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La Repubblica Rassegna Stampa
08.06.2017 Inghilterra al voto: chi spinge il fanatico Corbyn, amico dei terroristi?
Enrico Franceschini: disinformazione e amnesie

Testata: La Repubblica
Data: 08 giugno 2017
Pagina: 1
Autore: Enrico Franceschini
Titolo: «Elezioni Gb, vigilia segnata dal terrorismo. May: 'Pronta a stracciare le leggi sui diritti umani'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA Online di oggi, 08/06/2017, con il titolo "Elezioni Gb, vigilia segnata dal terrorismo. May: 'Pronta a stracciare le leggi sui diritti umani' ", il commento di Enrico Franceschini.

http://www.repubblica.it/esteri/2017/06/07/news/regno_unito_elezioni-167458994/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P8-S1.8-T1

Poco tempo fa il Sunday Times ha rivelato che Jeremy Corbyn, un anno dopo la sua elezione a capo del partito laburista, ha deposto una corona di fiori sulla tomba di uno dei terroristi palestinesi autori della strage degli atleti israeliani di Monaco '72. Nel 2014, inoltre, Corbyn ha partecipato alle commemorazioni, tenutesi in Tunisia, in ricordo dei terroristi morti durante un intervento israeliano contro la centrale operativa dell'Olp nel 1985. Tutto questo non stupisce, perché Corbyn non esita a farsi fotografare con esponenti di Hamas e Hezbollah, che definisce "amici". Un gesto condiviso con Massimo D'Alema.
Il suo partito, in Inghilterra, è su posizioni sempre più estreme e i casi di autentico antisemitismo di suoi leader sono decine, come testimoniano gli articoli di Manfred Gerstenfeld pubblicati su IC. E' Corbyn, oggi, uno dei grandi pericoli per Israele, per gli ebrei europei e per la democrazia britannica. IC ne ha scritto più volte: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=66480

L'articolo di Franceschini spinge esplicitamente Corbyn, sottacendo i suoi legami con i terroristi e auspicando di fatto la vittoria elettorale di un personaggio impresentabile.

Ecco l'articolo:

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Enrico Franceschini

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Jeremy Corbyn durante una manifestazione di odio contro Israele

E' cominciata all'insegna della Brexit, finisce in preda alle polemiche sul terrorismo. Di certo la campagna elettorale che si conclude oggi non è andata come quasi tutti prevedevano. In meno di due mesi è cambiato il tema centrale, sono cambiati i sondaggi (da 20 a 1 solo punto di distacco fra Tories e Labour) e sono arrivati due attentati terroristici, prima a Manchester, poi a Londra, che hanno fatto passare in secondo piano il problema di come uscire dall'Unione Europea e riportato in primo piano la sicurezza nazionale. Per quanto anche questa sia collegata alla Ue: uscendone, la Gran Bretagna rischia di perdere la cooperazione con polizia e servizi segreti del continente per la lotta a criminalità e terrore.

Il Regno Unito va alle urne domani [oggi, NdR], dalle 7 del mattino alle 22 (i primi exit poll saranno annunciati dalla Bbc subito dopo, alle 23 italiane), con nelle orecchie le ultime stoccate della sfida. "Jeremy Corbyn è stato per 30 anni amico dei terroristi di mezzo mondo", afferma il ministro degli Esteri Boris Johnson, facendo il lavoro sporco per conto di Theresa May, ovvero alzando gli attacchi al livello degli insulti e delle "fake news", materia che peraltro aveva già sperimentato con successo nella campagna per il referendum sulla Brexit. E la premier preannuncia leggi speciali contro il terrorismo: "Se servono a fermarlo, straccerò anche le leggi che proteggono i diritti umani", sono le sue ultime parole prima del voto. Il leader laburista, naturalmente, non è amico degli attentatori del London Bridge o dell'Isis che ne rivendica le azioni: Johnson si riferisce ai contatti che Corbyn ha avuto nel corso della sua lunga carriera con militanti nord-irlandesi dell'Ira o con rappresentanti palestinesi di Hamas in Medio Oriente, sempre per sospingere un negoziato di pace, non certo per invitarli a mettere bombe. E infatti il capo del Labour nemmeno risponde, preferendo concentrarsi sulle critiche che ha mosso a Theresa May per i tagli di 20 mila agenti di polizia quando era ministro degli Interni, cioè fino all'estate scorsa. "Se May fosse ancora ministro degli Interni, dopo quello che è accaduto (cioè dopo i due attentati in due mesi) sarebbero in molti a chiedere le sue dimissioni", dice Corbyn, aggiungendo che gli elettori avranno domani l'opportunità di decidere se la premier debba o meno mantenere il posto.

