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Informazione Corretta-La Stampa Rassegna Stampa
23.06.2017 Trump: quello inventato e quello vero
Analisi di Alan Dershowitz, cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata:Informazione Corretta-La Stampa
Autore: Alan Dershowitz-Polo Mastrolilli
Titolo: «La “ corruzione come movente” : un criterio per perseguire il Presidente-Trump, amo i poveri ma non li voglio al governo»

a destra: Alan Dershowitz

La demonizzazione di Donald Trump è planetaria, non sarà facile combatterla, ma qualche segnale che il pregiudizio comincia a scricchiolare ci sono. Da parte democratica, dove Alan Dershowitz, forse l'avvocato più famoso negli Stati Uniti, che non ha votato per Trump, non perde occasione per riportare a galla le differenze tra corruzione e iniziative politiche. Queste ultime possono non essere condivise, ma non sono reati.
Interessante la cronaca di Paolo Mastrolilli, sulla STAMPA di oggi, 23/06/2017, a pag.17,  che ci fa conoscere un Trump che nel mondo della politica tradizionale non ha eguali, se non altro per il modo diretto che ha di esprimersi. La sua affermazione su ricchi e poveri e le loro qualità nel dirigere la nazione, sono paradossali soltanto sul momento. Riflettendoci, hanno una loro sensata validità. Se la politica - e i politici -  in Europa sono diventati impresentabili,  imparino a parlare come coloro che li ascoltano, chiaro e semplice, forse riconquisteranno la stima che hanno perduto.

La “ corruzione come movente” : un criterio per perseguire il Presidente
Analisi  di Alan Dershowitz

(Traduzione di Yehudit Weisz)

https://www.gatestoneinstitute.org/10556/corrupt-motive-as-the-criterion-for-prosecuting

 I miei colleghi, accademici e politici, che insistono sul fatto che il Presidente Trump abbia ostacolato la giustizia, puntano sul suo presunto “movente di corruzione”, ovvero quando licenziò l’ex direttore dell’FBI, James Comey, dopo avergli detto che “avrebbe sperato” che concludesse le sue indagini sul generale Michael Flynn. Ammettono, come ha fatto lo stesso Comey, che il Presidente abbia l’autorità di licenziare il direttore e di ordinargli di concludere (o iniziare) qualsiasi indagine, così come ha l’autorità di concedere la grazia a chiunque sia sotto inchiesta, ma sostengono che questi atti autorizzati dalla Costituzione, diventerebbero penali se il Presidente fosse “motivato da corruzione”.

