Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/06/2017, a pag. 43, con il titolo "L'isolamento del Qatar e l'offensiva a Teheran", il commento di Roberto Toscano.
Continua imperterrita la difesa dell'islam del super filo-iraniano ex ambasciatore a Teheran Roberto Toscano. Le sue parole non affrontano i reali problemi del mondo di oggi, a partire dall'offensiva islamista contro il sistema delle libertà occidentali e, in particolare, dal sostegno offerto dall'Iran al terrorismo internazionale.
Del regime degli ayatollah vengono omessi i crimini e le palesi responsabilità nella destabilizzazione del Medio Oriente. Molto simili all'articolo di Toscano sono i pezzi di Alberto Negri e Ugo Tramballi pubblicati sul SOLE24ORE di oggi, che non riprendiamo.
Ecco l'articolo:
Roberto Toscano
IL Medio Oriente non smette mai di sorprenderci per la sua capacità di produrre (certo, con il determinante aiuto di soggetti esterni) sempre nuovi conflitti, sempre nuove crisi. Questa volta si tratta della rottura dei rapporti con il Qatar da parte di quattro paesi arabi (Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain) — una decisione che, a differenza di quanto è avvenuto in occasione di precedenti crisi intra-arabe, non si limita alla sola dimensione formale, diplomatica, ma comporta un immediato blocco dei confini, dei rapporti economici, delle comunicazioni. Come si è arrivati a questo punto? Le motivazioni addotte dai sauditi — i promotori della decisione, cui si sono accodati, oltre ai tre paesi, anche i loro alleati impegnati nella guerra civile yemenita e il sedicente governo del generale libico Haftar — sono altrettanto categoriche quanto problematiche dal punto di vista della credibilità. Secondo queste accuse, il Qatar sarebbe colpevole di «appoggiare vari gruppi terroristi e settari che mirano a destabilizzare la regione», e concretamente Hezbollah, Isis, Fratelli Musulmani, oltre a dare sostegno ad «attività terroriste di gruppi legati all’Iran».
Sarebbe difficile negare che il Qatar abbia giocato pesante, soprattutto utilizzando le sue elevatissime disponibilità finanziarie, nell’intricata e violenta partita medio-orientale, ma lo ha fatto in buona compagnia, soprattutto quella dei sauditi. In una mail dell’agosto 2014, diffusa da anonimi hacker, l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton scriveva: «Dobbiamo usare i nostri strumenti diplomatici e di intelligence per fare pressione sui governi di Qatar e Arabia Saudita che stanno fornendo clandestinamente aiuti finanziari e logistici all’Isis e ad altri gruppi sunniti radicali nella regione». Inoltre, è vero che in Medio Oriente, dove spesso i nemici dei nemici sono improbabili amici, si formano alleanze sorprendenti, ma chi può credere che il Qatar appoggi contemporaneamente Hezbollah e Isis, impegnati in una lotta a morte tra la Siria e l’Iraq? Lasciando da parte assurdità e contraddizioni, vale invece la pena di interpretare le autentiche ragioni che stanno dietro la sorprendente decisione saudita.
La prima di tutte è il rilancio di un’offensiva a tutto campo contro l’Iran, priorità assoluta per i sauditi, oggi incoraggiati dall’appoggio di Donald Trump. Sarebbe esagerato sostenere che il Qatar si sia convertito in un alleato di Teheran, ma è vero che l’emiro Al Thani ha dato segnali non equivoci della propria riluttanza a puntare sullo scontro e la rottura con l’Iran, un paese con cui il Qatar condivide interessi concreti, primo tra tutti lo sfruttamento condiviso di enormi giacimenti di gas nel Golfo. A Riad le congratulazioni che a fine dello scorso mese Al Thani ha fatto a Rouhani per la sua rielezione alla presidenza sono state considerate un’inammissibile provocazione.
L’accusa che invece ha una solida base nei fatti si riferisce all’aperto appoggio del Qatar ad Hamas e ai Fratelli Musulmani, di cui Hamas è la versione palestinese. Oltre a Trump e al re saudita, a sostenere la sfera luminosa simbolo dell’unità di intenti (singolare immagine degna di un film del genere fantasy) vi era un terzo uomo, il presidente egiziano Al Sisi. I sauditi, che oggi forse più degli americani stanno sostenendo l’Egitto e la sua disastrata economia, hanno deciso evidentemente di fare un prezioso regalo al generale/ presidente, che teme che i Fratelli Musulmani, anche se oggi sconfitti, possano minacciare il suo potere. Nella foto mancava un quarto personaggio, la cui alleanza con i sauditi non è visibile ma è oggi politicamente indiscutibile: Netanyahu. Anche a lui il tentativo di contrastare le fonti di sostegno ad Hamas non può che essere risultato molto gradito.
Un’altra ragione autentica è la profonda avversione, tradottasi ripetutamente in azioni di boicottaggio e nell’arresto di giornalisti, nei confronti della televisione Al Jazeera, che trasmette dal Qatar e solo grazie al Qatar può sussistere. Di alto livello professionale ( Al Jazeera è riuscita a strappare fior di giornalisti persino alla Bbc), la rete, con milioni di ascoltatori in tutto il mondo arabo, viene criticata in Occidente per certi silenzi e ambiguità, ma è certo che i regimi arabi considerano irritanti e potenzialmente sovversive le sue inchieste e le sue critiche. E ora? Sembra difficile che la dinamica della crisi possa essere fermata, ma d’altra parte risulta molto difficile prevederne gli sbocchi. Certamente i sauditi si sono sentiti autorizzati a inasprire lo scontro con il Qatar dalla calorosa visita di Trump, ma vi è da dubitare che gli americani siano entusiasti di fronte ad una frattura così radicale all’interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo e alla crisi con un paese che ospita la principale base americana in Medio Oriente, Al Udeid. Infine, non dovremmo dimenticare che il Qatar è un protagonista non secondario sulla scena finanziaria internazionale, con grandi investimenti in numerosi paesi (anche l’Italia, incidentalmente). Cosa comporterebbe escluderlo e isolarlo? L’avallo americano all’oltranzismo saudita potrebbe risultare politicamente ed economicamente molto costoso.
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