Prima che la sicurezza diventasse la questione dominante della campagna elettorale, naturalmente si è discusso d'altro. La premier conservatrice sostiene di essere l'unica in grado di condurre un duro negoziato con Bruxelles sulla Brexit: una "hard Brexit", in cui Londra non cederebbe quasi niente e otterrebbe (non si sa come) molto. "Soltanto noi conservatori possiamo offrire una leadership forte e stabile", ha ammonito la premier, "l'alternativa è una coalizione del caos guidata da Corbyn". In campagna elettorale, per la verità, lei stessa non è sembrata molto forte e stabile: rivelandosi pessima nel contatto con la gente, incapace di parlare a braccio con naturalezza, a disagio nel porta a porta. Caotica o meno, l'alternativa di una coalizione guidata da Corbyn è diventata un'ipotesi possibile: secondo un sondaggio di YouGov dei giorni scorsi, i conservatori potrebbero ottenere la maggioranza relativa ma non assoluta, perdendo seggi rispetto alla maggioranza di 15 deputati che hanno attualmente; e i laburisti avrebbero teoricamente la possibilità di formare un governo insieme a liberal-democratici e verdi, sostenuto dall'esterno dalla cinquantina di parlamentari dello Scottish National Party, il partito indipentista scozzese. La cui leader, Nicola Sturgeon, ha dichiarato: "Sarei felice di mettere Corbyn a Downing Street". Bisogna ricordare che i sondaggi spesso sbagliano, specie da queste parti; e che alcuni rilevamenti hanno continuato a dare da 5 a 8 punti percentuali di vantaggio ai Tories, che dunque potrebbero vincere e allargare la propria maggioranza, come sperava Theresa May quando ha convocato le elezioni anticipate. Ma sembra improbabile che stravinca, che conquisti una maggioranza di 100 o più seggi, come prevedevano sondaggi e commentatori un mese e mezzo fa, che insomma distrugga l'opposizione.

Non è escluso che May ottenga una mezza vittoria, Corbyn una sconfitta onorevole, e che tutto rimanga com'è. Ma sono verosimili anche altri scenari: dalla terza clamorosa sorpresa politica dell'ultimo anno, dopo la Brexit e Trump; a una sconfitta abbastanza pesante per il Labour, tale da provocare l'avvento di un nuovo leader diverso da Corbyn o una scissione e la nascita di un nuovo partito, se Corbyn cercasse di rimanere al suo posto. L'unica apparente certezza è che l'Ukip, il partito populista antieuropeo, che vinse le elezioni europee del 2014, provocò il referendum sulla Brexit e ha contribuito a vincerlo, scomparirà o quasi, scendendo dal 13 al 4 per cento o meno, perdendo anche il solo deputato che ha attualmente al parlamento di Westminster. La ragione è che ha ottenuto ormai il suo scopo e che Theresa May, predicando una "hard Brexit", fa ormai una politica che va bene anche ai sostenitori dell'Ukip. Sarebbe una degna morale della contesa, se queste elezioni britanniche, cominciate parlando di Brexit, provocassero la fine del partito che più di tutti l'ha voluta.

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