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Donald Trump

 Questa è un’ argomentazione pericolosa su cui nessun cittadino liberale dovrebbe far pressione, neppure se la situazione fosse ribaltata. Se fosse stata eletta Hilary Clinton ed i repubblicani stessero indagando su di lei e chiedessero al Procuratore Generale di definire l’inchiesta come una “questione” invece di un “caso”, i miei colleghi starebbero dibattendo per contestare l’ampio ventaglio di leggi già esistenti nel codice penale, così come fecero quando i repubblicani chiedevano che venisse denunciata per spionaggio. Sarebbe successa la stessa cosa se Bill Clinton o l’ex procuratore generale, Loretta Lynch, fossero stati indagati per essersi incontrati quando la Lynch stava indagando sull’abuso di server pubblici da parte di Hillary per le e-mail private. “Movente di corruzione” è un termine straordinariamente ondivago, in balia dei capricci di magistrati zelanti o politicamente motivati. E’ già abbastanza grave se questo termine a fisarmonica viene utilizzato nel contesto di corruzione economica, ma sarebbe di gran lunga peggiore, e più pericoloso per la libertà, se venisse usato nel contesto di divergenze politiche. Nell’ ambito economico, in caso di corruzione, normalmente l’atto in sé non è protetto dalla Costituzione. Spesso è associato ad una transazione finanziaria giuridicamente incerta. Ma nei casi politici, in particolare in quelli dove il denaro non c’entra, l’atto in sé è costituzionalmente protetto, e la motivazione, che spesso implica cause diverse, è sottoposta a processo. Diventa l’unico criterio per far diventare un atto politico da autorizzato dalla Costituzione a reato. Quel che costituisce un movente di corruzione spesso dipende dalla faziosità politica dell’accusa. Per alcuni Democratici, le motivazioni di tutti i Repubblicani sono sospette. La stessa cosa vale per i Repubblicani. Il movente di corruzione dipende dagli occhi di chi osserva, e gli occhi di chi osserva spesso sono più aperti alle accuse di moventi di corruzione dalla parte dei loro nemici politici che da quella dei loro alleati. Lo so bene, perché spesso sono stato accusato per le mie argomentazioni che contrastano le accuse al Presidente Trump di ostacolo alla giustizia. Le e-mail che ricevo sono piene di queste accuse. Quella che segue ne è solo un tipico esempio: “Voglio sapere: quanto l’amministrazione Trump ti sta passando sotto banco, è ovvio, perché tu lo sostenga in via ufficiosa? E se non è con il denaro, con cosa ti paga? Favori, promesse, tangenti. ..con che cosa? Perché tutta questa segretezza quando indirettamente consigli il suo team legale attraverso tavole rotonde in rete via cavo? Penso che i tuoi giochetti, gli imbrogli e la difesa di questo uomo molto inquietante, diano una parvenza piratesca alla professione legale. Vergognati! Perché non esci allo scoperto e non difendi Trump apertamente, invece di farlo attraverso insinuazioni?” Altre e-mail che ho ricevuto: "PER FAVORE SII SINCERO. TU NON SEI UN LIBERALE MA PIUTTOSTO UN SIONISTA REPUBBLICANO, AUTORITARIO E BIGOTTO" e anche “VENDI LA TUA OPINIONE E I TUOI SERVIGI AL MAGGIOR OFFERENTE”. Le mie motivazioni sono state anche messe in dubbio da alcuni dei miei colleghi accademici e politici. Vengo pagato? Sto facendo un provino per diventare l’avvocato di Trump? Aspiro alla carica di giudice? Sono davvero segretamente un repubblicano? Ho davvero votato per Clinton? Mi aspetto favori in cambio delle mie argomentazioni? Il punto è che molti di coloro che sono in disaccordo con le mie argomentazioni, si rifiutano di credere che io le stia facendo in base alla legge. Presuppongono un movente disonesto. Lo stesso vale anche nel più ampio contesto politico. Ciascuna parte ritiene l'altra corrotta nel profondo. Vengono messe in discussione le rispettive motivazioni. Questo è la ragione per cui l’utilizzo del concetto di “movente di corruzione” per essere autorizzati a criminalizzare dal punto di vista costituzionale le azioni politiche, sarebbe una pericolosa lama a doppio taglio che potrebbe essere usata dai Procuratori per motivi politici contro entrambi, Democratici e Repubblicani. Prima di questo dibattito sul tenore delle accuse Presidente Trump, molti cittadini e politici liberali, avvocati della difesa, ma anche giudici, sono stati giustamente critici sull’uso estensivo del “movente di corruzione” sia nel contesto di casi commerciali che politici. Ma ora che vedono l'opportunità di utilizzare questo concetto sopravvalutandolo al fine di “eliminare” il Presidente Trump, molte di queste stesse persone sono diventate entusiaste sostenitrici della massima possibilità di uso della legge, in un miope tentativo di criminalizzare azioni protette dalla Costituzione, di un Presidente che a loro non piace. Il diritto anglo-americano si basa su un precedente. Quello che succede oggi potrebbe essere utilizzato domani. Perciò, attenzione a creare dei precedenti che circolano come armi cariche nelle mani di Procuratori motivati da eccesso di zelo o da ragioni politiche.

