Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 09/06/2017, a pag. 4, con il titolo "Perché l’anti totalitarismo si misura con la vicinanza a Israele" la lettera di Umberto Minopoli e la risposta di Claudio Cerasa.
Claudio Cerasa
Al direttore - Sacrosanto il suo rilievo su ciò che dimentichiamo dopo ogni attentato dell’Isis, compresa Teheran: la radice religiosa islamica del terrore. La spontanea solidarietà con le vittime iraniane e un pregiudizio pavloviano verso Trump e le sue mosse in medio oriente, non devono farci dimenticare che, purtroppo, l’Iran, oggi vittima, è però la causa prima dell’incendio e della guerra civile intra-islamica. E ciò, anche, per gli errori Usa pre-Trump: aver consentito il controllo sciita dell’Iraq; aver impaurito le monarchie sunnite con appeasement atomico verso Teheran; aver assistito impotenti all’asse dell’Iran con la Russia e la Siria; aver tollerato la minaccia incendiaria all’Arabia Saudita (e a Israele). Sarebbe cieco dimenticarsene nel momento della solidarietà anti Isis. Il regime khomeinista resta il fattore chiave della destabilizzazione in medio oriente. La solidarietà non diventi un colpo di spugna sul problema.
Umberto Minopoli
C’è un modo semplice per giudicare le radici fondamentaliste dell’islam. Da una parte c'è chi considera Israele un modello di civiltà da tutelare. Dall’altra parte c’è chi considera Israele un modello di civiltà da annientare. Ci si può girare attorno quanto si vuole ma alla fine è su questo punto che cade il bluff dell'islam moderato. E di solito chi ha difficoltà a difendere fino in fondo Israele ha difficoltà anche a riconoscere un regime democratico da uno totalitario.
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