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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Lezione di morale internazionale 19/06/2017
Lezione di morale internazionale
Commento di Michelle Mazel

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Civili indifesi - vecchi, uomini, donne e bambini – si domandano quanto dureranno le riserve del loro Paese mentre un blocco terrestre inflessibile impedisce il passaggio di qualsiasi merce, incluso il cibo. Ovviamente si tratta del Qatar, che forse non è molto famoso, ma andiamo! Eppure le condanne internazionali si fanno attendere. Nel frattempo decine di camion provenienti da Israele portano ogni giorno nella Striscia di Gaza rifornimenti e prodotti di prima necessità. Il Qatar inoltre non è in guerra con il suo vicino saudita mentre Hamas non fa mistero della sua volontà di distruggere Israele. In Libano un imponente muro di cemento circonda poco per volta il vasto campo profughi di Ain al-Hilweh. L’iniziativa di questa costruzione è stata presa dalle autorità libanesi ma i media occidentali si guarderebbero bene dal qualificarlo un muro della vergogna e ancor meno, muro dell’apartheid. D’altronde per il Libano si tratta di un “muro di protezione” senza specificare chi siano i beneficiari di questa protezione: sono gli abitanti del campo oppure i libanesi che vivono nei dintorni? Anche là le lamentele internazionali si fanno attendere.

Il Libano che non è firmatario di convenzioni internazionali sullo statuto dei rifugiati, non ha mai fatto il minimo sforzo per integrare i profughi arrivati nel 1948 e non ha mai concesso la nazionalità libanese ai figli e ai nipoti di questi rifugiati che ancora oggi non hanno il diritto di acquistare terre e non possono accedere a diversi tipi di attività lavorative. Per fortuna beneficiano del sostegno dell’Ente di soccorso e del lavoro delle Nazioni Unite per i profughi della Palestina, più conosciuto sotto la sigla inglese di UNRWA. Nel 1949, quando fu creato, tale Ente si era posto l’obiettivo di soccorrere 700.000 palestinesi considerati rifugiati. Per una strana alchimia oggi esso si occupa di più di cinque milioni di persone distribuite in una sessantina di campi disseminati in numerosi Paesi, come se la condizione di rifugiato fosse ereditaria: resta un caso unico del suo genere e non ha alcun fondamento giuridico.

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Israele ha più volte accusato Hamas di servirsi a Gaza delle istituzioni dell’Ente – specialmente ospedali e scuole – per coprire le sue attività e assicurare una preziosa protezione ai militanti che vi si nascondono. Un'accusa ogni volta smentita. Questa volta è l’UNRWA che punta il dito su Hamas. Dei banali lavori di manutenzione sotto edifici scolastici, hanno evidenziato la presenza di uno di quei tunnel militari – costruiti da Hamas con il denaro destinato alla ricostruzione del Paese – diventati tristemente celebri negli ultimi anni. E le condanne internazionali? Si fanno attendere. A proposito, l’ONU non aveva destinato alcun Ente di soccorso per gli 800.000 profughi ebrei dei Paesi arabi. Quelli che son venuti in Israele oggi si sono perfettamente integrati e li troviamo in qualsiasi settore del Paese.

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Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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