La Stampa-Paolo Mastrolilli: " Trump, amo i poveri ma non li voglio al governo"

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                                                                                Paolo Mastrolilli

"Amo tutte le persone, ricche o povere, ma in queste particolari posizioni non voglio un povero". Quando ha parlato così, durante il comizio di mercoledì sera in Iowa, il presidente Trump intendeva dire che i ricchi hanno avuto successo, quindi si presume siano capaci, e non hanno bisogno di soldi, mettendoli al riparo dalle tentazioni della corruzione. Queste parole però le ha pronunciate proprio il giorno prima della pubblicazione della nuova riforma sanitaria al Senato, che secondo i democratici penalizzerà i poveri a vantaggio dei ricchi. Quindi fanno discutere parecchio, anche oltre il giudizio morale che ognuno ha il diritto di dare sulla loro logica. «Qualcuno - ha detto Trump - mi chiede perché ho nominato un ricco a gestire l'economia. Quello, rispondo, è il modo di pensare che vogliamo». Cioè gente che è riuscita nella vita, e quindi forse sa come applicare le sue qualità anche alla guida del Paese. L'amministrazione attuale è quella con più miliardari e milionari di sempre, a partire dal presidente, il ministro del Commercio Ross, quella dell'Istruzione DeVos, dell'Economia Mnuchin, il consigliere Cohn. «Questa gente - ha spiegato il capo della Casa Bianca - è passata da compensi massicci alle noccioline». Ciò dovrebbe dimostrare il loro spirito di sacrifico, accrescendo le motivazioni per assumerli. Negli Usa, poi, essere ricco non è mai stato peccato, e l'ambizione del sogno americano semmai è imitare queste persone, sperando che gestiscano il governo proprio per mettere tutti in condizione di diventare come loro. È una logica naturalmente discutibile, ma il problema è che Trump l'ha sostenuta alla vigilia della pubblicazione della legge proposta dai senatori repubblicani per cancellare «Obamacare», che secondo il giudizio di Bernie Sanders «non ha nulla a che vedere con la sanità, perché è solo un enorme trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi». II nuovo testo in realtà non cancella la riforma, come faceva quello già votato alla Camera che lo stesso presidente aveva definito «cattivo», ma la cambia in maniera profonda. Cancella l'obbligo di sottoscrivere l'assicurazione, elimina i sussidi pubblici per farlo, blocca l'espansione del Medicaid, cioè la copertura offerta agli americani con un reddito non superiore al 133% della soglia di povertà. Così si risparmieranno circa 800 miliardi di dollari in dieci anni, che verranno usati per tagliare le tasse, ma oltre 20 milioni di persone perderanno l'assistenza sanitaria. Un favore ai ricchi che guidano l'amministrazione Trump, secondo i democratici. L'iniziativa è problematica anche fra i repubblicani, dove ci sono resistenze tanto nell'ala conservatrice, quanto in quella moderata. Quattro senatori, Paul, Cruz, Lee e Johnson, hanno già detto che non sono disposti a votare la riforma nella versione attuale perché è un «Obamacare light», cioè non cancella la legge precedente. Una dozzina di colleghi centristi sono invece preoccupati perché temono che il nuovo testo penalizzi troppo le classi bassa e media, tradendo proprio gli elettori che hanno consentito a Donald di vincere in stati come Pennsylvania, Ohio, Michigan, Wisconsin. I repubblicani nell'aula alta hanno una maggioranza di soli due voti, e quindi non possono perderne più di due per far appro- vare la riforma. Ora dunque inizia il negoziato. Trump sa che si trova davanti ad un bivio decisivo della sua presidenza, perché se non riesee a far passare questa legge prima delle ferie estive, rischia di mandare in stallo la sua intera agenda legislativa, inclusi i tagli alle tasse e gli stimoli per crescita e lavoro. Forse proprio per distrarre l'attenzione, ieri ha rivelato su Twitter che non ha registrato le sue conversazioni con l'ex capo dell'Fbi Comey sul «Russiagate». Il problema però è complesso. Se non rimpiazza «Obamacare», Donald manca una promessa centrale della sua campagna elettorale. Se lo fa danneggiando la componente più povera della classe media e bassa che lo ha votato, rischia di perdere l'appoggio della sua base, proprio mentre ne ha bisogno per difendersi dalle inchieste.

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