Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/06/2017, a pag. 34, con il titolo "Il segreto di Israele e l’atomica nella Guerra dei Sei giorni", il commento di Alberto Flores D'Arcais.
Alberto Flores D'Arcais riprende un pezzo pubblicato sul New York Times in cui si cita la dichiarazione di un pensionato del Mossad israeliano, di alcuni anni fa, a proposito della possibile idea, da parte di Israele, di usare la bomba atomica nel 1967 a scopo dimostrativo nel deserto del Sinai, controllato dall'Egitto. E' una notizia di cui è difficile scandagliare la veridicità, di certo però se non avesse riguardato Israele a nessun media sarebbe interessata.
Questa volta Flores ha citato una bufala, oltre a tutto vecchia di parecchi anni fa.
Sul Fatto Quotidiano di oggi, invece, viene pubblicato un articolo di Marco Travaglio che non riprendiamo. Scrive Travaglio: “Alla lunga, l’occupazione di Cisgiordania e Gaza, da storica vittoria militare, si tramuterà nella peggiore sconfitta storica. Il sogno della Grande Israele biblica attizzerà gli appetiti religiosi e coloniali del gruppi ebraici più estremi, stravolgendo uno Stato finora laico e socialista. L’ennesima disfatta militare convincerà i palestinesi (e non solo loro) che non resti altra soluzione che il terrorismo: tantopiù che si ritroveranno contro non soltanto Israele, ma anche i finti alleati arabi, dalla Giordania al Libano all’Egitto, autori dei peggiori massacri di palestinesi della storia”. Un pezzo di demonizzazione dello Stato ebraico, non a caso pubblicata sulla testata vicina al Movimento 5 Stelle. "Ai palestinesi non resterà altra soluzione che il terrorismo" significa giustificare la violenza, da parte araba palestinese, contro i civili israeliani. Ma anche questo, sul Fatto Quotidiano non può stupire.
Marco Travaglio
Ecco l'articolo di Alberto Flores D'Arcais:
Alberto Flores D'Arcais
Una fase della Guerra dei sei giorni nel Sinai
Israele pensava di usare la bomba atomica durante la guerra dei Sei giorni, nel giugno del 1967. Sarebbe stata gettata sulla penisola del Sinai come monito all’Egitto e alle altre forze arabe nemiche dello Stato ebraico. La rivelazione arriva adesso, a cinquanta anni di distanza da quegli eventi, in un articolo pubblicato sul New York Times.
Ma non è la prima volta che si sostiene un argomento del genere. Il piano è stato svelato al quotidiano americano dallo studioso Avner Cohen, che ha condotto approfondite ricerche sull’argomento, intervistando militari in pensione. Come Itzhak Yaakov, morto nel 2013 all’età di 87 anni, che, tra il 1999 e il 2000, lasciò impresse su nastro le sue confessioni e i dettagli sull’operazione segreta, chiamata in codice “Sansone”, dal nome dell’eroe biblico dalla forza immensa. Il piano prevedeva che la bomba sarebbe stata sganciata sulla cima di una montagna del Sinai a 12 miglia dalla base militare di Abu Ageila, in un punto cruciale dove, il 5 giugno 1967, Ariel Sharon comandò le truppe israeliane in una battaglia contro quelle egiziane. «Come puoi fermare un nemico? Spaventandolo », spiegò Yaakov a Cohen. E aggiunse: «Ci arrivammo davvero molto vicini». Se l’“opzione Sansone”, come, secondo Yaakov, era definita in gergo militare, fosse stata utilizzata, avrebbe provocato la prima esplosione nucleare usata per fini bellici dopo gli attacchi americani a Hiroshima e Nagasaki, ventidue anni prima. Ma il piano non andò mai in porto perché la vittoria rapidissima di Israele e la distruzione dell’intera aviazione militare dell’Egitto di Nasser resero tutto inutile. «È l’ultimo segreto della guerra del 1967», ha detto Cohen al New York Times.
Israele non ha mai confermato né smentito di essere in possesso di ordigni nucleari. Un portavoce dell’ambasciata israeliana a Washington ha detto che il governo israeliano non ha voluto commentare il ruolo di Yaakov. Fatto sta che, nel 2001, lo stesso Yaakov fu arrestato con l’accusa di avere rivelato informazioni a un giornalista israeliano con l’intento di danneggiare la sicurezza dello Stato. Fu prosciolto dall’accusa principale, ma per il resto della sua vita continuò con amici e militari in pensione a sostenere la sua tesi. Lo studioso Cohen sostiene di voler far venire finalmente a galla la verità, lanciando sul sito del Nuclear Proliferation International History Project del Woodrow Wilson International Center for Scholars di Washington una serie di materiali e di documenti per aggiungere un nuovo capitolo alla storia della guerra dei Sei giorni.
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