siriano nel corso degli ultimi quattro anni e lo ha fatto nello stretto riserbo nei confronti dei media. La più grande operazione militare in Siria a cui l'esercito iraniano abbia preso parte è stata nel 2016 la liberazione dallo Stato islamico nella parte settentrionale della provincia di Aleppo. Russia e Iran hanno collaborato in questa offensiva: la Russia bombardava con le sue forze aeree, mentre gli iraniani, insieme ad Hezbollah e ad altre milizie sciite , avanzavano sul terreno e consegnavano il controllo delle aree conquistate all'esercito di Assad. Dall’inizio del 2017 l'Iran sta espandendo l'area che controlla, invadendo le regioni desertiche della Siria centrale e meridionale che erano, fino a qualche mese fa, nelle mani dello Stato Islamico sunnita (Daesh), l'organizzazione che ora sta combattendo per la sua sopravvivenza a Mosul in Iraq, a Raqqa, la sua capitale in Siria e a Deir a-Zur nella Siria orientale. Una volta che Mosul sarà caduta nelle mani dell'esercito iracheno, possibile da un giorno all'altro, anche le altre due città ne seguiranno l'esempio.
Le forze armate regolari iraniane hanno approfittato del vuoto di potere creato dal ritiro dello Stato Islamico per prendere in consegna regioni desertiche scarsamente popolate della Siria centrale e orientale. Oggi l'Iran controlla oltre il 60% della Siria, sia direttamente – con le Guardie Rivoluzionarie - che indirettamente, mediante Hezbollah e le milizie sciite. L’esercito iraniano ha diverse basi importanti in Siria, cosa che gli consente una totale libertà di movimento. La più importante è l’aeroporto di Palmira, nel centro del Paese, che consente all'Iran di trasferire con voli diretti in Siria qualsiasi equipaggiamento militare, soprattutto missili e mortai, e ogni altro tipo di armamenti. Israele è estremamente preoccupato, infatti nel marzo di quest'anno ha attaccato obiettivi nella regione di Palmira. La stampa estera ha riferito che l’obiettivo del raid è stato un impianto di stoccaggio di missili iraniani. Siamo di fronte a un cambiamento fondamentale del modo in cui l’Iran avanza nella regione. Fino a poco tempo fa, utilizzava voli commerciali per nascondere trasporti di armi, usando l’aeroporto internazionale di Damasco, fino a quando le notizie di stampa straniere rivelarono che Israele aveva ripetutamente bombardato impianti di stoccaggio nei dintorni dell’aeroporto. L’Iran è giunto alla conclusione che l’intelligence israeliana aveva arruolato cittadini siriani che lavorano o vivono in prossimità dell’aeroporto, al fine di ottenere informazioni in tempo reale.
La breve distanza di Damasco da Israele permette all’IDF di operare in modo efficace contro obiettivi nei pressi della capitale siriana. Al contrario, il campo d’aviazione di Palmira è a centinaia di chilometri da Israele. La zona ha pochi residenti e questo rende più difficile per Israele arruolare gente per avere informazioni. Israele, tuttavia, ha bombardato l’aeroporto di Palmira, avendo probabilmente trovato un’altra fonte di informazioni. La guerra dei centri di intelligence cervelli è sempre in corso, anche se l’opinione pubblica non se ne rende conto.
L’Iran sta ora utilizzando un altro aeroporto, quello di Alsin nella regione di Altanef, nella Siria meridionale, nei pressi del confine di tre Paesi: Siria-Iraq-Giordania. Nelle vicinanze c’è un valico di frontiera tra Iraq e Siria, il cui controllo consente agli iraniani di trasportare liberamente ogni tipo di materiali verso la Siria. Il controllo iraniano lungo il confine tra Iraq e Siria è destinato a creare un terreno di passaggio contiguo alla Siria attraverso l’Iraq, il che consentirà all’Iran di spostare indisturbato le sue forze fino al Libano, a tutti gli effetti già sotto il controllo di Hezbollah, il braccio libanese della piovra iraniana, facilitando la trasformazione dell’Iran in una potenza regionale le cui forze controllano un'area enorme, che va dall’Asia centrale al Mar Mediterraneo.
In questo contesto, è importante notare che tutto questo sta accadendo sotto gli occhi vigili di due potenze mondiali, la Russia e gli Stati Uniti, ciascuno assorto nei propri interessi. L’interesse russo è chiaro: rafforzare il regime di Assad e distruggere tutte le organizzazioni sunnite che lo combattono, con il finanziamento e la guida saudita, assieme ad altri Paesi arabi sunniti, tra cui la Turchia. Putin ha insegnato ad Erdogan ad avere più timore dei curdi siriani piuttosto che essere nemico di Assad e dei suoi alleati iraniani, facendo così di Erdogan un anello importante nella coalizione russo-iraniana a sostegno di Assad. Gli Stati Uniti hanno osservato l’aumentare della forza dell’Iran in Siria nel corso degli ultimi quattro anni senza fare alcun serio tentativo di fermarlo, a meno che non si consideri il recente abbattimento di due droni, un leggero colpetto sulle ali spiegate dell’Iran.
