Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/06/2017, a pag.17, con il titolo "Qatar, ultimatum dei Paesi del Golfo '13 condizioni per risolvere la crisi' " l 'analisi di Francesca Paci.
L'incontro a Riad di Trump con Muhammad bin Salman
Francesca Paci
L'Arabia Saudita e i suoi alleati alzano la posta nello scontro con il Qatar e presentano a Doha una lista di 13 richieste per risolvere la crisi senza precedenti che da tre settimane vede contrapporsi duramente i Paesi del Golfo. La comunicazione, recapitata con la mediazione del Kuwait, suona come un ultimatum: a questo punto l'emiro Tamim bin Hamad alThani, con il quale gli avversari hanno già interrotto le relazioni diplomatiche e commerciali accusandolo di sostenere il terrorismo, ha dieci giorni di tempo per rispondere. Se accettasse tra le altre cose di chiudere la tv al Jazeera, interrompere i rapporti con la Fratellanza Musulmana e con l'Iran, rinunciare alla protezione militare turca, verrebbe in qualche modo riammesso nella comunità che fa riferimento al Gulf Cooperation Council (Gcc) ma rimarrebbe «sotto osservazione» per dieci anni. Tredici richieste dunque, il cui fulcro pare però essere il lodo turco e il network al Jazeera (l'ingiunzione di chiusura riguarda anche altri canali informativi come Middle East Eye), che però ha già annunciato che continuerà a trasemettere. Mettere un freno ai rapporti con l'Iran; espellere i membri della guardia rivoluzionaria e interrompere la cooperazione militare Turchia. Eliminare la presenza e la cooperazione militare con Ankara e fermare la costruzione della base militare turca. Nel secondo caso si tratta della propaganda che a detta di Riad e degli altri (Emirati Arabi Uniti, Egitto, Bahrein) Doha diffonderebbe per destabilizzare la regione (al Jazeera sostiene di raggiungere 100 paesi e 310 milioni di case). La questione turca è se possibile ancora più scottante e potrebbe innescare un conflitto. Quando Ankara è intervenuta nella disputa affermando che i suoi soldati difendevano il palazzo dell'emiro all'Arabia Saudita è apparso lo spettro di un'alleanza tra due Stati entrambi considerati i referenti regionali della Fratellanza Musulmana.
Uno scenario ritenuto minaccioso al punto da domandare al Qatar di rifiutare quel sodalizio. Doha continua a negare qualsiasi legame con il terrorismo ma è a un bivio. AlJazeera è un grande interrogativo per molti motivi, a cominciare dal fatto che costando molto ed essendo «un giocattolo» di suo padre potrebbe potenzialmente essere sacrificata dall'emiro.
Analisti come Sultan al Qassemi ritengono che possa andare su questa linea nel giro di qualche settimana mentre giornalisti di diverse redazioni regionali raccontano off the record una diffusa inquietudine. La base turca a cui Riad vorrebbe che il Qatar rinunciasse accettando di fatto una limitazione della propria sovranità invece, è materia assai più delicata da gestire. Ieri la prima reazione all'ultimatum è arrivata da Ankara, che attraverso il ministro della Difesa Fikri Isik ha lasciato intendere di non avere alcuna intenzione di ritirare i nuovi militari promessi, spiegando che la base, aperta nel 2014, serve solo all'addestramento delle truppe qatarine per rafforzare la sicurezza nazionale. Dopo l'allineamento del Qatar alla linea politica dei Fratelli Musulmani nel 2011 e l'avvio del braccio di ferro con gli altri Paesi del Gcc ci sono stati diversi episodi critici. Già nel 2014 l'Arabia Saudita e gli altri richiamarono polemicamente i propri ambasciatori da Doha finché, otto mesi dopo, il Qatar espulse alcuni esponenti della Fratellanza Musulmana (accolti in Turchia). Sebbene il ministero degli Esteri qatarino lo abbia sempre negato, si pensa che già allora durante le trattative si parlò di al Jazeera.
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