Fino al gennaio 2017 gli Stati Uniti avevano dato un silenzioso assenso alle mosse iraniane, perché Obama aveva voluto sostenere l’Iran a spese dei sauditi. Aveva preferito dare agli arabi sciti e agli iraniani il controllo del "Masrek", il nome per le regioni a est di Israele, mentre l’area dall’Egitto verso ovest, conosciuta come il "Maghreb," sarebbe rimasto sotto il controllo sunnita. Ora che Trump è alla Casa Bianca, l’obiettivo principale dell’attività americana in Siria è l’eliminazione dello Stato Islamico, alias Daesh. Gli Stati Uniti sono impegnati a creare forze “moderate ribelli” e un’alleanza con i curdi che, aiutati dalla forza aerea degli Stati Uniti, sono incaricati dell’eliminazione del califfo Abu Bakr al Baghdadi e dello Stato islamico. La ragione per cui gli Stati Uniti si concentrano sul Daesh, è la paura americana, condivisa dall’Europa, che il modello di uno Stato Islamico, come Stato terrorista, potrebbe apparire un successo agli occhi dei musulmani. Questo potrebbe dare vita a cloni dello Stato Islamico in altre parti del mondo, compresa l’Europa, con la popolazione islamica locale pronta a fornire una base di appoggio.
Trump non ha considerato il crescente potere dell’Iran in Siria come un problema urgente. Gli Stati Uniti non hanno indetto una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, anche se lo stesso Consiglio ha vietato all’Iran di esportare armi fuori dai suoi confini. E’ molto probabile che alcuni esperti del governo degli Stati Uniti vedano l’occupazione iraniana del deserto siriano come uno sviluppo positivo, che evitando un vuoto di controllo, potrebbe permettere allo Stato Islamico, di prenderne il posto. Anche un accordo fra Trump e i russi sarebbe possibile, che permetterebbe all’Iran di controllare la Siria centrale e orientale, in cui la Russia non ha alcun interesse, evitando che queste regioni diventino un luogo di rifugio per i combattenti del Daesh.
L’America ha imparato a conoscere il problema in seguito alla débacle in Afghanistan, quando dopo aver rovesciato il governo talebano nel 2001, la maggior parte del territorio era stata lasciata senza protezione, consentendo ai talebani di tornare ad occuparla. La coalizione di forze sciite che hanno invaso la Siria (iraniani, iracheni, libanesi, afghani) stanno proseguendo con la pulizia etnica contro i cittadini siriani sunniti; in alcune parti del Paese hanno espulso i residenti sunniti per appropriarsi delle loro case e dei villaggi per darli ai migranti sciiti provenienti da Siria, Iraq e Afganistan.
E’ così che, manovrando tra le inique intenzioni del governo di Obama e la scelta degli obiettivi di Trump, l’Iran è riuscito a diventare il vero vincitore nella guerra siriana. Nessuno al mondo riuscirà a rimuovere l’esercito iraniano dalla Siria. Noi, in Israele, Europa e Stati Uniti, dovremo abituarci al fatto che l’Iran ora occupa ampie fasce di territori in Iraq, Siria e Libano. Hezbollah in Libano è ora collegato all’Iran via terra. Motivo per cui Hassan Nasrallah si sente così fiducioso nei confronti di Israele, che esita a costruire un muro di cemento nel proprio territorio per proteggere gli israeliani dai cecchini di Hezbollah. Due anni fa, quando la Siria era sul punto di cadere a pezzi, ci sono stati israeliani che avevano sostenuto che la situazione della sicurezza di Israele era migliorata dato che la Siria non era più una minaccia e Hezbollah era stato bloccato nel pantano siriano. Oggi non è più così. Invece della Siria, abbiamo l’Iran come vicino. Hezbollah non è più un gruppo terrorista isolato in Libano, ma un importante braccio del potere iraniano, parcheggiato a poca distanza dal confine di Israele.
Ancora più grave, i media israeliani, quando riferiscono sulle forze iraniane in Siria, non mostrano l’immagine della minaccia più grande, la presenza degli iraniani sulla mappa di quella che una volta era la Siria. L’Iran emerge come il grande, vero vincitore della guerra civile in Siria. Prima noi e il mondo lo capiremo, meglio sarà per noi e per il mondo intero.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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